
Del Turco: «Condannato senza prove, perché tra accusa e giudizio non c’è più differenza»
«Cosa posso dire? È talmente assurdo»: così si apre l’intervista del Corriere della sera all’ex governatore della regione Abruzzo Ottaviano Del Turco, dopo la sentenza di ieri del tribunale di Pescara, che in primo grado lo ha condannato a 9 anni e 6 mesi. «Sono passato dall’accusa di concussione a quella di corruzione – spiega ancora Del Turco –. Ovvero: secondo questa accusa Angelini mi avrebbe dato dei soldi, cioè mi avrebbe corrotto, perché lo trattassi male». È solo uno degli assurdi di una vicenda giudiziaria segnata da parecchi buchi nella ricostruzione delle accuse: «Vincenzo Angelini si è lamentato che io abbia mandato i controlli nella sua clinica, Villa Pini, dove si lucrava sui fondi pubblici. Dove, per questo motivo, si faceva risultare che un letto veniva usato dieci volte. Contro questi sprechi in Abruzzo ho fatto leggi e preso provvedimenti nella sanità, che nessuno aveva avuto il coraggio di prendere. Angelini sostiene che con tutti questi provvedimenti l’avrei rovinato. Ah sì? E allora che motivo c’era di continuare a corrompermi?».
DOV’È LA PROVA DEL REATO? È lo stesso Del Turco nell’intervista a rilevare il primo e profondo gap delle accuse che hanno portato alla sua condanna: «Non hanno prove. Non hanno trovato un centesimo di queste tangenti – 6 milioni di euro per l’accusa, ndr. –. Lo ha testimoniato in aula un colonnello della Guardia di Finanza, il colonnello Favia. Ha detto in aula che hanno rigirato tutti i miei conti e fatto anche rogatorie. E di questi milioni di tangenti non è stato trovato nulla. E Favia ha spiegato che tutti i soldi transitati sui miei conti erano soldi tracciati e tracciabili. Bonifici, assegni, versamenti regolari. Come avrei fatto a nascondere tutti i soldi che Angelini dice di avermi dato, vista la frequenza con cui dice di avermeli portati? Secondo Angelini c’è stato un periodo in cui veniva a casa mia un giorno sì, e l’altro anche, con 250 mila euro, con 750 mila euro. Non è facile nascondere i soldi in giardino o portarli in Svizzera».
«LA VENDETTA DI ANGELINI». Del Turco poi spiega al quotidiano il perché l’imprenditore Angelini nel 2008 (che pure nei primi interrogatori ai pm di Pescara non aveva fatto cenno a tangenti), due giorni prima di ricevere un avviso di garanzia per sé, abbia accusato l’ex governatore: «Angelini ad un certo punto si era accorto che era fallito e che era fallito anche il suo tentativo di vendere la sua clinica Villa Pini a Carlo De Benedetti. E ha voluto vendicarsi». Del Turco conclude l’intervista raccontando un fatto anomalo, «la notizia del mio arresto fu data dieci giorni prima che avvenisse al Rotary di Pescara», e annunciando che ricorrerà in appello: «Sperando che serva per capire quanto è importante fare una riforma della giustizia, cominciando con il separare le carriere. Il giudice che mi ha condannato era pm fino a tre anni fa. E mi ha inflitto la stessa pena che venne inflitta a Tortora».
IL DITO E LA LUNA. Un altro articolo del Corriere della sera, parlando dei buchi nell’inchiesta su Del Turco, si sofferma sullo scontro di perizie, relativo alle fotografie ritenute dall’accusa la “prova regina” (a destra) e sulle quali “c’è stato uno scontro di perizie, forse il più duro che si è verificato durante questo processo pescarese. Ma alla fine di tutto, tra il dito e la luna rimane la domanda: che cosa si vede in quella foto? Nulla certo che possa documentare il passaggio di soldi contanti”.
«HO UN TUMORE». Anche Repubblica pubblica una lunga intervista nella quale Del Turco riprende le medesime argomentazioni. Spiega più dettagliatamente il motivo della vendetta che secondo lui Angelini ha messo in atto: «Angelini doveva girare sul presidente della regione Abruzzo i suoi guai. Le aziende gli stavano fallendo, nessuno voleva comprarle, soldi pubblici non ce n’erano più. Doveva costruire un castello di fango per spostare su di me il peso dell’inchiesta. C’è riuscito. Nel suo primo interrogatorio, sa, disse: Del Turco non ha mai preso un euro. Il pm lo minacciò: “Rifletta su quello che sta dicendo”. E lui, istruito dal suo avvocato, dall’interrogatorio successivo ha iniziato a spargere menzogne fantasiose». Ma Del Turco non vuole mollare, e rivela al quotidiano un particolare privato, e inedito: «Da tre mesi so di avere un tumore, da due sono in chemioterapia. Domani andrò a Roma a chiedere al professor Mandelli di darmi cinque anni di vita. Cinque anni per dimostrare la mia innocenza».
«COME TORTORA». Al giornalista che gli replica che le perizie della difesa non sono bastate a convincere i giudici, Del Turco replica: «Mi hanno condannato senza una prova, applicando in maniera feroce il teorema Angelini. Oggi in Italia molti presidenti di corte sono ex pm che si portano dietro la cultura accusatoria. Il risultato, spaventoso, sono nove anni e sei mesi sulle parole di un bandito. Ho preso la stessa condanna di Tortora, e questo mi dà sgomento».
«NEL PROCESSO LA PROVA NON VALE PIU’». A La Stampa Del Turco spiega che «Se hanno cercato le prove per 4 anni e non le hanno trovate, il problema, forse, è l’intreccio tra le carriere dei magistrati inquirenti con quelle della magistratura giudicante. Ha vinto la sola logica inquisitoria, come se tra accusa e giudizio non vi fosse alcuna differenza. Sarà pure un fatto culturale, ma questo intreccio merita una riforma profonda della giustizia. Quando in requisitoria i pm hanno chiesto la mia condanna a 12 anni, lì ho avuto paura, perché ho capito che le prove nei processi penali sono secondarie, l’importante è mandare i messaggi giusti. Mi hanno condannato semplicemente sulla parola di una persona. È questa la cosa che mi umilia di più: la parola di Angelini vale più della mia. Perché altro non c’è: prove zero».
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2 commenti
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E i politici cattolici (al governo ci sono quasi solo ex DC) cosa cavolo fanno?
Buona notte!
Auguro al presidente Del Turco di guarire e poter dimostrare la sua innocenza.