Dazio c’è, dazio non c’è. Così Trump obbliga tutti a trattare

Di Leone Grotti
05 Febbraio 2025
Messico e Canada si accordano con gli Stati Uniti, El Salvador e Panama cedono alle pressioni di Washington. La Cina risponde alle tariffe del tycoon, ma senza aggressività. Ora tocca all’Unione Europea: «Per noi Trump è molto meglio di Biden»
Il presidente Usa Donald Trump
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump (foto Ansa)

Parola d’ordine: trattare. Se serviva una conferma del fatto che Donald Trump è l’homo politicus per eccellenza, la guerra commerciale agitata dal presidente americano l’ha fornita. I dazi annunciati con rullare di tamburi e sgomento internazionale, e poi sospesi con reciproca soddisfazione delle parti, sono la dimostrazione che l’agire politico di Trump è ruvido e poco convenzionale, certo, ma tutt’altro che irrazionale.

Il metodo Trump

Sabato il tycoon aveva annunciato l’introduzione di dazi al 25% sulle importazioni da Messico e Canada e al 10% su quelle dalla Cina con l’obiettivo di punire questi paesi per il loro coinvolgimento nell’afflusso di immigrati illegali e fentanyl negli Stati Uniti.

Dopo aver fatto la voce grossa per non sfigurare davanti alle rispettive basi politiche, la presidente messicana Claudia Sheinbaum e il premier canadese dimissionario Justin Trudeau si sono subito seduti al tavolo delle trattative.

Città del Messico ha promesso di schierare diecimila soldati al confine per bloccare droga e migranti, Ottawa ha giurato che implementerà un piano al confine da 1,3 miliardi per raggiungere gli stessi obiettivi. Così, Trump ha sospeso per un mese le sanzioni in vista di nuovi negoziati esultando sui social e mandando in solluchero i suoi elettori.

La guerra commerciale con la Cina

I dazi alla Cina invece sono stati confermati e Pechino ha risposto annunciando l’imposizione di tariffe al 15% sulle importazioni di carbone e gas naturale liquido dagli Usa, oltre a dazi del 10% sulle importazioni di petrolio greggio, macchinari agricoli, veicoli a grande cilindrata e pick-up. Infine, il governo ha ordinato all’antitrust di indagare su Google per violazione delle leggi contro il monopolio.

La contesa tra Cina e Usa è più seria, dunque, ed entrambi i paesi «soffriranno le conseguenze economiche» dello scontro. Anche se alcuni esperti intervistati dal Financial Times sostengono che, come Trump ha introdotto dazi inferiori alle aspettative e agli annunci, così anche i cinesi hanno adottato una risposta «che non intensifica» il conflitto.

Nei prossimi giorni, è stato annunciato, Trump e Xi parleranno al telefono e cercheranno di appianare le divergenze. Secondo alcuni analisti cinesi, i dazi di Trump servirebbero anche a convincere il presidente cinese ad aiutare gli Stati Uniti a porre fine alla guerra in Ucraina, facendo pressione su Vladimir Putin.

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Tajani: «Collaboriamo con Trump»

Sabato Trump ha minacciato anche l’Unione europea, assicurando che il momento di Bruxelles «arriverà». Come dichiarato al Corriere dal ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani,

«una guerra non serve a nessuno. Nessun’altra economia al mondo è integrata come quella Usa-Ue. Le aziende europee negli Usa impiegano 3,5 milioni di americani. E un altro milione di posti di lavoro americani dipende direttamente dal commercio con l’Europa. Il volume degli scambi Usa-Ue è di 1,5 trilioni di euro, che rappresentano il 30% del commercio globale. C’è molto in gioco per entrambe le parti».

Trump, prosegue il vicepremier, «sta dando i primi segnali di volontà di negoziare: guardate al confronto con il Messico». E il governo italiano vuole convincere l’Europa che «bisogna collaborare, venirsi incontro».

Il segretario di Stato americano Marco Rubio, a destra, con il ministro degli Esteri panamense Javier Martinez-Acha
Il segretario di Stato americano Marco Rubio (a destra) con il ministro degli Esteri panamense Javier Martinez-Acha (foto Ansa)

Panama cede alle richieste Usa

Il metodo di negoziazione poco ortodosso di Trump sta dando i suoi frutti anche con alcuni paesi dell’America Latina. Il presidente di El Salvador, Nayib Bukele, durante la visita del segretario di Stato americano Marco Rubio si è offerto ad esempio di “ospitare” nelle proprie famigerate megaprigioni criminali «di qualsiasi nazionalità» in cambio di una contropartita economica. In questo modo, ha detto Bukele, «potremmo finanziare interamente il nostro sistema carcerario».

Il presidente di Panama, José Raúl Mulino, fortemente criticato da Trump per «l’eccessiva influenza» esercitata della Cina sul suo paese, ha invece annunciato che uscirà dalla Nuova via della seta di Xi Jinping, rafforzando i rapporti con Washington.

«Trump è meglio di Biden per l’Ue»

Sono i primi successi del metodo ruvido di Trump che, alla fine, potrebbe anche fare il gioco dell’Europa. «È chiaro dall’inizio che Trump voglia usare i dazi come strumento per negoziare», ha dichiarato a Repubblica l’economista Daniel Gros, direttore all’Università Bocconi dell’Institute for European Policymaking.

«E allora negoziamo: compriamo più armi e più energia». Anche perché le tariffe americane contro la Cina «sarebbero un piccolo vantaggio per noi: avremmo più importazioni cinesi e meno concorrenza sul mercato Usa. A Trump non interessa quello che facciamo. Da questo punto di vista è molto meglio di Biden, che voleva seguissimo le mosse degli Stati Uniti».

@LeoneGrotti

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