Cristiana, atea, relativista o sovranista? L’identità dell’Europa spiegata con Guardini e Del Noce
Romano Guardini e Augusto Del Noce, grandi pensatori vissuti prima della fine del comunismo e della riunificazione dell’Europa sotto l’egida del liberalismo e dell’economia di mercato, possono aiutarci a capire l’odierna impasse del processo di integrazione europea che assomiglia tanto a un suicidio della civiltà europea? Sì, secondo Tempi e l’associazione culturale Esserci, che hanno proposto una serata dal titolo “L’Europa da fare. Il pensiero di Guardini e Del Noce”, affidata alle relazioni di un filosofo che ha dedicato una buona parte della sua vita alla politica, Rocco Buttiglione, e al presidente di Esserci, Egisto Mercati.
QUELLA RIUNIONE NEL 1923
A Mercati l’onore del primo intervento, che ha messo a fuoco la personalità di Romano Guardini, sacerdote e pensatore figlio di genitori italiani ma cresciuto in Germania, paese con la cui temperie culturale e intellettuale si è profondamente identificato. All’Europa Guardini dedicherà nel corso della sua vita numerosi saggi, ma va detto che tutto comincia nel 1923, quando a un’importante riunione del movimento giovanile cattolico tedesco è chiamato a sostituire un relatore improvvisamente deceduto, e nel rovente clima post-bellico, dopo aver riaffermato la sua lealtà alla Germania nelle cui file aveva militato durante la Prima Guerra mondiale, osa dichiarare di sentirsi europeo, un’affermazione provocatoria a quei tempi.
UN CONTINENTE ANTROPOLOGICO
Dice Guardini: «Vi sono però persone che hanno un senso dei legami che superano quelli di un solo popolo. Non è lecito scambiare con questo piano spirituale l’internazionalismo socialista. Noi vediamo l’Europa vivente, che è emersa, vive ed esercita il suo influsso in un certo numero di persone». L’Europa non è un continente geografico (semmai è una propaggine del continente asiatico), ma è continente in senso antropologico, è il luogo dove storie e culture sono impastate del cristianesimo, che fa sintesi delle diversità nazionali. L’identità europea non è un’aspirazione, ma un fatto, e Guardini introduce il concetto già nel 1923: « Chi è nello spirito della Jugendbewegung (il movimento giovanile cattolico, ndr)? È colui che interiormente è lacerato, è inquietato da questi problemi, che diventano per lui destino. Suo compito è quello di vedere il fatto (Faktum) Europa».
IL DESTINO DEI SINGOLI E DEI POPOLI
L’inquietudine dei giovani è ciò che può salvare dal nichilismo e dal nazismo, cioè dal culto del suolo e del sangue. E i giovani affolleranno numerosi i suoi corsi di “Weltanschauung cattolica” all’Università di Berlino: alcuni di essi daranno vita alla Rosa Bianca, eroica e tragica esperienza di resistenza al nazismo. Scrive negli anni bui del nazismo: «L’Europa, ciò che è, lo è attraverso Cristo – una verità, che Novalis ha proclamato nel 1799 nel Frammento, sostenuto da forza profetica, La cristianità o l’Europa. (…) Se l’Europa si staccasse totalmente da Cristo – allora, e nella misura in cui questo avvenisse, cesserebbe di essere». E ancora: «Se l’Europa deve esistere ancora in avvenire, se il mondo deve ancora aver bisogno dell’Europa, essa dovrà rimanere quella entità storica determinata dalla figura di Cristo, anzi, deve diventare, con una nuova serietà, ciò che essa è secondo la propria essenza. Se abbandona questo nucleo — ciò che ancora di essa rimane, non ha molto più da significare». Per Guardini l’Europa è il destino dei singoli e dei popoli, e la sua missione è il disciplinamento della potenza.
IL RINNEGAMENTO DEI PADRI FONDATORI
L’impostazione di Guardini sarà fatta propria dai padri fondatori della Cee che poi è diventata Unione Europea: De Gasperi, Adenauer e Schuman. In particolare Adenauer invoca le radici cristiane dell’Europa non per imporre un confessionalismo agli europei, ma perché senza memoria dell’origine non ci può essere pace, civiltà, tolleranza, eccetera. Poi comincia il declino di questa visione, che tocca il suo culmine nel rifiuto di menzionare nel testo che sarebbe dovuto diventare la Costituzione dell’Unione Europea le radici giudaico-cristiane dell’Europa, plasticamente esemplificato nel rifiuto di Valery Giscard D’Estaing, l’ex presidente francese incaricato di presiedere i lavori della Convenzione europea incaricata di elaborare il testo della Costituzione, di accettare dalle mani di un intermediario una lettera di san Giovanni Paolo II che chiedeva di citare le radici cristiane dell’Europa.
I FONDAMENTI MANCANTI
«Questa volontà accanita di negare se non altro la storia si spiega con la volontà accanita di riaffermare che la fede non deve avere nulla a che fare con la realtà politica, la fede non deve disturbare», spiega Mercati. «La fede deve restare un fatto privato e sentimentale». Che poi ricorda le parole del card. Ratzinger a Norcia pochi giorni prima di diventare Benedetto XVI: «L’affermazione che la menzione delle radici cristiane dell’Europa ferisce i sentimenti dei molti non-cristiani che ci sono in Europa, è poco convincente, visto che si tratta prima di tutto di un fatto storico che nessuno può seriamente negare. (…). Chi verrebbe offeso? L’identità di chi viene minacciata?». Un ateo metodico come Jürgen Habermas si trovò d’accordo che la fede religiosa poteva offrire quei presupposti alla fondazione dei valori (persona, diritto, eccetera) che lo Stato liberale secolarizzato non poteva offrire.
L’UNICA SPERANZA
«La decadenza dell’Europa si coglie bene nel fenomeno della mancata generatività», ha concluso Mercati. «Ormai il tasso di fecondità è sprofondato a quasi 1,1 figli per donna. Nel 2045 la maggioranza degli abitanti europei sarà figlia di persone che non sono nate in Europa. Cosa può invertire la tendenza? Solo ciò di cui Ratzinger parla nel libro Senza radici scritto insieme a Marcello Pera: le minoranze creative. Dice Ratzinger: “I cristiani credenti dovrebbero concepire se stessi come una tale minoranza creativa e contribuire a che l’Europa riacquisti il meglio della sua eredità e sia così a servizio dell’intera umanità”».
IL RIMPROVERO DI HITLER
Rocco Buttiglione ha sorpreso tutti esordendo con la citazione di alcune pagine del Mein Kampf di Adolf Hitler! Quelle in cui il Führer biasima l’Impero asburgico per avere, a suo parere, castrato l’identità tedesca. Che lui pensa come un’identità per se stessa, in opposizione a quelle altrui, mentre l’Impero asburgico aveva preteso di creare uno Stato multietnico. Effettivamente l’Impero asburgico nella sua propaganda si è sempre presentato come uno Stato al servizio delle nazioni, come il luogo del matrimonio fra i popoli che la storia aveva mescolato.
IN COMUNE IL BATTESIMO
«Nella realtà non è sempre stato questo», ha spiegato Buttiglione, «il principio dell’Herrenvolk, del “popolo signore” tedesco che governava gli altri popoli, era già vivo prima di Hitler ed è ciò che ha suscitato la ribellione dei popoli all’interno dell’Impero asburgico contro lo stesso, ma indubbiamente questo era il programma di riforma dell’Impero che aveva in mente il beato Carlo d’Asburgo: fare dell’impero una famiglia di nazioni che insieme esercitavano la sovranità. Per lui era chiaro che la singola nazione vive e prospera solo nel rapporto con le altre identità nazionali, e che questo rapporto passa attraverso il comune Battesimo. Il rapporto fra le nazioni europee passa per Roma, la Chiesa fonda l’identità europea, e le nazioni non sono definite dall’etnia ma dalla cultura che nasce dalle fede. La conciliazione delle etnie la produce il comune Battesimo. Ma il beato Carlo morì in esilio». Le sue convinzioni però sono rimaste vive: quella che i popoli piccoli non hanno la forza sufficiente per costituire un loro Stato, e allora devono condividerne uno con altri, e quella che come storicamente il Battesimo ha riconciliato franchi e burgundi, così oggi esso può riconciliare francesi e tedeschi.
LA REALIZZAZIONE DELL’IDENTITÀ
Secondo Buttiglione «l’Europa di Adenauer, De Gasperi e Schuman nasce dal fallimento dei nazionalismi e dal crollo del vecchio mondo. Come può un tedesco essere ancora orgoglioso della propria identità dopo Hitler? Solo recuperando le radici cristiane della Germania, che è quello che hanno cercato di fare gli statisti tedeschi da Adenauer a Helmut Kohl. Questi uomini cercano di mettere la germanicità al servizio di tutta l’Europa, secondo il principio che ogni popolo realizza appieno la propria identità in un rapporto positivo con gli altri popoli».
LO STATO AL POSTO DELLA CHIESA
Solo a questo punto del suo intervento Buttiglione introduce la figura di Augusto Del Noce. «Del Noce spiega che fascismo e nazismo non sono, come pretendevano i progressisti, le forme che la reazione contro la modernità assume, non sono fenomeni in continuità con la storia cristiana dell’Europa: sono fenomeni rivoluzionari dello stesso tipo della Rivoluzione francese del 1789. Sono una rottura rispetto al passato. Allora come oggi, il problema è la rottura dell’organismo della Tradizione, è la contrapposizione fra i tradizionalisti, che considerano la Tradizione indiscutibile, e i progressisti, che rifiutano la Tradizione senza verificarla. La posizione giusta sarebbe, oggi come allora, verificare la Tradizione, metterla alla prova. Del Noce sostiene chiaramente che il fascismo non è un fenomeno che nasce dalla Tradizione, ma è una rottura col passato che asservisce il passato ai propri giochi di potere. Nel fascismo come nel nazismo ritroviamo la stessa impostazione delle posizioni laiciste radicali della Rivoluzione francese: lo Stato prende il posto della Chiesa, si impone un culto dello Stato di tipo religioso».
IL TRIONFO DEL RELATIVISMO
«In Italia – ha proseguito Buttiglione – la lettura del fascismo come fenomeno reazionario si accompagna a un progetto politico che è incarnato dal Partito d’Azione, ma va molto oltre i confini di quel partito: il programma di far incontrare liberali, comunisti e cattolici a prescindere dai loro valori specifici, in nome solo dell’antifascismo e del pragmatismo. Questo, secondo Del Noce, è un progetto rovinoso, perché l’incontro proposto avviene sulla base di una rinuncia all’identità. L’identità viene equiparata all’integralismo, e in nome della lotta ad essa si offre l’unica prospettiva del pragmatismo. La democrazia sarebbe il sistema politico fondato sul relativismo, dove ogni opzione di valore è messa da parte in nome della lotta all’integralismo».
SOLI DI FRONTE AL POTERE
Il risultato di questa impostazione lo vediamo oggi: «I politici pragmatici scivolano nella corruzione, e la reazione del popolo è di invocare un leader carismatico, di optare per una politica fatta di risentimento, dove ci si impegna contro un nemico piuttosto che per qualcosa di positivo. Quella che Del Noce definisce l’“irreligione occidentale” abbandona il vecchio totalitarismo violento e oppressivo, centrato sull’idea che il singolo uomo appartiene a una collettività ed è sacrificabile agli interessi della stessa, e dà vita a un nuovo totalitarismo che non afferma più il collettivo, ma l’individuo che per vive solo per se stesso e non appartiene più a nessuna comunità. È un uomo solo, incapace di quell’autodonazione che crea la comunità. Inevitabilmente l’uomo solo è manipolabile dal potere, che lo sottomette all’ideologia del consumismo».
LA COSCIENZA DEI COMUNISTI
Del Noce, ha spiegato Buttiglione, «proponeva di rispondere con una strategia fondata sulla sfida ai comunisti: sfidarli sul terreno dell’esperienza umana elementare, per vedere quale visione rispondeva di più alla domanda che è nell’uomo. Appellarsi alla loro coscienza, perché anche i comunisti hanno una coscienza! È ciò che è stato fatto, più che in Italia, nell’Europa dell’Est grazie a Giovanni Paolo II, a Solidarnosc e ai dissidenti: senza versare sangue, se non quello dei propri martiri, i cristiani hanno reso testimonianza e questo ha fatto crollare il comunismo. Il comunismo è crollato davanti alla sfida morale e religiosa che uomini coraggiosi hanno portato sotto la guida della Chiesa. È così che i popoli dell’Est hanno riscoperto la rilevanza politica dei valori cristiani».
LA CADUTA
«L’Europa è caduta sulla questione dell’allargamento a Est», ha concluso Buttiglione. «Quando alla Convenzione europea del 2003 abbiamo proposto di inserire le radici giudaico-cristiane, insieme a quelle greco-latine, nella Costituzione europea che si stava elaborando, non lo abbiamo fatto per un riferimento storico ai franchi e ai burgundi che si erano riconciliati nel Battesimo cristiano, ma come il modo per integrare nell’esperienza dell’Unione Europea l’esperienza che i popoli dell’Est avevano appena vissuto, cioè quella della testimonianza cristiana che aveva sconfitto il totalitarismo comunista. Era un modo per integrare Ovest ed Est, illuminismo e cristianesimo. Ci hanno risposto di no, e da allora hanno tentato di imporre l’ideologia relativista all’Europa dell’Est. I risultati sono sotto i nostri occhi: la Costituzione europea non si è fatta, si è fatto un fragilissimo Trattato di Lisbona che lascia gli stati nazionali padroni del gioco; e si è provocata la reazione nazionalista e sovranista dell’Est europeo. Possiamo biasimare quanto vogliamo i sovranisti e i nazionalisti polacchi, ungheresi, eccetera, ma la colpa di quello che sta accadendo è principalmente nostra, dell’Europa occidentale».
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