
Cosa rischia l’Europa se in Grecia vincerà la sinistra che cavalca l’utopico programma di Tsipras?
Cosa succederà all’euro e cosa succederà al debito italiano all’indomani della prevista vittoria dell’estrema sinistra di Alexis Tsipras alle elezioni greche anticipate del 25 gennaio? La Grecia uscirà dalla moneta unica o proseguirà la sua via Crucis a base di austerità in cambio di tranches di aiuti finanziari internazionali? Pericoloso fare pronostici troppo decisi. Se persino Luca Ricolfi sulla prima pagina del Sole 24 Ore dell’11 gennaio si limita a descrivere uno scenario A ottimistico e uno scenario B catastrofico, chi siamo noi per lanciarci in profezie, di sventura o di buona ventura? Tutt’al più, si può cercare di distinguere uno scenario razionale da uno irrazionale, e poi, tenendo conto che a volte la storia registra il sopravvento dell’irrazionale, distinguere al suo interno uno scenario di conseguenze sostenibili da uno di conseguenze insostenibili.
Lo scenario razionale è quello in cui il leader di Syriza vincitore delle elezioni e la troika Ue-Fmi-Bce raggiungono un compromesso molto al ribasso rispetto ai toni e alle promesse della campagna elettorale. Tsipras vince ma non ottiene la maggioranza assoluta in parlamento; forma un governo di coalizione con qualche partitino centrista e fa passare le modestissime concessioni di Bruxelles come grandi conquiste dovute alla sua intransigenza e al coraggio del popolo ellenico che ha deciso di scuotere il giogo delle politiche di austerità. Non può fare diversamente, perché le briscole ce le ha tutte in mano la Merkel, e il suo bluff a base di minacce di premere il bottone rosso della guerra nucleare (la cessazione del pagamento degli interessi sul debito) non può funzionare: si sta giocando a briscola e non a poker. La Grecia non può mandare a gambe all’aria l’euro dichiarando un default, come si temeva nel 2012, perché nel frattempo il quadro dei creditori è cambiato insieme agli strumenti finanziari a disposizione dell’Eurozona, mentre è certo che i danni peggiori di una bancarotta li patirebbe Atene.
Lo scenario irrazionale è quello in cui i vincitori delle elezioni si mostrano irremovibili rispetto ai contenuti del programma elettorale in base al quale hanno ottenuto i voti: annullamento e rinegoziazione degli accordi con la troika, cancellazione del 50 per cento degli attuali 317 miliardi circa di euro di debito pubblico greco e fine delle politiche di austerità, sostituite da 10 miliardi di euro aggiuntivi di spesa pubblica per rialzare il salario minimo e aumentare lo stipendio della funzione pubblica e l’assegno dei pensionati. Tsipras non se la sente di deludere gli elettori che l’hanno votato proprio per il suo radicalismo (ha chiesto persino il pagamento dei danni di guerra dell’occupazione nazista del 1941-1944 e la restituzione dei marmi del Partenone che si trovano al British Museum), ovvero cede alle pressioni delle correnti oltranziste di Syriza e non transige sulle sue richieste. La Bce cessa di finanziare la liquidità delle banche greche e di funzionare da prestatore di ultima istanza, la troika blocca la parte restante di aiuti ancora da erogare e i mercati bocciano la rottura dell’accordo con tassi di interesse del debito greco proibitivi. Per evitare la corsa agli sportelli e il conseguente fallimento delle banche, il governo impone il controllo sui capitali ed è costretto a reintrodurre la dracma. Si verifica la tanto temuta uscita dall’euro: agognata da alcuni partiti populisti nel resto d’Europa, ma non certo in Grecia dove il 74 per cento dei cittadini vuole che il paese resti dentro alla moneta unica, e dove Syriza ha sempre proclamato – contro ogni realismo e sollevando lo scetticismo degli osservatori – di volere allo stesso tempo ottenere la cancellazione di metà del debito e restare nell’euro. Gli ellenici non sbagliano, perché la loro economia non è mai stata orientata all’export e non ha guadagnato competitività nemmeno in questi anni di politiche di austerità. Il ritorno alla dracma in Grecia produrrebbe solo iperinflazione e un rapido riformarsi del debito eliminato col default.
Due scuole di pensiero
Lo scenario irrazionalista potrebbe prendere corpo soprattutto a causa del fattore tempo. Atene e la troika dovevano revisionare l’attuazione del programma di aggiustamento strutturale entro la fine di dicembre. Secondo gli europei e il Fmi il bilancio della Grecia aveva sforato di 2 miliardi di euro rispetto a quanto stabilito dai patti, e non avrebbero dato il via libera a un’ulteriore tranche di aiuti senza una soluzione a questo problema. Samaras, il premier uscente, aveva ottenuto che il negoziato andasse avanti fino alla fine del febbraio 2015. Con le elezioni al 25 gennaio, la quasi certa mancata conferma dell’esecutivo uscente, la necessità di dar vita a un governo di coalizione e scadenze di rimborsi imminenti – la Grecia deve restituire 2 miliardi di euro a creditori privati entro la fine di febbraio e 1,5 miliardi al Fmi entro la fine di marzo – Tsipras si troverà con l’acqua alla gola e con troppo poco tempo a disposizione per una piroetta di moderatismo.
Agli altri europei di tutto questo importa poco. La loro preoccupazione è un’altra. Si chiedono: l’eventuale uscita della Grecia dall’euro avrebbe conseguenze sulle finanze degli altri paesi oppure no? Qui le scuole di pensiero si divaricano. Berlino sostiene che non accadrà nulla di irreparabile, che la posizione di Italia, Spagna, Portogallo e Irlanda è sufficientemente solida, che l’Eurozona dispone oggi di strumenti come il Meccanismo europeo di stabilità e l’unione bancaria che la mettono al riparo dalle turbolenze greche. Luca Ricolfi nel suo commento citato in apertura, sottolineano che non tutti i paesi europei indebitati sono uguali: la posizione dell’Italia è molto più esposta di quella di altri. «Nel luglio del 2011 la posizione relativa dell’Italia era la migliore fra quelle dei cinque Piigs, nel senso che tutti e quattro gli altri paesi dovevano pagare interessi maggiori dei nostri. (…) Oggi non è più così: Irlanda e Spagna hanno rendimenti migliori dei nostri, il Portogallo li ha leggermente peggiori, solo la Grecia sta decisamente peggio di noi. Se prevalesse lo scenario B (quello irrazionale), saremmo tutt’altro che al sicuro».
Quanto ci rimette Roma
Effettivamente l’Italia è forse il paese che più ha da perderci se la Grecia non resta sottomessa al soffocante programma di aggiustamento strutturale che è all’origine della prevista vittoria dell’estrema sinistra alle elezioni. L’onerosità dei tassi d’interesse pagati dal nostro paese per il suo debito si riflette sull’incidenza che gli interessi pagati hanno sulla nostra ricchezza nazionale: secondo Public Policy, un istituto indipendente di ricerca irlandese, l’Italia è il paese che ha speso di più in Europa per il servizio del debito non solo in cifra assoluta, ma anche in rapporto al Pil: 5,2 per cento, ovvero più della Grecia che si è fermata al 4,8 per cento (l’Irlanda sta al 4,7, il Portogallo al 4,3 e la Spagna al 3,5). È per questo che Lorenzo Bini Smaghi, già membro del comitato esecutivo della Bce, sul Financial Times ha scritto che, numeri alla mano, «il debito greco appare più sostenibile di quello di molti altri paesi. (…) È vero che, paragonato al periodo pre-crisi, il Pil pro capite della Grecia è diminuito del 25 per cento circa, più di qualunque altro paese dell’Eurozona, è cioè più dell’Italia (13 per cento), della Spagna (9) o del Portogallo (6). Tuttavia, nonostante la recente forte flessione, il reddito medio della Grecia è ancora di 8 punti percentuali più alto che all’inizio dell’unione monetaria, come è il caso anche di Spagna, Francia e della media dell’Eurozona, e meglio di Italia e Portogallo».
I simpatizzanti della linea politica di Tsipras sostengono che il suo successo è nell’interesse di tutti i paesi europei che oggi sono costretti a praticare politiche di austerità, perché la conferenza per la ristrutturazione del debito dei paesi europei e la cancellazione parziale di debiti che lui propone avvantaggerebbero i paesi indebitati come l’Italia. Non è così. Intanto è proprio il cattivo esempio che la condiscendenza verso la Grecia costituirebbe a spingere la Germania e i suoi alleati (Olanda e Finlandia) all’intransigenza assoluta: se si permette agli ellenici di sfondare gli obiettivi di bilancio, di non pagare i debiti e di aumentare la spesa pubblica, come si potrà poi dire no a Italia e Francia che avrebbero bisogno degli stessi provvedimenti e che comincerebbero a richiederli se già sono stati concessi a qualcuno? Poi c’è un altro fatto: dopo le ristrutturazioni del 2012, la maggior parte del debito greco è nelle mani dei governi europei o di entità che ne sono l’emanazione. Dei 317 miliardi di euro del debito greco, 24 sono nelle mani del Fmi, 27 in quelle della Bce e delle altre banche centrali della Ue e 54 in quelle di investitori privati. Su tutti questi Syriza non può chiedere cancellazioni, pena l’esclusione dai mercati. Poi ci sono 53 miliardi di euro di prestiti bilaterali coi paesi europei e ben 142 provenienti dal Meccanismo europeo di stabilità. È lì che la scure dovrebbe abbattersi. Ma tagliare lì vuol dire imporre perdite ai paesi dell’Unione che hanno finanziato il debito greco. Si calcola che, se la troika accettasse le richieste di uno Tsipras primo ministro, la Germania ci rimetterebbe 30 miliardi di euro, l’Italia e la Francia 20 a testa. Le stesse perdite ovviamente si verificherebbero in caso di bancarotta della Grecia.
Morale: tutti i governi d’Europa sperano che il governo Tsipras non si comporti troppo diversamente dal governo Samaras. Perché è vero che per contrastare la disoccupazione e il declino dei redditi oggi bisognerebbe poter spendere in deficit. Ma siamo troppo indebitati per farlo.
Articoli correlati
38 commenti
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!
Allora per quanto non sia certo un sostenitore di Tsipraz a livello di orientamento politico e per quanto mi rendo conto che anche noi possiamo rimetterci da un rischio du default greco sono felice che i greci abbiano fatto questa scelta coraggiosa.. Sarà avventata ma del resto quando vivi in un PAESE SENZA FUTURO CON LA NATALITÀ QUASI A ZERO DISOCCUPAZIONE GIOVANILE AL 60% BAMBINI CHE SVENGONO A SCUOLA PER LA DENUTRIZIONE CHE C….O HAI DA PERDERE? L’Europa dei tecnocrati sta spolpando i greci come un piranha e giustamente si vedono finiti in un tunnel senza via d’uscita.. È giusto secondo me che in questi casi si cerchino soluzioni anche estreme le si provano tutte.. E dovremmo prendere esempio anche noi che rimaniamo fermi in questa immobilità di un governo inutile e perdigiorno e non abbiamo il coraggio di cambiare..
Sarebbe giusto metter fine all’austerità, ci dice l’articolo, ma” siamo troppo indebitati per farlo “. Credo sia falso: negli anni Trenta se non erro, era elevatissimo il rapporto deficit/pil di paesi che seguirono politiche keynesiane; recentemente, gli USA le hanno praticate con un rapporto del 100-110%…
Buon giorno.
ma perchè si continua a disquisire di tutto, quando è evidente ed è nella logica della natura e delle cose, che non vi può essere coesione sociale ed economica in europa? perchè dobbiamo forzarci di dire che siamo simili a uno svedese o a uno di malta? perchè dobbiamo inchinarci alle logiche dei gruppi finanziari e industriali, che in nome del profitto, necessitano di continua espansione in nuove terre povere? perchè nessuno anche dei politici evidenzia che il prossimo passo, di tirare nell’europa ucraina e turchia serve solo a tali gruppi per un loro progresso economico e il loro business? perchè nessuno dice in modo semplice che ci vogliono far votare sempre da pecore e che il disegno è solo questo? perchè nessuno ha il coraggio di dire cose chiare? perchè nessun governo fa una lotta vera alla criminalità e alla corruzione? sappiamo che in tutto il mondo è più o meno in questo modo…beh, vi dico che stiamo vivendo non da veri umani ma da imbecilli.
A leggere anche qui i commenti si capisce che gli italiani hanno trovato finalmente una vittima sacrificale da immolare sull’altare del fallimento del nostro paese: l’euro e possibilmente anche i tedeschi! Gli italiani vorrebbero tornare alla cara vecchia liretta e svalutare. Così saremo competitivi, verranno a investire qui chiudendo un occhio su tutto il resto e le pmi conquisteranno il mondo.Ma si sono accorti gli italiani che il muro di Berlino è caduto? Ma quanto dovremo svalutare per tenere il passo con i serbi, i rumeni e perché no ucraini, turchi egiziani cinesi indiani ecc?? Ma hanno pensato che se usciamo noi uscirebbero e svaluterebbero anche la Spagna, il Portogallo e la Francia? Si sono accorti che l’euro si sta già deprezzando per cui il vantaggio competitivo della svalutazione si riduce sempre di più? E lo sanno gli italiani che l’Argentina non sta proprio in forma?
E come lo garantiremo il nostro debito da 2 000 miliardi? Ipotecando il Monte Bianco? Ma lo sanno gli italiani che i garanti del loro debito sono proprio i tedeschi alla fine? Lo sanno che le agenzie di dati g e la famelica finanza speculativa è lì pronta a giocare ai birilli con il nostro paese come già visto negli anni ’90? Ma proprio adesso che Berlino cede sull’austerità volete andarvene? Ma cosa credono che gli altri non prenderanno contromisure se lasciamo l’euro? Che perdere il potere d’influenzare la politica monetaria dell’euro votando nel board BCE sia una buona idea? Che potere contrattuale avremmo allora sulla Germania?
Difatti non credo si possa lasciare sic et simplicter l’euro.
Ci piallerebbero.
Piuttosto si tratterebbe di creare un fronte comune ampio che abbia la forza per non subire la prepotenza dell’UE e di chi la egemonizza.
Certo è che la liretta svalutata aveva i suoi vantaggi e che il pensiero unico non produce.
Come il pugile che gioca di agilità non può essere costretto a giocare di potenza con chi ha nella potenza la propria caretteristica dominante, così l’Italia, la Francia ed altri Paesi sono diversi dalla Germania e non possono essere legati ai parametri germanici.
E’ un sucidio.
L’economia di ogni Paese UE ha le proprie caratteristiche ed imporre il modello unico tedesco è un errore gravissimo, un atto di sottomissione inaccettabile.
Ci siamo scioccamente legati ad una moneta unica che non aveva alla base la necessaria armonia economica, sociale e di mentalità, prima ancora che politica.
I francesi hanno molti difetti, ma i loro economisti stanno inziando ad alzare i toni su questi temi.
Noi italiani, invece, abbiamo uno spirito molto più servile.
Subiamo e anzi, molti di noi tifano per contro il Paese e passano la loro vita in uno spirito che deprime le capacità del Paese.
Purtroppo.
Come ho scritto, il tuo commento è la dimostrazione pratica che i tedeschi ci stanno dominando con il portafoglio, ti hanno istruito bene.
Io invece penso che l’Italia ha la forza, l’energia e le risorse per potere battere i pugni sul tavolo e mandare la Merkel a quel paese con la sua politica malata dell’austerita e la commissione Europea con le sue burocrazie assurde. Io dico solamente che l’Europa deve cambiare perchè se va avanti così preferisco stare da solo e non mi riferisco solo alla finanza ma anche all’etica.
La storia dell’umanità ha provato più e più volte che esistono posizioni di vantaggio e non egemonie naturali.
L’accettazione della egemonie naturali appartiene piuttosto al novero delle perifrasi che sottintendono nozioni spirituli: destini manifesti, appunto.
Il IV Reich.
Però evito di insistere su questa divagazione, che alla fine ottiene l’esito, scontato, dell’inconcludenza.
Venendo a noi, è certo che uscire dall’euro sic et simpliciter significa farsi piallare.
Ma creare un blocco europeo che reagisca ad egemonie, soprattutto se inique, è necessario.
Ho amici francesi e mi viene riferito che la Francia versa in condizioni non molto dissimili dall’Italia.
Appunto per questo la Francia è pervasa da un fremito antiUE che spaventa a morte gli europeisti e li spinge a minacciare l’apocalisse postunionista.
Se comunque noi abbiamo acqua alla gola, i cugini galli la hanno al petto.
Ciò che non si vuole riconoscere, benché sia macroscopicamente evidente, è che l’UE è un mostro nato su una moneta unica senza che alla base vi fosse anzitutto la necessaria coesione sociale, economica, di mentalità, prima ancora che politica.
Ora i tecnocrati – in molti hanno assimiliato i loro clichè analitici e pseudoscientifici zeppi di dati, ma privi di una visione elementare d’insieme – spingono per l’unità politica, prescindendo dalle fondamenta prepolitiche di una vera società civile.
Si preannunzia un disastro peggiore di quello attuale.
Questa UE è precisa nei dettagli, ma rozza e folle nella visione di insieme.
Coglie il moscerino, ma non vede il cammello, o fa conto di non vederlo.
Puoi mettere su un ring un pugile leggero e imporgli una battaglia muscolare con un pugile più pesante; o invece il pugile più leggero deve trovare un metodo che si adatti alle sue caratteristiche?
Fuor di metafora, puoi adottare il modello unico – o quasi – per Paesi sensibilmente diversi fra di loro?
La liretta, poi, a proposito di metodi, di metri, di canoni diversi da quello unico, non era affatto così male: P. Krugman – non l’ultimo arrivato – ha ricordato che nonostante la crisi globale con la lira l’Italia avrebbe avuto molte chanches in più e sarebbe rimasta molto più competitiva (al netto, aggiungo io, dei cattivi governi in stile Monti che anziché aiutare l’asino lo sovraccaricano a morte).
Ha detto, in terminolgia più nobile, che il metodo unico è chiaramente fallimentare.
Il cambio lira euro, poi, è pessimo; quello franco euro cattivo; quello marco euro molto buono.
Vogliamo alzare la testa e mettere in discussione queste forme di parassitismo tedesco e unionista?
O vogliamo sparare un quintale di dati senza venire al dunque ed accontentarci, come fosse un dogma, di subire le varie egemonie naturali di questo mondo?
Stare defintivamente accucciati sotto gli stivali dei tedeschi?
E’ così naturale farlo…
I francesi hanno una mentalità media abbastanza simile a quella dell’italiano del centro nord, ma anche una marcia in più: si ribellano con l’atteggiamento sanguigno dei nostri meridionali, e questo non è sempre un male.
I loro economisti queste cose inziano a dirle con molto più vigore di noi.
C’è sempre qualcosa da imparare dagli altri…
La storia dell’umanità ha provato più e più volte che esistono posizioni di vantaggio e non egemonie naturali.
L’accettazione della egemonie naturali appartiene piuttosto al novero delle perifrasi che sottintendono nozioni spirituli: destini manifesti, appunto.
Il IV Reich.
Però evito di insistere su questa divagazione, che alla fine ottiene l’esito, scontato, dell’inconcludenza.
Venendo a noi, è certo che uscire dall’euro sic et simpliciter significa farsi piallare.
Ma creare un blocco europeo che reagisca ad egemonie, soprattutto se inique, è necessario.
Ho amici francesi e mi viene riferito che la Francia versa in condizioni non molto dissimili dall’Italia.
Appunto per questo la Francia è pervasa da un fremito antiUE che spaventa a morte gli europeisti e li spinge a minacciare l’apocalisse postunionista.
Se comunque noi abbiamo acqua alla gola, i cugini galli la hanno al petto.
Ciò che non si vuole riconoscere, benché sia macroscopicamente evidente, è che l’UE è un mostro nato su una moneta unica senza che alla base vi fosse anzitutto la necessaria coesione sociale, economica, di mentalità, prima ancora che politica.
Ora i tecnocrati – in molti hanno assimiliato i loro clichè analitici e pseudoscientifici zeppi di dati, ma privi di una visione elementare d’insieme – spingono per l’unità politica, prescindendo dalle fondamenta prepolitiche di una vera società civile.
Si preannunzia un disastro peggiore di quello attuale.
Questa UE è precisa nei dettagli, ma rozza e folle nella visione di insieme.
Coglie il moscerino, ma non vede il cammello, o fa conto di non vederlo.
Proseguo.
Puoi mettere su un ring un pugile leggero e imporgli una battaglia muscolare con un pugile più pesante; o invece il pugile più leggero deve trovare un metodo che si adatti alle sue caratteristiche?
Fuor di metafora, puoi adottare il modello unico – o quasi – per Paesi sensibilmente diversi fra di loro?
La liretta, poi, a proposito di metodi, di metri, di canoni diversi da quello unico, non era affatto così male: P. Krugman – non l’ultimo arrivato – ha ricordato che nonostante la crisi globale con la lira l’Italia avrebbe avuto molte chanches in più e sarebbe rimasta molto più competitiva (al netto, aggiungo io, dei cattivi governi in stile Monti che anziché aiutare l’asino lo sovraccaricano a morte).
Ha detto, in terminolgia più nobile, che il metodo unico è chiaramente fallimentare.
Il cambio lira euro, poi, è pessimo; quello franco euro cattivo; quello marco euro molto buono.
Vogliamo alzare la testa e mettere in discussione queste forme di parassitismo tedesco e unionista?
O vogliamo sparare un quintale di dati senza venire al dunque ed accontentarci, come fosse un dogma, di subire le varie egemonie naturali di questo mondo?
Stare defintivamente accucciati sotto gli stivali dei tedeschi?
E’ così naturale farlo…
I francesi hanno una mentalità media abbastanza simile a quella dell’italiano del centro nord, ma anche una marcia in più: si ribellano con l’atteggiamento sanguigno dei nostri meridionali, e questo non è sempre un male.
I loro economisti queste cose inziano a dirle con molto più vigore di noi.
C’è sempre qualcosa da imparare dagli altri.
Comunque i’UE è destinata ad fallimento certo, forse ben prima che finisca di collassare l’economia.
Il tempo è galantuomo…
Aggiungo: vi siete mai chiesti perché i crucchi urlano tanto contro il resto d’Europa, ma poi l’euro se lo tengono stretto, stretto ed hanno il terrore che una nullità economica come la Grecia esca dell’euro?
Se esce la Grecia la storia economica europea muta forse di un paio di virgole.
Quel che davvero succede è piuttosto che cambia la storia dell’UE.
Passa il principo che dall’UE si può uscire e che dunque può FINIRE L’ERA DELL’EURO.
Sarebbe la fine del IV Reich.
Un dramma.
… e scusatemi la valanga di refusi che ho lasciato nel testo scritto.
@Saverio
Il problema non è il “metodo unico”, dato che ci si dovrebbe augurare che tutti restituiscano i propri debiti: le regole comuni sono necessarie e, anzi, il probelma della UE è che non è sufficientemente armonizzata dal punto di vista delle regole politico-istituzionae ed economico.
Krugman ha rispettabili idee keynesiane che personalmente ritengo lontane anni luce da ciò che è necessario all’Italia e all’Europa per ripartire: taglio delle tasse fiannziato da tagli della spesa. Anche volendo essere keynesiani come suggeriscono Tempi-Krugman, la morale è appunto che alla fine siamo troppo indebitati per farlo. Amen.
Non condivido l’analisi, anche perché a mio modesto giudizio la critica al keinesismo o alla pressione fiscale (problema effettivamente gravissimo) non toglie affatto tutte le altre argomentazioni, sia sul modello unico, che sui cambi monetari, sui vantaggi dati da un’elasticità che oggi manca, ecc..
L’UE non è un problema; il problema sono gli italiani?
Va bene così, ho capito.
Ognuno, in questi casi, si fa la propria idea.
D’altronde so bene che l’UE è una fede “religiosa”, per molti europei.
Soprattutto per i tedeschi, che ci ingrassano, e mentre strepitano mai e poi mai la mettono in discussione.
Anzi!
Intelligenti pauca.
Buon giorno Saverio ho letto la sua lunga risposta. Le voglio ricordare che l’euro è uno strumento inventato dagli altri europei per contenere l’egemonia tedesca non per favorirla infatti in Germania c’è uno strisciante malcontento nei contronti della moneta unica. I ragionamenti Da lei fatti sull’opportunità di una moneta unica per sistemi politico-economici tanto diversi li fanno anche in Germania. Ma alla fine tutti i governi nonostante l’eurosclerosi preferiscono restare nella moneta unica persino la Grecia: significa che tutti ne traggono dei vantaggi seppur in campo diversi. In effetti lei sostiene che l’euro e persino l’Ue siano destinati al collasso ma nei fatti sono anni che si predica il fallimento della moneta unica ma questa si espande sempre più (a inizio di questo mese è entrata la Lituania) mentre i negoziati di adesione sono stati allargati ad altri paesi (Serbia e Albania) e a Londra le organizzazioni di categoria degli imprenditori hanno tirato le orecchie a Cameron invitandolo a evitare le promesse populistiche di un’uscita dall’Ue perché contrarie agli interessi britannici.
Quello a cui stiamo assistendo va nel senso da lei indicato: Europa a due velocità, alleggerimento dei vincoli di bilancio, deprezzamento dell’euro, eurobond quindi i tedeschi seppur fanno la voce grossa, stanno cedendo su tutta la linea. non è un tedesco a capo della BCE ma Draghi e nel board Weidmann è in minoranza quindi il “fronte dei paesi” di cui parla si è già realizzato. E se le cose proseguono in questo senso anche grazie a una vittoria di Tsipras in Grecia la rigidità tedesca si incrinerà sempre più. Personalmente mi preoccuperei di una vittoria degli anti-euro a Berlino più che di Tsipras o Podemos. Questo è il rischio maggiore perché alla fine lei parla di quarto Reich ecc ma io la invito a rivedere questo approccio anti-tedesco
Infine vorrei farle un appunto sull’Ue: non è un “mostro burocratico ossessionato dai dettagli” ma anzi un insieme di enti diversi per composizione e competenze dove lavora gente secondo i compiti loro assegnati dai trattati firmati dagli Stati membri e le direttive loro date dal Parlamento Europeo e dagli Stati membri. Se si scende nel dettaglio ciò è funzionale allo scopo che si vuole raggiungere perché un regolamento che si occupa di agricoltura è rivolto a 28 paesi diversi e dovrà essere il più possibile chiaro e preciso onde evitare interpretazioni difformi tra i vari Stati.
E questo per raggiungere degli scopi ben precisi come il libero mercato interno tra i paesi membri. Lei dice che manca la visione d’insieme ma è come se chiedesse all’elettricista o all’idraulico di fare il lavoro dell’architetto! Il sistema in realtà è speculare a quello di qualsiasi amministrazione pubblica: il funzionario che deve occuparsi di rilasciarle un documento non può decidere autonomamente se concederglielo o meno ma deve strettamente applicare una legge che è stata scritta in Parlamento. Chi può dare la visione d’insieme sono in definitiva i governi degli Stati membri che siedono nel Consiglio dell’Ue e nel Consiglio Europeo che anzi spesso difendono i propri interessi nazionali. In realtà gra parte di quello che vede uscire sotto forma di direttive è frutto di un estenuante negoziazione tra i vari paesi. Se qualcosa è al ribasso è perché è stato necessario accontentare un po’ tutti ed è ovvio che più Stati membri ci saranno più difficile sarà tenere conto degli interessi di tutti!
Infine gli atti europei sono varati anche dal Parlamento Europeo dove siedono anche i suoi rappresentanti. Quindi tra tutte le organizzazioni internazionale l’Ue è l’unica dove non solo i governi ma anche i cittadini possono accedere alle stanze del potere attraverso i propri rappresentanti. E se questo sistema non è pienamente democratico ciò è dovuto ai governi che si oppongono a concedere più poteri ai loro deputati nazionali che siedono Parlamento Europeo non all’Ue. Ma è ovvio dalla descrizione del sistema che le ho offerto poc’anzi che l’Ue cambierà se è quando i cittadini dei vari paesi eleggeranno rappresentanti diversi sia al Parlamento Europeo sia nei vari Parlamenti nazionali.
Credo che anziché partire dalle definizioni che alterano la realtà della cose, si debba partire dalla realtà stessa delle cose, che mostra l’erroneità delle definizioni.
L’euro, il suo cambio, il controllo sull’euro da parte della Germania, dicono che l’euro è un strumento molto importante dell’egemonia teutonica sull’UE.
Se poi preferiamo le definizioni astratte all’evidenza delle cose, siamo liberissimi da farlo.
Dal mio piccolo canto, contesto questo metodo, tipicamente UE, di alterare i fatti con le parole.
La contrapposizione non ben consapevole del popolo tedesco, poi, vale quel che vale, almeno sinché non diventa decisiva ai fini elettorali.
I vertici teutonici sanno bene, e persino i nostri quotidiani di settore (Il Sole 24 ore, Italia oggi, ecc.) lo ricordano sommessamente, che alla Germania l’euro conviene.
Eccome se conviene.
Almeno per ora, sino a quando la crisi italiana e francese non si ripercuoteranno pesantemente anche sulla Germania.
Quando il bilancio diverrà negativo, in atto ed in potenza, è facile immaginare che le cose cambieranno.
Salvo che i tedeschi non siano più tedeschi, ma si trasformino in benefattori dell’Europa.
Non è che l’Ue sia una “fede religiosa”: si chiama europeismo ed è l’idea che facendo le cose insieme possiamo affrontare meglio le sfide del futuro. Mi pare una buona idea in un’epoca come quella attuale dove si vedono all’orizzonte colossi come la Cina, l’India con un mercato interno di oltre un miliardo di persone. Io credo fermamente che unire le forze in Europa sia una buona idea. Mi rafforza nella mia convinzione osservare cha anche gli euroscettici più critici non mettano in discussione l’idea di un’Europa unita ma certe scelte prese negli ultimi anni in una serie di ambiti ben specifici (Schengen, euro) dove si può rinegoziare. Non creda a chi porta esempi come la Svizzera o la Norvegia: questi pesi si trovano nell’assurda posizione di dover assorbire passivamente gran parte delle decisioni dell’Ue senza poterle influenzare perché circondati da Stati membri.
Cordiali saluti
Un consiglio ai gestori del sito, se mi è permesso: ho stratificato doppioni di interventi, perché il sito mi dava continuamente errore e così ho in parte perso gli interventi stessi, in parte li ho dovuti ri-inserire.
Poi, parte di ciò che credevo perduto è riapparso…
Forse è opportuno correggere questa tipologia di difetto del sito in fase di ricezione degli interventi.
Grazie per l’attenzione.
“Ciò che non si vuole riconoscere, benché sia macroscopicamente evidente, è che l’UE è un mostro nato su una moneta unica senza che alla base vi fosse anzitutto la necessaria coesione sociale, economica, di mentalità, prima ancora che politica.”
Sottoscrivo questa frase, anche se si sostituisse “UE” con “Italia”: il problema è che la coesione necessaria nasce da un ideale, che all’inizio c’era (la stessa decisione di consentire l’adesione all’Euro di Italia e Grecia fu del tutto politica, entrambi i paesi avevano truccato i conti e tutti lo sapevano…), mentre ora non c’è più. Si tratta dell’ideale di una Europa in pace e con pochi ma importanti elementi culturali comuni. Ma non si può essere così ingenui da pensare che l’integrazione europea non guardasse anche al pragmatico interesse economico, dove naturalmente chi aveva più potere contrattuale – come accade in tutte le negoziazioni – lo ha usato: quindi la Germania (che era già l’economia e il paese più forte prima dell’Euro) ha imposto un certo cambio all’Italia (che comunque se l’è cavata abbastanza bene, tenuto conto che grazie al governo Prodi era all’epoca sull’orlo del baratro). Il suggerimento di “fare squadra” con altri paesi contro la Germania e i paesi del Nord ha teoricamente senso, se non fosse che in pratica mi sembra molto difficilmente applicabile, soprattutto a causa del fatto che la Spagna non ne ha interesse (ha ricevuto molti aiuti dalla UE e se la sta cavando), e la Francia non è mai stata particolarmente aperta sulle alleanze. Inoltre a quel punto si riprenterebbe, sebbene su scala ridotta, il problema della leadership…
In sostanza, penso che finchè le nostre aziende non investiranno nel quadro di un “sistema paese” più favorevole da un punto di vista della politica fiscale, le disquisizioni di politica monetaria su Lira, Euro e QE rimarranno esempi di scuola utili solo a riempire pagine dei giornali e vendere libri.
L’analogia fra l’unità di Italia e quella dell’UE un certo fondamento lo ha, non nego.
Solo che il paragone mi pare drammaticamente fuori luogo come proporzioni.
Anche il gatto e la tigre sono analoghi perché appartengono alla famiglia felina, ma non si può gestire la tigre come un gatto e neppure come un lince.
Se ci dovessimo dilungare sul perché il popolo italiano abbia, nonostante i divari fra le varie regioni, un tasso di omogeneità (a partire dalla lingua e dalla religione, che pur conta sempre meno, è vero…) che l’Europa, da Grecia a Germania, a Italia, a Francia a Lituania, a Romania non ha assolutamente, non basterebbe un volume.
Certi discorsi paradossali, volendolo, li si potrebbero poi fare anche parlando delle differenze fra tedeschi dell’est e dell’ovest: differenze che sono enormi.
Resta che la Germania è una relativa unità e che il divario Germania est ed ovest è nulla, ad es., rispetto al divario fra Germania, unitariamente intesa, e Grecia.
Resta, ancora, che una lacerazione interna ad una nazione relativamente omogenea (l’Ucraina, ad es., non lo è e proprio la linea di demarcazione linguistica è decisiva) è spesso (ma non necessariamente) gestibile.
Se la stessa lacerazione la moltiplichi su scala imperiale, con numerossime realtà, lingue, mentalità, contrapposizioni, ecc., la figura della tigre diventa troppo debole per rappresentare l’analogia.
Comunque determinati ragionamenti mi convincono sempre più che l’UE sia una fede, non un’entità razionale.
La moneta unica, che è il primo serio banco di prova dell’Unione, è nata da meno di 15 anni ed ha già un piede nella fossa.
Il tempo dirà chi ragionava: gli unionisti o gli euroscettici.
La liturgia unionista faccia pure il suo corso, tanto, mi spiace – ma non c’è il minimo rancore da parte mia – non ci troveremo mai.
Il problema dei tedeschi è che sono naturalmente destinati all’egemonia in Europa ma invece di prendersi le responsabilità che questo ruolo comporta preferiscono curare il proprio orticello. Ciò è dovuto a vari fattori: dalla martellante campagna anti-nazionalistica portata avanti dagli alleati contro gli ex nemici per cui i tedeschi alla memoria storica ancora viva in tutta a Europa dei crimini tedeschi per cui Berlino ha paura ad assumere la leadership e molti in Europa non vogliono. Con una Francia che è ridotta allo spettro della grande nazione che fu, una Gran Bretagna capricciosa sempre sul punto di buttare per aria tutto e un’Italia a picco si capisce bene perché in Europa le cose non vanno.
Per quanto riguarda la Grecia non ha mai avuto i requisiti per entrare nell’euro, anzi ha falsificato i conti (vi rendete conto spero della gravità di ciò) e poi ha dilapidato miliardi negli anni a venire. Un po’ come l’Italia: non poteva entrare nell’euro e ha passato anni nel dolce far nulla e a parlare dei processi a Berlusconi e ora piange. È come la storia della cicala e della formica solo che purtroppo noi abbiamo fatto le cicale! E adesso? I nostri debiti sono garantiti dai tedeschi (e dagli olandesi, austriaci ecc) c’è poco da fare quindi prima di inveire contro Berlino mettetevi nella prospettiva di un tedesco che legge cosa combiniamo nel nostro paese e che pensa!
Comunque per me è tutta un’enorme messa in scena: adesso la BCE farà il quantitative easing per cui Herr Weidmann dovrà mettersela via e vuoi vedere che la Grecia esce proprio adesso? Infatti Tsipras non vuole che Atene esca, mica è scemo! Le misure d’austerità? Non ci crede più nessuno e infatti già hanno tolto dal calcolo del deficit le spese per gli investimenti. L’euro ai minimi sul dollaro per cui anche l’idea dell’euro=marco=moneta forte sta tramontando. Le cose mi sembra seguano un filo logico che porterà alla ripresa dell’economia europea solo che sono fatte in modo così esasperante! Le avessimo fatte prima ci saremmo risparmiati qualche milione di disoccupati e soprattutto qualche migliaio di morti per la crisi.
Che un compagno non sia il massimo, è plausibile.
Credo però che nella relatività delle cose umane anche persone lontane mille miglia dal tuo pensiero e da cui non ti aspetteresti nulla, possano divenire “strumento” di soluzioni positive.
Si può citare un caso limite.
Ad Emma Bonino, ad es., personalmente mai e poi mai avrei dato e darei il mio voto.
In occasione della crisi siriana del 2013, quando il mondo si trovò sul baratro della III GM, la Bonino ebbe il coraggio, non affatto indifferente, di opporsi alla pretestuosa smania bellicistica degli USA.
Il suo no ebbe certamente un peso significativo per la pace (comunque molto precaria) nel mondo.
E questo, benché l’abortista Bonino, giusto per dirne una della tante possibili, abbia fatto moltissimo per portare odio su questa terra.
Venendo ad oggi, Tsipras, il compagno greco, ha un primo obiettivo: economico.
Date le spaventose dimensioni del fronte economico, si può sperare che su altre questioni non abbia il tempo e la possibilità di agire, o, in alternativa, che i fatti gli facciano cambiare idea su dati temi.
Limitandoci al tema ecclesiale, sono numerosi i casi storici di avversari della religione spinti dagli eventi a mutare orientamento.
Certo è, comunque, che un casus belli intelligente per sovvertire QUESTA Europa prima o poi lo si deve individuare e portare a compimento e Tsipras potrebbe dare il suo apporto.
Poi magari il politico greco farà solo danni, ma sarebbe azzardato fare pronostici solo negativi, dimenticando la contestuale evoluzione dell’UE: un’evoluzione drammatica, ad oggi, al di là della propaganda, degli eurobond, di vattelapesca e delle luci false e bugiarde che si intravedono da anni in fondo al tunnel e che sistematicamente si spostano più in là, mentre al contempo il buio si fa sempre più spesso e cupo.
Attendiamo e, se ne avremo il tempo, vedremo gli sviluppi.
Una cosa è la naturale egemonia (Destino manifesto? Nazismo in salsa liberale?), altro un sistema monetario/economico, che di per sé garantisce l’egemonia a prescindere dai meriti.
Ne passa…
L’egemonia è dovuta a una serie di fattori: la posizione geografica centrale in Europa, il peso demografico ma soprattutto un sistema politico ed economico di sicuro non perfetto ma certo più sano di quello italiano. Da quando la Germania si è unificata non c’è più stata storia in Europa pensi che in 30 anni ha superato per produzione industriale il Regno Unito nonostante questi fosse padrone di mezzo mondo e che per i cento anni precedenti era stato al primo posto in tutti gli indicatori socio-economici. È la mentalità teutonica con i suoi pregi a sorreggere la struttura del paese.
Ma come a prescindere dai meriti? Ma che sono stati i tedeschi a rovinare l’Alitalia per esempio? È colpa loro la durata infinita dei processi in Italia? Gli emolumenti della nostra classe politica? Se i cervelli scappano dall’Italia da decenni perché qui li pagano male nonostante i soldi ci siano è colpa dei tedeschi?
Ora è ovvio che finché potevamo “giocare di sponda” con la svalutazione, alte esportazioni e basse importazioni riuscivamo a controbilanciare i nostri deficit strutturali: tolta questa leva “protezionistica” la realtà dei rapporti di forza è venuta a galla.
A suo tempo mi sono preso la briga di leggere il programma ufficiale di Tsipras, ci sono un paio di aspetti che esulano dalla questione propriamente economica e che non vengono affrontati da questo articolo. Aspetti che la dicono lunga sul prevalere di un’impostazione puramente ideologica nel programma di Syriza. La cessazione di ogni collaborazione militare o scientifica con Israele, la cessazione di ogni aiuto economico alla Chiesa ortodossa (e la relativa fine di tutte le attività di sostegno ai poveri). La ricerca di una partership privilegiata con il nemico di sempre, la Turchia di Erdogan. Forse questo è il prezzo da pagare per raccogliere il consenso delle file più isteriche e malate della sinistra radicale, ma che in una situazione così disperata ci si perda dietro a proclami che grondano solo ideologia non fa sperare niente di buono.
Su Israele stendiamo un velo pietoso, merita l’embargo come qualunque altro Stato che commette crimini contro l’umanità..
Aiuto economico alla chiesa ortodossaaaaa????
Ahahaah…. gli ortodossi quei tizi vestiti da carnevale, glielo do io l’aiuto economico… si si…
se vogliono guadagnare dei soldi devono andare A LAVORAREEE… devono SGOBBARE, alzarsi presto e andare al lavoro con la METRO o con i treni da pendolari…
ehh bella la vita eh?
si alzano quando volgiono , mangiano all’infinito
tutti agghindati come il mago Otelma
serviti e riveriti senza FARE NIENTE tutto il giorno…
si meritano solo i calci in der posto …
FORZA TSIPRAASSSS la profezia di Shiva101 si avvererà presto!!
Ah veni’, come al solito sei su un binario morto…..ah ah ah
Inizia tu ad andare a lavorare invece di elaborare minchiate.
Lavorare? Cos’è, quella cosa che tu sistematicamente non fai dato che leggo le scemenze che scrivi su questo sito a tutte le ore del giorno e della notte?
Questa unione Europea non mi piace, è diventata un leviatano che stà divorando i propri figli e la Germania sta restaurando il quarto Reich perchè ha capito che per conquistare non ci vogliono i fucili, basta prendere i portafogli.
Io non sono comunista ma Tsipras certamente rappresenta una novità positiva in questa palude europea, vedremo come andra a finire ma, qualcuno incomincia a muoversi per smuovere il leviatano.
La mitica genialata populista di non pagare i debiti serve solo a far vincere le elezioni prima di gettare un paese nel caos: cinicamente vorrei che Tsipras vincesse alla grande in modo da far vedere ai populisti di casa nostra – ma soprattuto a noi italiani – come di distrugge l’economia di un paese
In effetti fra la mistica shivaita antieuropeista e la pecoreccia subordinazione esiste una media via che non è affatto facile individuare.
Serve una dose di Provvidenza, per chi ci crede.
però sulla restituzione dei marmi del partenone e del pagamento dei danni dell’occupazione tedesca hanno ragione.
Rischia di guadagnare giustizia sociale, di diventare libera, civile, di ridurre il divario di classe…
di diventare forte!
A rischiare veramente siete tutti voi schiavi delle lobby e delle caste politiche e religiose.. schiavi della vostro materialismo e della vostra ignoranza ed egoismo.
Siete su un binario morto: una profezia del Dio vero, Shiva101, che aleggia sulle vostre teste.
Shiva101 (ver. Paolo Venisi 1.0) ….l’economista
Spari minchiate in tutti i campi dello scibile umano.
Sulla tua testa dovrebbe aleggiare un gavettone …d’acqua….per ora.
Credo che un cattolico non debba avere paura, quando è sensato farlo, di tifare persino per un compagno.
L’Unione europea è stata costruita attorno ad una moneta i cui valori avvantaggiano chiaramente la Germania, come di recente sempre più spesso si legge, sia pur con un filo di imbarazzo, sui quotidiani economici (imbarazzo perché un bravo maggiordomo non deve alzare troppo la voce).
Credo non sia un caso che l’UE, la cui sudditanza nei riguardi degli USA sfiora il suicidio (v. il caso Ucraina, ad es.), a giudizio degli USA dovesse nascere avendo come centro forte e Paese egemone la Germania.
Lo ricorda, fra gli altri Brzezinski, mentore di Obama e geostratega di fama mondiale.
E se non è un caso, difficilmente è un caso che l’euro sia divenuto una manna per i tedeschi (che peraltro, stando a fonti interne a quello stesso Paese versano comunque in difficoltà).
La Germania, poi, se ne approfitta della leadership per aggiungere ai benefici monetari ottenuti l’imposizione di politiche di austerità che la avvantaggiano ulteriormente, mentre penalizzano il resto d’Europa.
E’ paradossale, ma vero: lo Stato più forte, quello che meno avrebbe bisogno degli altri (sino ad un certo punto, comunque…) aggiunge alle proprie risorse una quota importante di rendite parassitarie ai danni degli altri Paesi dell’UE.
La Germania un enerome parassita: sembra un ossimoro, ma non lo è.
Non ha torto, qualcuno, quando parla del IV Reich…
Forse non è del tutto errato accettare di farsi del male una volta per tutte, piuttosto che subire uno stillicidio interminabile di sevizie e di torture nel lager euroamericano.
Magari è azzardato auspicare che sia un bene che vinca tuot court lo Tsipras innovatore.
Però è forse altrettanto azzardato auspicare che l’innovatore accetti di farsi imbalsamare.
Siamo nel letame e chi non risica non rosica.
Forza Peppone, che Dio ti illumini.
domandati perché sulle autostrade italiane corrono a frotte le AUDI, BMW, Mercedes e VW, e le auto del gruppo FIAT le comprano, mediamente, i poveri…
magari scoprite che rimanere sotto a questa europeetta è esattamnte il contrario del principio di sussidiarietà che tanto amate?