I comunicati laconici, i sorrisi, le strette di mano davanti alle telecamere nascondono spesso gli alterchi e i battibecchi delle sale chiuse. Quello che raccontiamo risale al 24 aprile, ma è stato rivelato solo pochi giorni fa da Le Monde. Il quotidiano francese ha infatti pubblicato alcuni dettagli dell’incontro (definito «positivo» all’uscita) a Damasco tra il presidente siriano Bashar el Assad e Ban Ki-moon. Dettagli che lasciano sconcertati circa il tono che alcuni capi di Stato – ma è meglio chiamarli dittatori – adoperano persino con i loro illustri ospiti. Il Libano ha ovviamente occupato il nocciolo della conversazione. Il segretario generale delle Nazioni Unite ha evocato il «ruolo importante» che deve giocare la Siria per favorire la concordia tra libanesi. E la risposta di Assad non si è fatta attendere. «Il Libano – ha detto – ha conosciuto il periodo più pacifico della sua storia quando vi si trovavano le forze siriane, dal 1976 al 2005. Allora il Libano era stabile, ma ora vi regna una grande instabilità». Instabilità che, ha aggiunto Assad, «crescerà qualora il tribunale internazionale dovesse essere istituito. Ciò potrebbe facilmente scatenare un conflitto che degenererà in guerra civile, e provocherà divisioni tra sunniti e sciiti dal Mediterraneo fino al Mar Caspio». Tutto questo finimondo per un tribunale che dovrà giudicare gli assassini del premier libanese Rafik Hariri? E ora, dato che il 30 maggio il tribunale è stato effettivamente approvato dall’Onu, come non vedere l’ombra della Siria dietro gli scontri interminabili tra i “qaedisti” del campo palestinese di Nahr al Bared e l’esercito libanese? E, infine, riuscirà la Siria a stare al riparo da una guerra che si estenderà dal Mediterraneo al Mar Caspio? [email protected]
45 “apostati” davanti alla corte suprema
Egitto verso la libertà religiosa?
Primo importante passo verso il riconoscimento della libertà religiosa in Egitto. La Corte suprema amministrativa ha accettato di esaminare l’appello di 45 cristiani copti convertiti all’islam che chiedono il diritto di tornare alla loro originaria religione e di poterlo iscrivere ufficialmente sulla carta d’identità. La loro richiesta era stata respinta nell’aprile scorso da una Corte amministrativa di livello inferiore. Il presidente della Corte Essam Eddin Abdel-Aziz ha stabilito che una commissione esamini il ricorso. La sua decisione è stata criticata da altri magistrati che sostengono che la sentenza dell’aprile scorso era correttamente basata sui princìpi della sharia. Nella sentenza precedente i querelanti erano definiti come autori di una “manipolazione” per essere passati da una religione all’altra.