Il teorema della mucca pazza, ops, volevo dire della mucca nuova: dopo un certo tempo, il toro, stufo di quella “vecchia”, vuole una mucca nuova. Ad applicarlo agli esseri umani è la simpatica Jane, interpretata da Ashley Judd, nel film Qualcuno come te, uscito recentemente e tratto dal romanzo di Laura Zigman Il teorema della mucca nuova. La giovane Jane si innamora di Ray, che all’inizio la ricambia, anche se sta vivendo un fidanzamento di tre anni. Tra i due scoppia una fulminante passione. Chiusa la precedente relazione, Ray comincia però ad adottare la strategia della fuga, finché non si tira indietro del tutto dal rapporto con Jane. Lei, delusa e amareggiata, elabora la teoria della mucca nuova. Succede sempre così: un uomo dopo un po’ si stufa ed è quasi costretto dalla sua natura ad andare in cerca di un “mucca” nuova. D’altronde, secondo i suoi studi, solo il 5% dei maschi è monogamo! Ma nel film succederà qualcosa che smentirà le idee di Jane e mostrerà invece che tutti sono alla ricerca di qualcosa che duri per la quale però, forse, bisogna essere disposti a giocarsi tutto. La commedia ha il merito di fotografare un universo che non sembra così lontano dalla realtà. Secondo una recente ricerca del Censis sui giovani da 15 a 30 anni, se il 67,6% si sente appagato dalla propria situazione sentimentale, più del 60% pensa comunque di potersi innamorare di nuovo nei prossimi cinque anni. E la percentuale di chi lo pensa è alta anche fra coloro che sono fidanzati e fidanzati conviventi (rispettivamente il 59,6% e il 46,5%). Dati, questi, che riflettono una tendenza a vivere solo nell’immediatezza.
E Montanelli si stupì
Eppure si sa bene che la ricerca di qualcosa che duri e che vada oltre ciò che si consuma in brevi attimi, è propria dell’essere umano. Ma è come se per evitare di soffrire un po’ nello scegliere di costruire con una persona, si preferisca cercare di vivere sentendosi liberi, ogni giorno, di poter cambiare. «Ma è proprio questo, credo, che i giovani cercano e vogliono in un mondo dell’effimero come quello in cui noi li abbiamo fatti nascere: qualcosa che non abbia tempo perché è eterno, e che gli offra alcunché di stabile su cui posare e riposare i piedi». Queste parole le scriveva sul Corriere della Sera, il 17 agosto del 2000, il laico Indro Montanelli di fronte alle migliaia di giovani giunti a Roma per l’incontro con il Papa nella Giornata mondiale della gioventù. E aggiungeva: «Mi chiedo se questo raduno… non sia in realtà una rivolta, o almeno una protesta, contro un modo di vita dominato dall’ansia del nuovo, che a sera ha già reso decrepito tutto ciò che ha inventato al mattino». Forse la difficoltà a far durare un rapporto nel tempo è proprio quella di non sapere che significato dare alla routine, al soffrire un po’ per l’altro, a stiragli i pantaloni anche se ti ha appena dato una rispostaccia. “Perché lo devo fare?”. E il problema non è di dovere, non è di moralismo, ma di estetica, di piacere. «Da quando ho memoria di me, io ti ho cercata. Mi era chiaro che tu esistevi, ma non sapevo dove», scrive Aleksandr a Thea in una delle sue appassionanti lettere d’amore nel il libro Il Minotauro di Benjamin Tammuz. La Kabalah ebriaca sostiene che «le anime umane vengono create a coppie e vengano in seguito fatte discendere separatamente in corpi di sesso diverso. «Una volta chiesero a Rabbi Akiva come D-o occupi il suo tempo. La risposta fu che D-o siede e fa incontrare le coppie», ricorda Nadav Crivelli in un articolo apparso sul sito Menorah. E questo sembra suggerire che esiste un destino che non è cieco né sordo. Come mostra, peraltro, anche la storia biblica di Tobia e Sara. «Eternità! Eternità! Questo è l’anelito; la sete di eternità è ciò che si chiama amore tra gli uomini e amare un altro è volersi eternare in lui. Ciò che non è eterno, non è reale», scriveva Miguel de Unamuno. Parole brucianti di verità.