La classifica delle economie nazionali in base al loro livello di competitività stilata annualmente dall’International Institute for Management Development (Imd) di Losanna è stata resa pubblica, nella sua edizione 2001, appena in tempo perché gli italiani fossero accompagnati alle urne dal seguente giudizio: nei cinque anni di governo del centro-sinistra l’Italia ha perso colpi sul piano della competitività economica. Nel 1996, infatti, il nostro paese compariva al 28° posto su 47 classificati, quest’anno risulta 32° su 49. Anche stavolta l’Italia è al penultimo posto fra i paesi della Unione europea (Ue): nel 2000 era seguita soltanto dalla Grecia; oggi il sorpasso dei greci ai nostri anni è alleviato dalla retrocessione alle nostre spalle dei portoghesi. Oltre che da gran parte dei paesi dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), l’Italia è attualmente preceduta da un bel manipolo di stati del Terzo mondo, cioè Taiwan, Cile, Corea del Sud, Malaysia e Brasile, e perfino da due paesi post-comunisti: Estonia e Ungheria! A questo punto l’Italia si trova all’ultimo posto del gruppo dei sedici paesi a tasso di competitività medio. Ancora un passo indietro, e finirà fra i paesi a basso tasso di competitività, un gruppo che si chiude coi nomi di Polonia, Venezuela ed Indonesia. L’Imd sottolinea che «la competitività è legata sempre di più al potere intellettuale. Sta crescendo di intensità una guerra fra le nazioni per attirare i migliori cervelli». Per l’Italia significa un altro campanello di allarme che risuona, considerata la scarsezza degli investimenti pubblici e privati in Ricerca e Innovazione tecnologica (cfr. il numero scorso a p. 18, “Lombardia locomotrice d’Italia”), che da anni produce fuga di cervelli italiani all’estero.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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Emanuele Boffi