
«La Chiesa è ancora troppo eurocentrica»

«Molti hanno criticato papa Francesco per aver scelto cardinali provenienti da Chiese piccole, in paesi dove i cristiani sono minoranza. Ma l’esperienza di questi fedeli ha tanto da insegnare a una Chiesa che è ancora troppo europea». È la prima volta che il cardinale Joseph Coutts, arcivescovo metropolita emerito di Karachi, Pakistan, partecipa a un Conclave. È uno dei 20 cardinali elettori provenienti dall’Asia e il secondo nella storia del suo paese.
Strenuo difensore della libertà religiosa e dei cristiani perseguitati, da sempre promotore di un dialogo interreligioso basato più sulla vita comune che sui discorsi, viene da un paese, il Pakistan, dove i cristiani rappresentano appena l’1,37 per cento della popolazione e i cattolici sono un piccolo gregge di poco più di due milioni di persone su 240 milioni di abitanti a stragrande maggioranza musulmani.
Alla vigilia del Conclave più vario e globale della storia della Chiesa, con 135 cardinali (ma parteciperanno in 133) provenienti da 71 paesi diversi, Coutts sottolinea la difficoltà e l’importanza di scegliere un pontefice che abbia a cuore e sappia curare l’unità della Chiesa nelle sue molteplici espressioni. «Non dobbiamo mai dimenticare», dichiara a Tempi, «che Cristo è uno, la Chiesa è una e la fede è una. Ma il modo in cui viene espressa può essere diverso».
Eminenza, con quale criterio dovrebbe essere scelto il prossimo papa?
Non ce n’è uno solo: sono importanti la profondità della sua fede, le sue qualità personali, la sua capacità di gestire il governo della Chiesa, il suo paese d’origine. Sono tutti punti fondamentali. Non solo perché le responsabilità di un papa sono enormi, ma anche perché, da un punto di vista puramente laico, la Chiesa è ormai una organizzazione mondiale che deve affrontare molteplici sfide.
Quali sono le principali?
È difficile, se non impossibile, fare un elenco esaustivo. La Chiesa include persone di culture completamente diverse tra loro, che a volte convivono in uno stesso paese. Di ritorno dal viaggio apostolico in Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor Est e Singapore, Francesco ha detto: «Nel pensare alla Chiesa siamo ancora troppo eurocentrici, o, come si dice, occidentali. In realtà, la Chiesa è molto più grande di Roma e dell’Europa».
La Chiesa però è una.
Certamente, ma si esprime in modo diverso secondo le esigenze del tempo. Pensiamo al Concilio Vaticano II, che ha permesso di utilizzare le lingue locali nella liturgia al posto del latino. Quanti si sono lamentati – come se Gesù parlasse latino! –, invece è stato un cambiamento fondamentale.
Il Conclave che si apre domani riflette molto bene le diverse anime della Chiesa. Forse troppo?
Molti hanno criticato papa Francesco per aver scelto cardinali provenienti da Chiese piccole, in paesi dove i cristiani sono minoranza. Tradizionalmente si dà per scontato che grandi città occidentali come Londra, New York, Parigi, Milano debbano avere cardinali. Ma papa Francesco si è reso conto di quanto le piccole comunità di paesi lontani da Roma abbiano sofferto per mantenere la fede in contesti spesso ostili. In alcuni paesi appartenere alla Chiesa può essere causa di sofferenze ed è giusto riconoscerlo. Papa Francesco nominando cardinali da paesi lontani ha riconosciuto l’importanza per la Chiesa della sofferenza di questi fedeli.

Lei parla per esperienza: viene dal Pakistan, dove i cristiani sono una piccola minoranza.
Il nome formale del mio paese è Repubblica islamica del Pakistan. Il 95 per cento della popolazione è musulmana. Noi spesso dobbiamo affrontare sfide più grandi rispetto ai fedeli che vivono in paesi dove i cristiani costituiscono la maggioranza.
Come evidenziato da altri cardinali nei giorni scorsi, l’Occidente sta vivendo un «vuoto dell’anima» e con la fede sta perdendo «anche la ragione». Come si fa a risvegliarle entrambe?
Questa è una buona domanda ed è sicuramente un problema molto importante che la Chiesa deve affrontare: l’Occidente è affetto dalla dittatura del relativismo, che sta crescendo ormai in tutto il mondo e non risparmia nessuna religione. Penso al tema degli omosessuali: i governi occidentali accettano il matrimonio gay e così anche molti fedeli omosessuali si chiedono perché la Chiesa non può fare lo stesso. In un paese islamico come il Pakistan è più semplice perché tutti sono d’accordo che una relazione omosessuale si può chiamare partnership, magari, ma non sarà mai equivalente al matrimonio. In un ambiente secolarizzato questo discorso è molto più difficile e per la Chiesa rappresenta una sfida maggiore. Ma in un mondo che cambia a velocità impressionante e dove ogni decade è diversa dalla precedente ci sono anche altri temi molto importanti.
Ci faccia un esempio.
Penso a come papa Francesco ha preso sul serio il pericolo rappresentato dal cambiamento climatico. Ci sono popolazioni che soffrono molto per questo problema e lui, nella Laudato Si’, ha parlato dell’importanza di prenderci cura della nostra casa comune che Dio ci ha donato. E ha parlato non solo ai cristiani, ma si è rivolto a tutte le persone di buona volontà. C’è chi ha soldi e risorse e pensa di poter consumare senza criterio, distruggendo l’ambiente. Questa sfida è completamente nuova per tutti noi.
Chiunque verrà eletto come prossimo papa avrà un compito difficilissimo.
Ed è proprio per questo che dobbiamo invocare lo Spirito Santo perché ci illumini. E chiedo a tutti i cristiani in questi giorni di pregare, non solo per me ma per tutti i cardinali, perché possiamo lasciarci guidare da Dio.
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