Come sarebbe andata a finire in Sicilia l’aveva capito solo lui: Totò Cuffaro
«NON AVREI SAPUTO CHI VOTARE». Nell’intervista per la trasmissione di Michele Santoro andata in onda ieri su La 7, Cuffaro ha esordito spiegando il perché, a suo avviso, si sia consumata un’astensione del 53 per cento. «Oltre il 53 per cento dei siciliani non ha votato: non si è riconosciuto in un’idea. perché, più che un’idea abbiamo visto alleanze che potessero consentire di vincere. Ringrazio di aver avuto l’interdizione dai pubblici uffici, così non ho potuto votare e mi sono tolto dall’imbarazzo, perché avrei avuto difficoltà a scegliere tra questi presidenti».
Del neo presidente, Cuffaro ha detto: «Crocetta ha vinto, quindi nulla da dire su questo. Credo abbia vinto prendendo un quarto dei voti che ho preso io, 1 milione e 900 mila voti». Poi ha tirato una stoccata ai vecchi amici: «Di amici eletti ce ne sono in tutte le liste, compresa quella di Grillo. Assicuro che c’è gente che ha militato a fianco a me: e per quanto riguarda quello che ha detto Crocetta sull’Udc che lo ha sostenuto: i miei amici non è che li aveva nelle liste dell’Udc, ma li aveva addirittura nel listino».
Cuffaro non crede molto alla “rivoluzione” siciliana. «Grillo ha cominciato adesso, diamo tempo anche a chi è stato eletto in Sicilia tra i grillini di misurarsi con la realtà siciliana. E per dare un giudizio se anche loro vivranno, purtroppo, di questa condizione che la politica siciliana ti offre, non solo di collusione con la mafia ma anche con altre cose, diamoci appuntamento di qui a qualche anno».
L’intervista a Santoro si chiude con una replica di Cuffaro alla cattiveria di Grillo: «Credo che il carcere sia un posto che non ti priva soltanto della libertà, ma soprattutto del respiro lungo della vita. Ci manca il fiato, il carcere te lo spezza. Grillo, che di fiato ne ha tanto, qui dentro rischierebbe di vederselo spezzato, quindi io non gli auguro questa “beauty farm”».
RIFAREI TUTTO. Il tema del carcere è al centro della bella intervista rilasciata al Foglio, che per il resto si apre, a un giorno dalle elezioni siciliane, con una previsione azzeccata. «Molti non andranno a votare, molti sceglieranno la protesta, molti non sanno come votare». Da dietro le sbarre di Rebibbia, infatti, Cuffaro fiuta nei siciliani uno smarrimento simile al suo. Sull’alleanza tra Lombardo e Gianfranco Micciché dice: «Non riesco a capire cosa li tenga insieme, è la risposta opposta a quella che avrebbero dovuto dare. Pur se non condivido, perché non sono i miei valori, meglio allora, Orlando e Vendola e Di Pietro, e di là il Pdl che sta con l’ex missino Nello Musumeci, pur se c’è stata una forzatura sulla persona, un rappresentante troppo spostato a destra». Spiega Cuffaro che il Pdl siciliano ha sempre dovuto scegliersi un candidato “esterno”, anche se «più che al papa straniero, questa volta siamo al papa nero».
Con quest’intervista molto intima, Cuffaro ripercorre anche le vicende di “tradimenti” e di “odi” umani che hanno accompagnato la sua avventura politica: «Di Lombardo accetto il tradimento politico, quello va messo in conto, ma quello che proprio mi ha ferito è il fattore umano, il tradimento dell’amicizia. Mi sono sforzato per capire, e non ho capito». Aggiunge: «Ho fatto mille errori, per i tanti errori fatti meriterei di pagare, ma come dice Alfieri nel “Saul”, sol chi non fa non fa uno sbaglio. Io rispetto le sentenze della magistratura sino all’ultimo giorno. Ma vedete, giusta o sbagliata che sia, una cosa è certa: che io culturalmente, prima ancora che politicamente, non ho voluto favorire la mafia». Se potesse, tornerebbe a fare politica come l’ha sempre fatta: «Con l’abbraccio, il bacio. Salvo tutto. Ma non potrò votare, né farmi votare. Quando uscirò, farò l’agricoltore».
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