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In Arabia Saudita Xi Jinping fa la prima mossa della nuova Guerra Fredda

La regione con quattro grandi esportatori di petrolio al mondo e il primo esportatore di Gnl si unisce alla seconda economia del mondo e primo esportatore di pannelli solari. La sfida a Usa e Ue è lanciata

Amedeo Lascaris
12/12/2022 - 5:56
Esteri
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Mohammed bin Salman saluta Xi Jinping al suo arrivo al palazzo reale di Riad (foto Ansa)

Se la nuova Guerra Fredda è già cominciata e vede come parti in causa Cina e Stati Uniti, Pechino ha già “rubato” a Washington quelli che erano i suoi storici alleati nella vera Guerra Fredda contro l’Unione Sovietica durata dal 1947 fino al 1991, ovvero le monarchie del Golfo. La visita di tre giorni di Xi Jinping in Arabia Saudita non è stata altro che la conferma, per molti versi inquietante, di una situazione ormai chiara da tempo, da molto prima dell’invasione russa dell’Ucraina.

La preoccupante sintonia tra Cina e Arabia Saudita

Per capire la sfida vera lanciata da Pechino ai suoi avversari (Stati Uniti ed Europa) dal deserto saudita, ricoperto per l’occasione da un tappeto rosso, occorre ricordare, citando una frase ripetuta da molti analisti, che l’Unione sovietica era una mostruosa macchina militare e una potenza economica in difficoltà, mentre la Cina è una mostruosa macchina economica che sta diventando una grande potenza militare. 

La sintonia emersa dalla missione di Xi in Arabia Saudita è stata tale da dover fare alzare non poche antenne tra i paesi occidentali, soprattutto se a partire da febbraio da Washington a Bruxelles si cerca di combattere una battaglia – oltre che a sostegno dell’Ucraina – anche sulle risorse energetiche del futuro. La portata di quanto avvenuto a Riad è chiara: la regione con quattro dei primi 10 esportatori di petrolio al mondo (Arabia Saudita, Iraq, Emirati e Kuwait) e il primo esportatore di Gnl (Qatar) si unisce con la seconda economia del mondo, il primo esportatore di pannelli solari e il produttore del 60 per cento delle terre rare estratte. 

Xi ha cancellato l’incontro di Riad voluto da Trump

I dati del vertice bilaterale Arabia Saudita-Cina parlano da soli: dodici accordi a livello governativo, nove accordi tra governo e aziende private e venticinque accordi tra compagnie private in settori strategici tra cui energia, telecomunicazioni, infrastrutture, cooperazione industriale, investimenti. Inoltre, nella tre giorni Xi non ha solo incontrato la leadership saudita, tra cui il principe ereditario e primo ministro Mohammed bin Salman, ma anche i leader degli altri Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo – Bahrain, Emirati, Kuwait, Oman e Qatar – e i capi di Stato e di governo dei Paesi arabi, tra cui il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi. In un solo colpo, il leader cinese ha cancellato lo storico incontro di Riad del maggio 2017 organizzato dall’allora presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. 

L’accordo più significativo, per quel che concerne il rapporto di entrambi Cina e Arabia Saudita con gli Stati Uniti, è il memorandum d’intesa tra Huawei e il ministro delle Comunicazioni saudita per stabilire una connessione Internet mobile a 10 Gbps e una struttura di cloud computing nel regno: uno schiaffo di Riad a Washington, soprattutto dopo che gli Stati Uniti si sono opposti all’espansione di Huawei nella regione e hanno recentemente avvertito che alcuni settori dei rapporti con la Cina potrebbero influenzare la cooperazione tra Stati Uniti e Paesi arabi.

L’accordo su veicoli elettrici e petrolio

Altro accordo importante è quello tra il produttore cinese di veicoli elettrici Enovate Motors e la holding saudita Sumou per realizzare una fabbrica per la produzione di veicoli elettrici in Arabia Saudita con una capacità di 100.000 auto all’anno. Sullo sviluppo delle rinnovabili l’operatore saudita in rapidissima espansione, Saudi Acwa Power, ha firmato invece ben nove protocolli d’intesa con entità cinesi che gettano le basi per il finanziamento, gli investimenti e la costruzione di progetti di energia rinnovabile in Arabia Saudita e nei Paesi della Belt and Road Initiative.

 Pechino però guarda al breve periodo e mira anzitutto a rafforzare la capacità di raffinazione con l’aiuto di Riad. A impensierire Washington e Bruxelles, soprattutto alla luce della crisi del diesel nel 2023, dovrebbe essere il memorandum d’intesa firmato dalla compagnia saudita Aramco – l’azienda più grande al mondo con una delle sue sedi principali a Houston, in Texas – e Shandong Energy che include un potenziale accordo di fornitura di greggio e un accordo di prelievo di prodotti chimici, oltre a esplorare la collaborazione sulla raffinazione integrata (la trasformazione diretta da greggio a prodotti petrolchimici in un solo impianto) e sui prodotti petrolchimici in Cina.

Il ruolo di Aramco nell’accordo tra Cina e Riad

Il memorandum lega a doppia mandata i rapporti, già strettissimi, tra Riad e Pechino nell’ambito della raffinazione di prodotti petroliferi tanto da poter consentire alla Cina di aumentare le esportazioni di carburanti, oli combustibili e altri raffinati. Pechino vanta infatti la seconda capacità di raffinazione al mondo dopo gli Stati Uniti: 16.726 milioni di barili, pari al 16,3 per cento della capacità di raffinazione globale.

Aramco all’inizio del 2022 ha preso la decisione finale d’investimento per costruire una raffineria e un complesso petrolchimico da 10 miliardi di dollari nel nord-est della Cina, segnando il suo più grande investimento singolo nella seconda economia più grande del mondo. Il progetto, che dovrebbe essere operativo nel 2024, combina una raffineria da 300.000 barili al giorno e un impianto di etilene da 1,5 milioni di tonnellate all’anno, con Aramco pronta a fornire fino a 210.000 barili al giorno di greggio.

Yuan al posto dei dollari nelle transazioni petrolifere

Sempre sul petrolio vi è infine un punto particolarmente significativo, emerso non dagli accordi, ma dal discorso di Xi Jinping durante il vertice Cina-Golfo, e riguarda il progetto di soppiantare il dollaro con lo yuan nelle transazioni petrolifere: «La Cina continuerà a importare grandi quantità di petrolio greggio dai Paesi del Ccg, a espandere le importazioni di gas naturale liquefatto (Gnl), a rafforzare la cooperazione nello sviluppo di petrolio e gas a monte, nei servizi di ingegneria, nello stoccaggio, nel trasporto e nella raffinazione e a sfruttare appieno la Borsa del petrolio e del gas di Shanghai come piattaforma per effettuare operazioni in yuan nell’ambito del commercio di petrolio e gas». 

Con questa mossa, da tempo usata dall’Arabia Saudita come ricatto nei confronti degli Stati Uniti, Xi, con l’aiuto dell’erede al trono Mohammed bin Salman potrebbe realmente mutare, non sul piano militare, ma economico, l’architettura economica basata sulla “vecchia” Guerra Fredda.

Tags: arabia sauditaauto elettricheCinapetrolioUSAxi jinping
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