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Ci voleva una lesbica per ricordare che da due uomini non nasce un bambino

«Ciò che era indisponibile, cioè l’essere umano che non è una merce, il venire al mondo che non può essere comprato perché è indisponibile, questo viene manomesso»

Luigi Amicone
28/02/2019 - 18:34
Politica
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Articolo tratto dal numero di Tempi di febbraio 2019.

C’è voluto un po’ di tempo, ma finalmente abbiamo tra le mani il verbale della prima (12 dicembre 2018) di due sedute nelle quali la commissione numero 1 (“Affari istituzionali, città metropolitana e municipalità”) e la numero 16 (“Innovazione, trasparenza, agenda digitale, stato civile”) del Consiglio comunale di Milano si sono riunite per approfondire, valutare, discernere l’opportunità/legittimità o meno di iscrivere all’anagrafe come entrambi “padri” due cittadini andati in California ad acquisire due gemelline per tramite contratto e “utero in affitto” (la lingua di legno parla di “gestazione per altri”, Gpa, o, più tecnicamente, di “maternità surrogata”).

Nella scorsa rubrica abbiamo inoltre dato conto di come: A) in data 28 dicembre 2018, dopo che (6 novembre) il tribunale di Milano aveva respinto la «soluzione di compromesso» (sic!) di trascrivere gli atti di nascita con l’indicazione del solo genitore biologico, i richiedenti avessero comunque ottenuto di essere trascritti all’anagrafe come entrambi «padri»; B) in che modo alla nostra richiesta di delucidazioni (tipo: «ma allora cosa ci siamo riuniti a fare in commissioni congiunte e con esperti provenienti anche da fuori Milano?») ci venisse risposto, da parte di sindaco, assessore e funzionari comunali, con richiami alla legge, tipo: «Ci siamo limitati ad osservare un obbligo di legge, un giudice ce lo ha ordinato». Nota bene: A e B succedono in Italia, paese nel quale l’“utero in affitto” è fuorilegge.

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Ora, il verbale mi permette di proporre ai lettori un intervento in commissione che ritengo molto interessante. E direi anche “cruciale” nell’approccio alla questione che ritenevamo in discussione. Ma che, nel frattempo, come sovente accade nel nostro paese dallo stato di diritto molto smarrito, sembra abbia provveduto a dirimere non una legge del Parlamento eletto dal popolo ma l’atto d’imperio di un singolo giudice. Atto subìto passivamente dall’organizzazione burocratica di un ente di rango costituzionale. E, prima di esso, subìto senza fiatare dalla maggioranza politica (Pd) che governa il comune di Milano.

«Buongiorno, sono Cristina Gramolini e sono la presidente nazionale di Arcilesbica. Faccio qualche osservazione, non sono una giurista, voglio attenermi all’ordine del giorno, che è quello se il Comune debba o non debba e come debba trascrivere un atto di nascita. Io ho colto che si è detto da più parti, anche negli interventi che mi hanno preceduto, che c’è una valutazione morale che non deve entrare in gioco quando si decide amministrativamente se recepire o non recepire un certificato, e io questo lo comprendo, sono di cultura laica. Tuttavia la laicità qui mi è sembrata declinata in termini che non riconosco e vi segnalo le mie impressioni. Se ho capito bene, sembra che essere laici sia diventato non giudicare un processo, un rapporto sociale, un fenomeno, ma andare a vedere l’ultimo atto. Nell’ultimo atto si dice: “Ormai le cose sono fatte e che cosa ci resta da fare se non registrarle”? Io ho un’altra formazione su quella che è la laicità. Qui siamo davanti a un fenomeno che crea, ex nihilo, un nuovo modo di venire al mondo, di essere registrati negli Stati Uniti, in Ucraina e a Milano. Questo nuovo modo di venire al mondo delinea niente meno che un cambio di civiltà, perché ciò che era indisponibile, cioè l’essere umano che non è una merce, il venire al mondo che non può essere comprato perché è indisponibile non perché lo dico io, ma è nella giurisprudenza di tutto il mondo, questo viene manomesso. Questo presupposto viene manomesso. Perché quando si viene al mondo con la Gpa, qualunque siano i committenti, siano essi un uomo o una donna, due donne o due uomini, di fatto si viene al mondo appunto su commissione e dentro un processo contrattuale che invece doveva riguardare soltanto le merci o i servizi. Allora, dicevo, c’è un cambio di civiltà, qualcuna delle donne diventa corpo di servizio per favorire la nascita. (…) Si dice che questi discorsi non sono competenza del Comune di Milano. Però questa è la cornice delle cose di cui stiamo parlando, non una bazzecola, non è come emettere una multa… di questo stiamo parlando, allora si dica le competenze del Comune di Milano quali sono. Non è competenza parlare di questi argomenti ma i committenti della Gpa, se il Comune di Milano dovesse dar loro torto, si rivolgerebbero ad un’istanza superiore, e se l’istanza superiore dà loro torto, questi vanno alla Cedu, alla Commissione europea per i diritti dell’uomo. E se anche quella dovesse dare loro contro, un domani loro fanno la politica del fatto compiuto, ci mettono davanti un neonato e dicono: “Adesso non avrai mica il coraggio giuridico o umano di spogliarlo di qualche diritto?”. Di questo stiamo parlando. Noi diciamo davanti al fatto compiuto che c’è un neonato “obtorto collo” e davanti a persone che hanno violato la legge deliberatamente, programmando di mettere in difficoltà le amministrazioni, vogliamo fare delle considerazioni di tipo solidaristico. Certamente siamo solidali con i neonati, ma dobbiamo inquadrare nel contesto e in che modo sono qua. Voglio dire, bisogna entrare nel merito. Essere pragmatici, essere laici, non può significare nascondere che c’è un nuovo rapporto sociale che viene imposto alle istituzioni di questo paese. Viene imposto! Allora ci si dice : “Noi siamo solo degli amministratori e non siamo il Parlamento”… Allora io vi voglio dire questo, spero di non offendere, non è mia intenzione, alcune parole che ho sentito mi hanno ricordato delle affermazioni brutte di chi davanti a delle responsabilità politiche ha detto “io ho solo eseguito gli ordini”». 

Intervento e rumori fuori microfono. Cristina Gramolini: «Riformulo, non è “ho solo eseguito gli ordini” ma “devo applicare la legge”. È un po’ la stessa cosa. È applicare la legge quando la legge è dubbia. Quando c’è nel nostro paese un divieto. Quando c’è questo contesto di aggiramento di frode alla legge. Dunque, potrebbe anche essere un altro l’approccio per applicare la legge. Che è quello di chiedere al parlamento un’indicazione invece che trascrivere automaticamente. Io mi rivolgo a voi che amministrate questa città: non potete essere né parlamentari né depositari della filosofia morale ma potete, e vi chiedo di farlo, chiedere alle istituzioni politiche di questo paese prima di procedere. Perché sennò si spendono soldi inutilmente. Perché sennò il bambino ha un “periodo finestra” dove ha un genitore solo (ma quante donne ci sono che sono madri single e che hanno un genitore solo?). Allora voi potreste, io ve lo chiedo, rivolgervi al parlamento di questo paese e chiedere come dovete comportarvi invece che rendere automatica la trascrizione, perché rendendola automatica c’è un effetto, che è quello di legittimare tutta la prassi come nuovo diritto e come nuove forme di famiglia, mentre quello che implicano è altro. Concludo: non si nasce perché qualcuno ci ha concepiti nel senso filosofico del termine, non si nasce dalla testa di Giove, si nasce perché un corpo femminile con una fecondazione conduce una gestazione, una gravidanza e un parto. Non esiste la nascita, neanche da due donne che fanno fare un figlio a una terza. Il figlio non nasce nel concetto, nasce nel corpo».

Tags: arcilesbica
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