Può, ricorso della sua avversaria al ballottaggio permettendo, un candidato che a una settimana dal voto per il primo turno delle elezioni presidenziali era accreditato del 4 per cento dei voti, ritrovarsi due mesi e una settimana dopo capo dello Stato votato dal 50,23 per cento degli elettori del secondo turno? Sì, se il paese è il Perù e se il candidato è un personaggio che fa impazzire gli analisti politici occidentali, ma che riflette piuttosto fedelmente il punto di vista predominante fra le popolazioni indigene delle Ande.
Pedro Castillo è esponente di Perù Libre, partito marxista-leninista-mariateguista (da José Carlos Mariategui, il Gramsci peruviano morto nel 1930) che alle elezioni parlamentari del gennaio 2020 aveva raccolto appena il 3,4 per cento dei voti; ma è anche un conservatore sociale contrario alla legalizzazione dell’aborto e del matrimonio fra persone dello stesso sesso, all’inserimento della prospettiva di genere nei curricola scolastici, e favorevole al pugno duro non solo contro la corruzione politico-amministrativa ma anche contro la criminalità comune, che considera collegata a fenomeni di immigrazione incontrollata.
Chi è Castillo
Come ha fatto un ircocervo di questo genere a conquistare la più alta magistratura del paese? Prima della sua cavalcata elettorale Pedro Castillo era conosciuto come il dirigente di un sindacato della scuola che nel 2017 aveva animato un interminabile sciopero (dal 15 giugno al 2 settembre) dei maestri e delle maestre che dal sud del paese era risalito al nord, lasciando per quasi 80 giorni senza lezioni 3 milioni e mezzo di studenti, e che aveva costretto il governo a concessioni salariali e organizzative.
Il suo personaggio aveva preso forma in quei giorni: terzo di nove fratelli di un villaggio della provincia di Chota, nella regione settentrionale della Cajamarca (quella dove Francisco Pizzarro sconfisse, fece prigioniero e infine fece uccidere l’imperatore inca Atahualpa), nonostante un master in Psicologia educativa, da 24 anni insegnava in una scuola elementare indigena e si spostava esclusivamente a cavallo, la testa protetta dal sombrero bianco caratteristico della regione.
Il ministro degli Interni del tempo cercò di denigrarlo accusandolo di aver fatto parte al Movedef, l’organizzazione politica fiancheggiatrice dei terroristi maoisti di Sendero Luminoso, accusa alla quale Castillo ha reagito rivendicando la sua partecipazione giovanile alle “ronde campesine”, organizzazioni paramilitari che negli anni Ottanta proteggevano le comunità locali dalla delinquenza e dalle infiltrazioni senderiste.
Non più poveri in Perù
Il programma politico con cui Castillo si è presentato al voto, introdotto dal suggestivo slogan “no más pobres en un país rico“ (non più poveri in un paese ricco) è tipicamente di sinistra radicale: esso propone di convocare un’assemblea costituente per approvare una nuova Costituzione che attribuisca maggiori compiti allo Stato in economia. Esso dovrebbe essere «interventista, pianificatore, innovatore, imprenditore e ridistributore», per poter realizzare la transizione alla «economia popolare con mercati» che dovrebbe sostituire l’economia di mercato capitalistica.
Nel contesto della riforma della Costituzione la Corte costituzionale dovrà essere “disattivata” e poi dotata di nuovi rappresentanti eletti direttamente dai cittadini. Inoltre verrà rinegoziata la ripartizione dei profitti con le imprese minerarie straniere, e se non si arriverà a un accordo si potranno avere delle nazionalizzazioni di imprese che «non intendano accettare le nuove condizioni». La quota del Pil destinata all’educazione dovrà passare dal 3,5 al 10 per cento e anche quella per l’agricoltura dovrà essere sensibilmente aumentata.
La rivale Keiko Fujimori
Castillo non ha spiegato come farà a realizzare queste riforme, ma ciò non è bastato a rendere possibile la vittoria della sua rivale al ballottaggio, Keiko Fujimori, figlia del populista di destra Alberto Fujimori che guidò il Perù dal 1980 al 1990 e ora è in carcere a scontare una condanna a 25 anni per violenze e violazioni dei diritti umani commesse dalle forze dell’ordine sotto il suo governo nella lotta contro Sendero Luminoso.
La stessa Keiko è in libertà su cauzione, imputata in un processo per riciclaggio. Ha avuto i voti della capitale e della costa, le regioni economicamente più sviluppate del paese, mentre il sud e il nord andino, regioni storicamente svantaggiate e abitate da popolazione indigena, hanno votato massicciamente per Castillo.
Inizialmente costui aveva avuto parole di sostegno per il Venezuela di Nicolas Maduro, da lui giudicato un paese democratico dove l’opposizione può esprimersi nel Congresso. Successivamente Castillo ha marcato le distanze da Maduro, e ha dichiarato che tutti gli stranieri che commettono reati in Perù saranno espulsi dal paese: un tacito riferimento al milione di venezuelani emigrati in Perù a causa del collasso economico del Venezuela, spesso indicati come i responsabili di un aumento dei tassi di criminalità nel paese.
Cattolico e devoto a Maria
Sposato con una cristiana evangelica, Pedro Castillo non nasconde la sua fede cattolica e cita apertamente passi biblici per giustificare la sua opposizione all’aborto, al matrimonio fra persone dello stesso sesso e all’eutanasia.
Per un certo periodo si è avvicinato alla Chiesa evangelica del Nazareno, frequentata dai familiari della moglie, prima di tornare pienamente alla Chiesa cattolica. È un devoto della Virgen de los Dolores che viene celebrata nella festa di Anguia, nella stessa provincia di Chota di cui è originario.
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