Nelle ore in cui il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano deve decidere se affidare al leader del Pd, Pier Luigi Bersani, un mandato pieno oppure esplorativo per formare un nuovo governo, molti sono i nodi da sciogliere e le incognite da considerare. A pesare, soprattutto, è la decisione, che spetta proprio a Bersani: aprire il Pd ad un’alleanza con Grillo, che però lui rifiuta, oppure optare per un governo di larghe intese con il Pdl del nemico politico di una vita, Silvio Berlusconi. Un’ipotesi, questa, che continua a rimanere indigesta all’elettorato di centrosinistra; ma che, secondo Peppino Caldarola, storica penna di sinistra e già direttore de l’Unità, è quella di cui l’Italia ha davvero bisogno. «È la soluzione più responsabile». Altrimenti, «meglio votare».
Caldarola, ce la faranno Bersani e il suo Pd a mettere in piedi un governo? Se sì, con chi?
È presto per dirlo, anche perché non sappiamo ancora se Bersani riceverà da Napolitano un incarico pieno o solamente esplorativo. Sulle possibili alleanze, invece, almeno stando a quanto detto ieri dal segretario del Pd, emerge una posizione contraddittoria: Bersani, infatti, ha detto che intende rivolgersi a tutto il parlamento, escludendo, però, che le sue proposte possano far breccia nel centrodestra. Insomma, Bersani non si augura affatto che il centrodestra lo sostenga. Ma così non gli resta altro che l’alleanza con il Movimento cinque stelle; alleanza che, però, Grillo ha escluso.
L’elettorato di centrosinistra, dal canto suo, continua a preferire Grillo a Berlusconi. Cosa succederà?
Bersani sta prendendo tempo per presentare un governo con nomi di alto profilo e un programma che possano essere attraenti anche per i grillini. È una tattica, questa, che mira a recuperare consensi tra l’elettorato del Movimento cinque stelle nell’ipotesi in cui si dovesse tornare alle urne. Ma i voti di Grillo non sono, per così dire, “in libera uscita”, perché chi l’ha votato ha espresso un rifiuto netto dell’attuale mondo politico. Scegliere di seguire questa tattica, per quanto mi riguarda, è abbastanza discutibile, anche perché solleva grandi dubbi all’interno del partito. Ad ogni modo, credo che difficilmente porterà alla formazione di un governo.
E se questo tentativo di Bersani dovesse fallire?
È facile immaginare che, se il tentativo di Bersani dovesse andare male, il presidente della Repubblica potrebbe affidare l’incarico di formare un nuovo governo al presidente del Senato Pietro Grasso. In questo caso, la novità più significativa sarebbe rappresentata dalla disponibilità del centrodestra a formare un governo con un premier eletto nelle fila del Pd ma con una linea opposta a quella di Bersani. Conferme, in questo senso, possono essere trovate nel fatto che i grillini hanno già espresso la loro contrarietà all’ipotesi e nell’attacco di Marco Travaglio a Grasso.
Che clima si respira all’interno del Pd?
La situazione nel Pd è quella della quiete prima della tempesta: tutti, per spirito di partito, lasciano a Bersani il tempo di fare il suo tentativo. Ma se il segretario dovesse fallire, come tutto lascia immaginare, credo che andremo in contro a una divaricazione tra i sostenitori del governo tecnico guidato da Grasso, da un lato, e i sostenitori del voto subito, dall’altro. Una prima spaccatura a cui potrebbero, poi, seguire ulteriori divisioni, come, per esempio, tra i promotori del voto subito, quella tra chi sta ancora con Bersani e chi, invece, pensa che sia giunto il momento di scommettere su Matteo Renzi.
Nel Pdl, invece, che aria tira?
Il Pdl sta giocando di rimessa e ha recuperato chance che prima non aveva. All’interno del partito, infatti, da un lato, sono pronti a fare un governo di unità nazionale fin da subito; ma, dall’altro, se il Pd dovesse fallire, c’è la consapevolezza che si troverebbero in una posizione elettoralmente migliore rispetto solo a due mesi fa: nel Pdl, infatti, potrebbero sia accusare Bersani di essersi opposto al governo di unità nazionale, essendone loro, invece, i promotori, sia, se il presidente della Repubblica eletto dovesse essere riconducibile all’area Pd, dire all’elettorato di centrodestra che il Pd, con meno del 30 per cento, ha preso tutte le cariche dello stato. Una doppia carta non di poco valore.
Ma l’Italia cosa chiede?
Il Paese ha bisogno di un governo. Come ci ricorda la vicenda di Cipro, infatti, siamo di fronte a una bufera finanziaria che, ormai, lambisce le nostre coste. E io credo che un governo che possa fare affidamento su di una larga maggioranza sia la soluzione più responsabile, potendo anche assorbire la protesta della gente e allontanando il timore che i grillini possano crescere in numero. Certamente si eviterebbero più temibili pericoli.
Altrimenti?
Meglio votare.