
La preghiera del mattino
Prima Berlusconi, poi Salvini, ora Meloni: perché ogni santa volta è “pericolo fascista”

Sul Sussidiario Giulio Sapelli scrive: «L’Italia sta in mezzo alla faglia del conflitto che si scarica nel canale di Sicilia tra i due passaggi cruciali dell’accerchiamento possibile – Suez e Gibilterra – e i mari interni Nero e di Azov da cui principia – unitamente alla faglia che inizia in Libia e in Siria – il percorso verso l’India. Un percorso che è sempre stato decisivo nel cammino di potenza nel contesto delle relazioni internazionali. Un contesto in cui la capacità egemonica e quindi spirituale è decisiva. Senza egemonia si cade nel dominio e quindi si concepiscono le relazioni internazionali solo come relazioni di potenza tra le nazioni – di fatto mascherate da un multilateralismo di facciata appesantito da istituzioni internazionali sempre più frammentate e prive di potere. Basta riflettere sugli ultimi anni dell’Onu a partire dalla guerra contro l’Iraq e dalle invasioni russe in Georgia e Ucraina dell’ultimo ventennio. Bisognerebbe cioè riuscire a fare di tutto un bilancio senza isterismi e approssimazioni. Per l’Italia sarebbe essenziale. Ne va del futuro dello stesso cosiddetto Piano Mattei. Per realizzarlo c’è bisogno che le tante “afriche” siano quanto più possibile protagoniste in prima persona delle nuove relazioni internazionali che si debbono costruire, pena l’accumularsi di nuove illusioni e di nuove tragedie».
Ex fascisti seriamente scriteriati come Ignazio La Russa (un politico di lungo corso come lui dovrebbe decidere se fare il presidente del Senato o il provocatore) eccitano con le loro sbalestrate dichiarazioni i nostri “antifascisti su Marte”, tutti concentrati a polemizzare, talvolta peraltro con qualche ragione, su un passato che al momento non può tornare (nonostante non vada abbassata la vigilanza contro comportamenti prepotenti, sciovinisti, autoritari, omofobi o razzisti). Mentre in realtà l’Italia dovrebbe fare i conti con uno scenario internazionale, come spiega Sapelli, particolarmente inquietante che pone con urgenza una questione del tutto diversa da quella del “ritorno” del fascismo.
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Su Affaritaliani si scrive: «Come racconta il Fatto, dall’inizio dell’invasione di Putin, “Tarquinio e Avvenire si sono distinti per la linea editoriale integralmente pacifista e contro l’invio di armi in Ucraina. Dopo 14 anni di gestione, il cambio di direzione era considerato quasi fisiologico, Tarquinio continuerà l’impegno a fianco dei movimenti pacifisti, ma nella sua redazione c’è chi non esclude ambizioni politiche, sottolineando i buoni rapporti con Giuseppe Conte e con Michele Santoro”, spiega il Fatto quotidiano».
Ecco una notizia che spiega qual è il problema reale che si trova a dover affrontare l’Italia. La prospettiva di una dittatura controrivoluzionaria non appare in alcun modo attuale, anche perché nessuno può pensare o tanto meno far credere che Elly Schlein sia un Lenin che prepara una rivoluzione. Non impossibile invece è il consolidarsi di una potente lobby filocinese che unisca un sentimento più o meno pacifista e multilateralista di larghi ambienti cattolici (apertamente impegnati in accordi con Pechino) a interessi economici articolati anche con sponde europee, il tutto coperto dal qualunquismo grillino e da vecchi umori di paleocomunisti sia pure in disarmo. Ecco una lobby che può condizionare la direzione politica nazionale. È su questo rischio che andrebbe concentrata l’attenzione di chi ha ancora sufficientemente spirito critico per resistere all’imperante dittatura delle banalità più svianti.
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Su Fanpage Annalisa Girardi scrive: «Il quarto articolo, invece, è quello riguardante il reato di apologia del fascismo. Si introduce quindi una nuova fattispecie di reato per punire chi esalta esponenti o metodi legati al fascismo.
Art. 4. Apologia del fascismo
Chiunque, fuori del caso preveduto dall’art. 1, pubblicamente esalta esponenti, principii, fatti o metodi del fascismo oppure le finalità antidemocratiche proprie del partito fascista è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a lire 500.000. La pena è aumentata se il fatto è commesso col mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione o di propaganda. La condanna importa la privazione dei diritti indicati nell’art. 28, comma secondo, n. 1, del Codice penale per un periodo di cinque anni».
Fanpage spiega bene ai vari La Russa come la Costituzione fornisca un quadro giuridico per sciogliere le eventuali formazioni politiche che si propongano di ricostruire il partito fascista e dunque la nostra Carta fondamentale è “dichiaratamente” antifascista. Quello che il vivace sito citato non spiega, però, è perché la legge Scelba del ’52 non venne applicata al Msi. Una delle cause di questo esito fu la scelta di diversi soggetti, innanzi tutto del Partito comunista, ma anche di ambienti cattolici progressisti che non volevano essere schiacciati a destra, e poi soprattutto di settori dell’establishment istituzionale ed economico sin dalla fine dell’Ottocento e dall’inizio del Novecento (allora contro cattolici e socialisti) si è impegnato a ostacolare la contendibilità reale del potere politico che sarebbe nata dall’aprire lo Stato a nuove grandi forze culturali, sociali e politiche. Oggi questa tendenza a limitare la base democratica dello Stato (tendenza appunto che accompagna la nostra storia post unitaria) è concentrata nel contrastare la nascita di un partito conservatore che poi determinerebbe nel medio periodo la formazione di un vero partito socialdemocratico di tipo europeo e quindi una vera dialettica democratica, perché si preferisce tentare di mantenere una direzione del nostro Stato “dall’alto e dal fuori” comoda per le fragili élite italiane e per i poderosi sistemi d’influenza straniera che operano in Italia. E così uno dopo l’altro Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e ora Giorgia Meloni diventano “il pericolo fascista”.
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Su L’Occidentale Francesca Di Rocco scrive: «Quagliariello, in qualità di storico, ha ricordato la figura di Franco Roccella, fondatore dell’Unione goliardica italiana. Quest’ultima si forma in seno alle università italiane all’indomani del Ventennio, caratterizzato da una preponderante componente dissacrante e fortemente antifascista. Nata ufficialmente nel 1946 e discioltasi con i movimenti studenteschi del 1968, divenne fucina d’intellettuali destinati alla classe dirigente del paese. Craxi, Cossiga, Bodrato, Occhetto, solo per citarne alcuni. Rivestì inoltre un’importanza apicale nella formazione del Partito radicale, nel quale militarono sia Eugenia Roccella che Gaetano Quagliariello. L’intervento di Stefano Fassina ha apportato al dibattito un contributo diverso, quello di una voce il cui posizionamento politico e ideologico è antitetico rispetto a quello espresso da Eugenia Roccella. Fassina ha infatti ricordato la qualità delle personalità espresse dal Partito radicale e l’impatto culturale che questo ha avuto sul paese. Ma anche le numerose battaglie portate avanti da Marco Pannella, Sergio Stanziani, Lino Iannuzzi e, ovviamente, Franco Roccella. Fassina ha sottolineato l’importanza storica di questo romanzo, che ha ripercorso i passi di un personaggio politico lungamente ignorato e che ha restituito alla memoria delle vicende importanti per il nostro paese. Inoltre, afferma l’ex ministro, il Partito radicale può intitolarsi il merito di aver anticipato la prima forma di partito personale, oggi così attuale».
Mentre siamo afflitti dai tanti alfieri della banalità ad ogni costo, capaci solo di recitare formule scontate e non meditate tipo quelle sull’attualità del pericolo “fascista”, incapaci di leggere l’adesione senza se e senza ma di una Giorgia Meloni alla democrazia liberale fondata in Italia sulla nostra Costituzione, ecco gli esempi di un intellettuale raffinato prestato alla politica come Gaetano Quagliariello, di una persona dall’estrema onestà intellettuale – che non gli impedisce di schierarsi su posizioni radicalmente di sinistra – come Stefano Fassina, e di un’altra intellettuale di qualità, eletta nelle liste di Fratelli d’Italia e ministro del governo Meloni, Eugenia Rocella, che dialogano con intelligenza e senza faziosità sulle radici della politica italiana cresciuta nella Prima Repubblica e trasformatasi (tra mille difficoltà) nella Seconda.
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