Berlusconi ineleggibile. Continua la campagna di Repubblica con il contributo «casuale» di M5S, Pd, Sel, Idv e procure
Oggi dalle colonne di Repubblica si riaffaccia lo scenario di una possibile prossima dichiarazione di ineleggibilità per Silvio Berlusconi. L’ipotesi, concepita, accarezzata, coltivata e portata avanti con apprezzabile coordinazione da un ampio fronte di milizie antiberluscones che parte dal gruppo editoriale di Carlo De Benedetti e arriva fino ai grillini passando per una bella fetta del Pd, era già stata anticipata qualche giorno fa sul quotidiano di largo Fochetti sempre dalla penna di Liana Milella. Che aveva spiegato come «il tam tam di palazzo» sulla possibile espulsione definitiva del Cavaliere dalla vita pubblica si stia facendo sempre più forte, soprattutto da quando un paio di sentenze, giunte proprio adesso, guarda caso, hanno direttamente o indirettamente riconosciuto che Berlusconi avrebbe mantenuto un ruolo decisionale nelle imprese di famiglia anche dopo l’ingresso in politica. In base alla legge 361 del 1957 sulla ineleggibilità dei detentori di concessioni pubbliche – è questa l’arma brandita dai miliziani anti-Sivlio – l’ex premier non avrebbe dunque diritto a sedere in Parlamento.
«SOLO COINCIDENZE». Ebbene oggi Milella torna a occuparsi del tema perché la serie di «brutte coincidenze» che rendono plausibile l’ineleggibilità del Cavaliere si starebbe infittendo. «Nulla di pianificato ovviamente, solo un caso», sottolinea la giornalista nella prima riga dell’articolo, esibendosi forse inconsapevolmente in una excusatio non petita che la dice lunga sull’accidentalità degli eventi. Ma quali sono queste «brutte coincidenze»? Eccole: 1) il 19 giugno la Consulta si riunisce in camera di consiglio per decidere sul conflitto di attribuzione tra palazzo Chigi e i giudici di Milano sul caso Mediaset; 2) il 24 giugno è atteso il verdetto del tribunale di Milano sul caso Ruby (e qui «gli avvocati danno per scontata la condanna» dell’ex premier, scrive Milella); 3) il 26 giugno, poi, ci sarà il redde rationem, poiché quel giorno «prenderà il via al Senato, nella giunta per le elezioni ed autorizzazioni, il caso dell’anno, quello dell’ineleggibilità di Silvio Berlusconi». Una notizia, quest’ultima, che Milella dà come «ancora sconosciuta» ma che Repubblica da parte sua conosce invece molto bene, visto che tutto questo casualissimo «tam tam» è partito proprio da una rivista dello stesso gruppo editoriale.
RICORSI DAL MOLISE. Dopo aver rassicurato i lettori sul fatto che Dario Stefàno, il neo presidente vendoliano della giunta del Senato che dovrà esprimersi sul Cavaliere, nonostante i tentativi di temporeggiare da parte del Pdl «sembra proprio intenzionato a non farsi frapporre ostacoli», e che grazie a lui «i casi di ineleggibilità saranno affrontati per primi, tra questi è prioritario quello di Berlusconi», è la stessa Milella a ricordare nell’articolo come le richieste di ineleggibilità per il leader del centrodestra, depositate in giunta a fine marzo di quest’anno, «concretizzano il famoso appello della rivista Micromega», stesso gruppo editoriale di Repubblica, appunto. L’appello, il cui primo firmatario è «Vittorio Cimiotta, che conduce questa battaglia dal 1996», è stato «sottoscritto da 250 mila persone». Ma non finisce qui. Informa Repubblica: «Nella segreteria della giunta si contano nove ricorsi, tutti provenienti dal Molise, dal collegio alla fine scelto da Berlusconi tra i tanti in cui si era candidato. Lì nove cittadini elettori hanno indirizzato una lettera al presidente del Senato e alla giunta per le autorizzazioni per mettere in evidenza che, sulla base della legge 361 del 1957, il Cavaliere non è eleggibile e deve tornarsene a casa».
NOVE CITTADINI A CASO. E chi sono questi «nove cittadini elettori» del Molise che un giorno, per caso, hanno deciso di chiedere al Parlamento di esprimersi sull’eleggibilità di Berlusconi (per la sesta volta in realtà, visto che negli ultimi vent’anni Berlusconi è stato dichiarato eleggibilissimo per ben cinque volte)? Ecco chi sono: «Iulia ed Elisabetta Iemma, Cristiano Di Pietro, Simona Contucci, Giuseppe Iuliani, Cristiano Marollo, Giuseppe Caterina, Gianni Tenaglia, Antonio D’Aulerio». Sarebbe appena il caso di evidenziare che almeno sette su queste nove persone fanno parte dell’Italia dei Valori e almeno uno di loro è discendente diretto di Antonio Di Pietro, essendone il figlio. Repubblica però, tu guarda il caso, si dimentica di scriverlo. Del resto non è che si può star lì a sindacare su tutte le «brutte coincidenze».
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