“Quet’anno il 25 aprile arriva a febbraio, arriva settimana prossima”. Lo ha detto ieri Umberto Ambrosoli alla manifestazione del centrosinistra a Milano, sul palco assieme a Pier Luigi Bersani, Nichi Vendola, Giuliano Pisapia, Bruno Tabacci e Romano Prodi. Sotto al palco hanno sventolato bandiere rosse, soprattutto quelle del Pd e di Sel.
Ambrosoli ha accettato di rispondere a qualche domanda di tempi.it, in merito ad alcuni punti del suo programma di candidato governatore alla Regione Lombardia. Una candidatura che si pone in forte discontinuità con quella di Roberto Formigoni e che, al di là dei giri di parole sul “merito”, mira a stravolgere certi strumenti dell’amministrazione uscente in campo sanitario e educativo (il buono scuola). Ambrosoli, ovviamente, usa parole più caute e calibrate: “Bisogna stravolgere – dice a tempi.it – ogni genere di ruolo altrimenti non sarebbe un rinnovamento. Per farlo è necessario garantire il merito delle persone. A questo sistema occorre trasparenza: bisogna seguire iter stabiliti per le specifiche assunzioni e individuare chi davvero ha il merito per ricoprire certi ruoli”.
Seguendo i nuovi criteri del merito, azzererà i vertici della sanità lombarda nominati da Roberto Formigoni?
Tutti quello che ricoprono ruoli dirigenziali e non hanno meriti devono essere mandati via. E vista la criticità di certe ipotesi d’accusa che pendono su alcuni di essi, il rinnovamento dovrà essere ampio.
Promette ai suoi elettori di non far nomine partitiche?
Come diciamo sempre, questo sistema non va. Le inchieste sono campanelli d’allarme che destano preoccupazione. Il centrosinistra terrà conto del merito, altrimenti rifarebbe lo stesso errore delle precedenti amministrazioni.
Buono scuola: lei sostiene che occorre riequilibrarlo, tenendo maggiormente da conto chi manda i figli alla scuola statale. Sostiene che l’erogazione del buono sia da effettuare in base al merito. Cosa significa?
Il sistema è composto, complicato. Nell’assegnazione rispetto a chi manda il figlio alla scuola pubblica e chi alla paritaria, la legge va nella direzione di agevolare la scelta di chi opta per la scuola paritaria. È un problema semplice se parliamo della scuola d’infanzia. Siamo tutti d’accordo. Le strutture sono poche. Ma se parliamo delle superiori, per esempio, dove l’offerta è molto ampia, il discorso è diverso. Non che la legge non debba esserci anche per quelle. Ma chi guadagna tanto non deve godere privilegi in più rispetto a chi non ne ha nessuno. I privilegi di chi ha un reddito che gli permette di pagare le scuole paritarie senza problemi devono essere eliminati. Serve quindi una misura reddituale che tenga conto del reddito e del numero dei figli, per garantire la scelta a chi ha di meno.
Questo però già avviene. In altre occasioni lei parla di un’assegnazione del buono scuola in base al merito. L’obiezione che alcune associazioni le fanno è che lei voglia trasformare uno strumento per la libertà di scelta educativa in una borsa di studio come altre.
La parte meritocratica sarà incrementata. Ovviamente il merito è uno dei canali di accesso, non li esaurisce. La scelta dei più meritevoli e di chi non può permettersi una vera libertà di scelta sono due condizioni complementari. È chiaro che se vogliamo, possiamo ampliare i soggetti che possono richiedere il buono. Una rimodulazione in questo senso andrebbe fatta. Mia madre, per esempio, se fosse stato solo per il merito (ho fatto le paritarie a Domodossola e a Milano) non avrebbe potuto avere il buono.
Formazione professionale. Alcuni dei suoi consiglieri per il programma affermano che questo è un settore dove ci potrebbe essere il pericolo di un’esclusione sociale per i più poveri. Cosa andrebbe fatto?
Le scuole professionali devono essere rimesse a posto. Devono creare solo ed esclusivamente ciò che le nostre imprese vogliono. In alcuni casi è così, in altri no. Per capire come migliorare questo settore occorrono sistemi di valutazione che operino correttamente.
Dell’ampia coalizione di centrosinistra a suo sostegno, oltre a Pd, Sel e alla sua lista, fa parte anche l’Idv, il cui leader, Antonio Di Pietro è a livello nazionale avversario del Pd e accusa i suoi vertici di averlo silurato attraverso un documentario mandato in onda su Rai3. Crede che la sua giunta regionale, nel caso di un quadro politico nazionale incerto, sarebbe in grado di reggere le tensioni?
A livello regionale le controversie fra partiti non ci sono. A livello regionale, abbiamo un programma validato, fatto proprio dalla coalizione. Un patto civico sottoscritto da amministratori locali, esponenti del terzo settore e della società civile. Dovrà essere rispettato.
La sua coalizione è molto composita, sostenuta trasversalmente. Come conciliare i centristi che appoggiano la sinistra in Regione Lombardia e poi Monti a livello nazionale e, chi, come Marco Vitale, coordinatore del suo programma economico di governo, è aspro critico del “leaderismo” montiano e del “neoliberismo talebano” di cui Monti sarebbe un sobrio epigono?
Il professor Marco vitale ha un’esperienza enorme, trentennale, di economia e di aziende. Ha una personalità molto forte, è diretto e dice le cose che pensa. Sul documento prodotto dai nostri tecnici, coordinati da Vitale, che poi è alla base del nostro programma, c’è il consenso di tutte le parti della coalizione. Anche del Centro popolare lombardo, del quale alcuni sostenitori sono candidati di Monti per le elezioni nazionali.
Sul sito Allarme Milano, Speranza Milano, del cui comitato editoriale lei è membro, Vitale ha scritto articoli molto critici nei confronti di Comunione e Liberazione, accusata di essere una sorta di mafia, una setta, un’idrovora…
È risaputo che nella pubblica amministrazione ci sono casi giudiziari che coinvolgono soggetti di Comunione e Liberazione. Si tratta di alcune persone, certo. E nel movimento di Cl ci sono persone migliori e peggiori di altre. Per parte nostra, ci rendiamo conto che una parte dei soggetti di Cl che ha assunto responsabilità in regione è finita al centro di una serie di scandali e di sospetti da parte non solo dell’autorità giudiziaria ma anche dei media.
Pensa che Cl sia una setta, come sostiene anche Vitale?
Cl è un movimento. È stato l’assessore Bresciani, poco tempo fa, in relazione alla spartizione dei posti dirigenziali della regione a parlare di Cl come se fosse un centro di potere.
Però anche nel caso Kaleidos-Cl, dove sono sotto inchiesta quattro persone, l’autorità giudiziaria avrebbe fatto riferimento al movimento definendolo “centro di potere”. Gli arrestati, in questo caso, non ricoprivano alcuna carica pubblica.
Non conosco il caso. Come ho visto, con piacere, sulle lettere pubbliche di Carron, mi sembra che all’interno di Comunione e Liberazione si auspichi un momento di riflessione. Si fa autocritica. Stiamo parlando di un movimento nel quale, al di là del suo essere tale, forse, da parte di alcuni c’è stata una stortura. Se esiste la possibilità che questi abbiano commesso dei crimini occorre distanziarsi.
Da avvocato penalista. Cosa ne pensa dell’uso della carcerazione preventiva?
Non sono particolarmente favorevole alla carcerazione preventiva. Nel senso che ci vogliono i requisiti e devono essere rispettati. Però bisogna capire che il vero problema è il lasso temporale fra la carcerazione preventiva e il processo. Penso che dobbiamo interrogarci sul lungo tempo d’attesa che occorre in Italia a un presunto innocente per avere un giudizio immediato.
Crede che la situazione carceraria attuale e i moniti della Corte europea dei diritti umani dovrebbero portare il prossimo governo a concedere l’amnistia?
Né sì, né no. La situazione attuale non vuole una risposta del genere. Personalmente, non sono particolarmente d’accordo con l’amnistia. E se si sostiene che è solo l’amnistia che occorre, allora sono contrario. Penso che esistono strumenti alternativi. Sono d’accordo con quanto scritto da Gherardo Colombo sulla giustizia ripartiva, a cui credo fortemente. Sostengo i percorsi alternativi alla carcerazione.
Cosa ne pensa delle dimissioni del Papa?
Da cattolico sono molto colpito da questo gesto. Si vede la difficoltà di scelta del Papa dal punto di vista umano. Questa è la sua forza, che dimostra, con un ennesimo segno, la crucialità dell’attuale momento storico. È chiaro che c’è bisogno di una rigenerazione all’interno delle gerarchie ecclesiastiche.