Gerusalemme. L’orrore sta negli occhi dei bambini e dei loro genitori impotenti costretti, ancora una volta, ad una interminabile fuga senza meta.
L’orrore sta negli occhi dei familiari degli ostaggi che sanno che i loro cari, se ancora vivi, sono sotto le macerie, sottoposti alle sevizie descritte da quanti sono usciti da quell’inferno.
L’orrore sta negli occhi dei giovani soldati che avanzano tra le case di Gaza e vedono i miliziani farsi avanti all’improvviso, imbracciando mitra e lanciarazzi con una mano e stringendo al petto con l’altra bimbi di pochi mesi. L’orrore di chi ha pochi istanti per decidere se sparare o farsi ammazzare. «Una scelta che non auguro a nessuno», dice Kfir, un giovane ufficiale appena tornato dopo due mesi a Gaza. «Uccidere un bambino dietro al quale si nasconde un uomo che non esiterà a spararti o cercare di evitare il colpo mortale? Non è solo uccidere o essere uccisi, ma uccidere un bimbo che potrebbe essere mio figlio o non tornare mai più a casa ...
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