«Alawiti alla tomba, cristiani a Beirut». La prima denuncia arriva da Repubblica

Di Renato Farina
05 Agosto 2012
Bisogna rendere onore al giornale di Ezio Mauro. Sin dagli inizi della rivolta in Siria ha scritto che i cristiani correvano pericoli. E le atrocità non erano prerogativa di Assad.

Pubblichiamo la rubrica di Renato Farina “Boris Godunov” dal numero 32-33/2012 di Tempi, in edicola da giovedì 9 agosto.

Boris Godunov si complimenta con lo zar suo successore a Mosca, Vladimir Putin. L’unico tra i grandi che si oppone al pensiero unico sulla Siria: Assad cattivo – ribelli buoni. I civili morti sono stati addossati tutti sul conto del governo baathista, le stragi pure. Putin ha provato a dire che c’è qualcosa di torbido in questa presunta trasparenza di giudizio. È un po’ come per Saddam Hussein. Certo, era un criminale. Ma non si libera un popolo senza controllare a chi lo si consegna, magari uno peggio. In Iraq è andata così. I cristiani sono dovuti fuggire in massa da Baghdad, dove costituivano una comunità con 50 parrocchie, scuole, chiese. Intanto gli sciiti erano oppressi. Ma non è stato un buon lavoro trasferire di fatto il potere dal laico Saddam ai fondamentalisti nelle due versioni: quella di Muqtada al Sadr (filo-Iran) e Al Qaeda. Oggi i cristiani cercano rifugio in Kurdistan. La gran parte però ha trovato ospitalità dai confratelli siriani, dove la comunità cristiana ha vissuto con un grado di libertà imparagonabile con altri paesi arabi, compreso l’Egitto. Fino a poco fa. Ora la minaccia viene dalla ribellione ad Assad, ben dotata di armi, denaro e soprattutto di quella arma di distruzione di massa delle coscienze che è la potenza mediatica. Arabia e Qatar, con le loro televisioni e i loro petrodollari, oltre che Stati Uniti e – ahimè Israele – hanno provveduto alla fornitura del pensiero unico, e chi si discosta, è un complice di assassini.

È capitato questo a una giornalista solitaria nei suoi reportage, Alix Van Buren. Scrive su Repubblica, a cui per una volta bisogna rendere onore. Sin dagli inizi della rivolta ha scritto che i cristiani correvano seri pericoli. E le atrocità non erano prerogativa esclusiva di Assad. Assad è un alawita, corrente islamica parente dello sciismo, avversata dai sunniti wahabiti (i fondamentalisti). Succede che in febbraio la gentaglia di Anonymous, hacker venduti alla causa del potere trionfante (in Italia è Grillo, infatti quando uno del gruppo ha osato trattare il comico come un bersaglio è stato scomunicato senza processo), che ti fa? Entra nelle mail di Repubblica e ruba le lettere tra Alix Van Buren e la portavoce di Assad, dove si scambiano carinerie. Scandalo, orrore. Gente che stimo, la quale aborre la violazione della riservatezza di lettere, stavolta diffonde questi messaggi, e chiede la soppressione della firma di Alix: che non scriva più sulla Siria. Per fortuna Ezio Mauro resiste. E così abbiamo potuto ancora leggere gli straordinari suoi reportage.

Boris ammirato trascrive alcune righe di quella che è la profezia di uno scempio: lo sterminio degli alawiti (12 per cento su 23 milioni di siriani) e la cacciata dei cristiani (il 10 per cento). «Agli occhi dei cristiani, però, la posta è “immensamente più alta: sta prendendo corpo il più cupo dei nostri presagi”, dice Tony, un avvocato, e per spiegarsi ripete a bassa voce lo slogan ascoltato in certe piazze siriane dall’inizio della rivolta: “‘Alawiya ’a tabut, Masihiyya ’a Beirut’. Sta per ‘gli alawiti alla tomba, i cristiani a Beirut’. Homs si è svuotata dei Masihiyya come in Iraq, e da Aleppo fuggono in decine di migliaia”. George, un antiquario, interviene: “Ascolti, noi eravamo qui ancor prima di San Paolo, quando Saul arrivò, già l’aspettava un vescovo”. S’è fatta l’ora dei vespri; lo scampanellio delle chiese torna a riempire il cielo, vivace e impertinente». Per quanto tempo? Lasceremo fare?

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