È previsto per maggio il voto di un quesito referendario per la legalizzazione del matrimonio fra persone dello stesso sesso in Irlanda. L’annuncio è stato dato martedì scorso dal primo ministro Enda Kenny (foto a fianco).
UNIONI CIVILI. Se il voto approverà l’abolizione della sezione della Costituzione dedicata alla famiglia, il governo poi presenterà una proposta di legge al Parlamento. Già dal 2011 nel Paese sono legali le unioni civili e in questi anni è maturato un consenso che, secondo i sondaggi, vede addirittura i due terzi dei votanti irlandesi favorevoli al cambiamento. Il premier, presentando il referendum, ha fatto leva sulla sua fede cattolica, spingendo sul tasto dell’inclusione.
«ASSE PORTANTE DELLA SOCIETÀ». La Conferenza episcopale irlandese non è dello stesso parere. In una dichiarazione pastorale presentata da due vescovi, Liam MacDaid e Kevin Doran, all’inizio del mese la Chiesa ha ribadito il suo insegnamento sul matrimonio e si è detta contraria al referendum. Chiarendo che non si tratta di una semplice legge, ha definito il voto un attentato «all’asse portante di ogni società». Le unioni fra persone dello stesso sesso sono poi definite dai vescovi come «una contraddizione in termini», perché il matrimonio per sua natura è «un impegno fra l’uomo e la donna per la trasmissione della vita».
VALORE DEL MATRIMONIO. A fianco del premier Kenny si è schierato anche il gruppo Lgbt “cattolico” Changing Attitude Ireland, che ha invitato i fedeli a disobbedire alla Chiesa: «Anche se i vescovi hanno espresso la loro opposizione, i cristiani possono ancora usare la propria libertà di coscienza per votare sì al matrimonio egualitario». I vescovi hanno risposto ribadendo che il cambiamento normativo non mira affatto «all’inclusione» e non ha nulla a che vedere con la «separazione fra il punto di vista religioso e il punto di vista civile sul matrimonio». Al contrario, c’è in gioco «l’essenza del matrimonio e l’importanza che la società dà al ruolo di madre e di padre nell’educazione dei figli».