L’Irlanda apre al matrimonio gay, attraverso un referendum che cadrà probabilmente nel 2015, se non addirittura già tra 12 mesi (più difficile). Dietro alla notizia che da ieri circola anche sulle agenzie di stampa italiane, c’è la prima vera presa di posizione del Premier irlandese Enda Kenny a favore delle unioni omosessuali: fino ad oggi il leader del Fine Gael non si era mai schierato per timore di agitare le acque interne al suo partito già torbide dopo il sostegno alla legge sull’aborto approvata a luglio. Ieri, invece, durante le celebrazioni del 25esimo anniversario del Dublin Business Innovation Center, il Taoiseach ha manifestato tutto il suo interesse a portare avanti la proposta del referendum, accogliendo i suggerimenti della Constitutional Convention, organismo preposto a vagliare ipotesi di cambiamenti costituzionali, come appunto può essere il “gay marriage”, che arriverebbe in un Paese dove già dal 2010 sono ammesse le unioni civili.
REFERENDUM FLOP. Il primo ministro sorride così a Eamon Gilmore, leader dei laburisti con cui regge la coalizione di Governo, che ieri, prima che Kenny parlasse, aveva ribadito l’invito fatto già in altre occasioni: l’Irlanda non può rimanere sorda di fronte ad una richiesta di diritti come quella che arriva dagli omosessuali, che chiedono appunto il riconoscimento delle loro unioni.
Le parole di Kenny voltano le spalle a diversi parlamentari del Fine Gael, il suo stesso partito, più freddi di fronte al tema. C’è chi ricorda come in Irlanda gli ultimi referendum siano stati accolti con scarso favore dalla gente, a partire da quello tenuto un mese fa sul Senato, in cui meno del quaranta percento degli aventi diritto si è presentato alle urne, riuscendo a bloccare l’eliminazione della costosa Camera Alta.
«PRIORITA’ AL LAVORO». L’obiezione più diffusa tra i dissidenti del Fine Gael è relativa all’importanza che si vuole conferire al tema: «La priorità del Governo dovrebbe essere concentrata sul lavoro e l’economia per i prossimi due anni», è il parere del parlamentare Patrick O’Donovan, che ricorda come solo in questi ultimi mesi il Paese stia respirando un po’ di ossigeno dopo aver fatto i conti con recessione e tasse alte a fronte della crisi finanziaria. Billy Timmins, invece, ricorda a Kenny di «imparare dai suoi errori», che lo hanno reso sempre più impopolare tra il suo elettorato con proposte troppo “liberal”: «Il matrimonio gay non è qualcosa di cui parliamo quotidianamente qui tra le colline di Wicklow (la contea dove Timmins è stato eletto, ndr), se ci dovesse essere un referendum, uscirebbe sconfitto. Molte persone sono stufe dei soliti temi portati avanti dalle solite voci liberal». L’unità all’interno del Fine Gael si è già incrinata lo scorso luglio quando in Parlamento si tenne il voto alla legge sull’aborto, e cinque parlamentari che votarono contro le indicazioni del leader Kenny furono esclusi dalla coalizione.