Tratto da corriere.it – Le forze miliari Usa da poco hanno cominciato a bombardare dei terroristi in Iraq, per prevenire un genocidio e proteggere il futuro delle minoranze. Santità, lei approva questo bombardamento americano Iraq?
«Grazie della domanda così precisa. In questi casi dove c’è una aggressione ingiusta, soltanto posso dire che è lecito fermare l’aggressore ingiusto». Papa Francesco parla a una settantina di giornalisti di tutto il mondo nel volo che lo riporta a Roma dalla Corea del Sud. Risponde a tutto e senza perifrasi, com’è sua abitudine. Chiaro che gli si chieda subito degli jihadisti dell’Isis. «Sottolineo il verbo: fermare. Non dico bombardare o fare la guerra. Dico: fermarlo. I mezzi con i quali si possono fermare dovranno essere valutati. Fermare l’aggressione ingiusto è lecito. Ma dobbiamo avere memoria, pure: quante volte, sotto questa scusa di fermare l’aggressore ingiusto, le potenze si sono impadronite dei popoli e hanno fatto una bella guerra di conquista? Una sola nazione non può giudicare come si ferma questo, come si ferma un aggressore ingiusto. Dopo la Seconda guerra mondiale, sono state create le Nazioni Unite, là si deve decidere: c’è un aggressore ingiusto, come lo fermiamo? Soltanto questo, niente di più. Secondo, le minoranze. Parlano dei poveri cristiani che soffrono; i martiri, è vero, ci sono tanti martiri… Ma qui ci sono uomini e donne, minoranze religiose non tutte cristiane e tutte sono uguale davanti a Dio. Fermare l’aggressore ingiusto è un diritto che l’umanità ha. Ma è anche un diritto che ha l’aggressore di essere fermato perché non faccia del male».
Andrà a pregare in Iraq o in Kurdistan?
«Io ho incontrato poco tempo fa il governatore del Kurdistan, lui aveva un pensiero molto chiaro sulla situazione, come trovare soluzioni, ma era prima dell’inizio di quest’ultima aggressione. Sono disponibile ad andare in Iraq e credo di poterlo dire: quando con i miei collaboratori abbiamo avuto notizia di questa situazione, delle minoranze religiose e anche il problema in quel momento del Kurdistan che non poteva accogliere così tanta gente, abbiamo pensato tante cose. Abbiamo scritto prima di tutto il comunicato che ha fatto padre Lombardi. Dopo, questo comunicato è stato inviato a tutte le nunziature perché fosse trasmesso ai governi. Poi abbiamo scritto al Segretario generale delle Nazioni Unite e abbiamo deciso di mandare là un mio inviato personale, il cardinale Filoni. Alla fine abbiamo detto che se fosse stato necessario, dopo il ritorno dalla Corea, potevo andare lì, era una delle possibilità. Questa è la mia risposta: sono disponibile! In questo momento non è la cosa migliore da fare, ma sono disposto a questo».
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Ma tornando ai martirii, alle sofferenze, a queste donne: questi sono i frutti della guerra. E oggi noi siamo in un mondo in guerra, dappertutto! Qualcuno mi diceva: lei sa, padre, che siamo nella Terza guerra mondiale, fatta a pezzi, a capitoli. E’ un mondo in guerra dove si fanno queste crudeltà. Vorrei fermarmi su due parole. La prima, crudeltà. Ora i bambini non contano! Una volta si parlava di una guerra convenzionale, ora questo non conta. Non dico che le guerre convenzionali siano cosa buona, no. Ma oggi va la bomba e ammazza l’innocente con il colpevole, il bambino con la donna, la mamma, ammazza tutti. Ma vogliamo fermarci a pensare un po’ al livello di crudeltà a cui siamo arrivati? E’ questo ci deve spaventare. Non è per fare paura. Il livello di crudeltà della umanità in questo momento è da spaventare un po’. L’altra parola è la tortura. Oggi la tortura è uno dei mezzi dire quasi ordinari nei comportamenti dei servizi di intelligence, dei processi giudiziari…E la tortura è un peccato contro l’umanità, un delitto contro umanità. E ai cattolici dico: torturare una persona è peccato mortale, è peccato grave. Ma è di più: è un peccato contro l’umanità. Crudeltà e tortura.