I mustachi di Joseph Bové assomigliano a quelli di Lech Walesa. Ma cosa ci rappresenta Bové? È un contadino francese, allevatore di pecore, che in questi mesi ha capeggiato una rivolta contro l’omologazione. Il 12 di agosto, con altri trecento, ha smantellato un cantiere dove si stava costruendo l’ennesimo ristorante McDonald’s. Ed è finito in galera. L’11 ottobre, a Parigi, 27 cuochi francesi sono stati arrestati durante una manifestazione anti-fisco. E un piccolo trafiletto, ancora, dava notizia di una straordinaria moria di pesci sulle coste francesi per via delle piogge sulle vigne dello Champagne. A guardare l’eco di queste tre notizie si capisce bene la differenza tra la nostra folkloristica cultura gastronomica e quella d’Oltralpe. In Italia, nei giorni scorsi, il Parlamento ha approvato una deroga all’applicazione di una legge, secondo cui certi prodotti tipici non potranno più essere esportati. E il Ministro della Sanità – è ribadito nel provvedimento – avrà la facoltà, in caso di pericolo per la salute umana, di ritirare dal mercato questi prodotti, quasi che i nostri formaggi e salami fossero merce pericolosa. O come se mucca pazza, i polli alla diossina, i problemi con Coca Cola, avessero origine nella campagne. In Italia la notizia della moria di pesci (che non si sono ubriacati, ma..) avrebbe occupato grandi spazi e la manifestazione dei cuochi sarebbe stata salutata con il sorriso. Deduzione: in Francia l’enogastronomia è una cosa seria, in Italia è un gioco. Anche se Diliberto e Marini si sfidano con bottiglie di vino e vince il grande Turriga di Argiolas (tel. 070/740606) di Diliberto, mentre D’Alema fa l’esperto a Porta a Porta dove, guarda caso, c’erano proprio quei vini da lui scelti per abbinare dei piatti cucinati in diretta, quasi fosse una dispensa alimentare.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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