«Bogdan Chazan non ha commesso alcun errore professionale», invocando l’obiezione di coscienza e rifiutandosi di far abortire una donna nel suo ospedale della Sacra Famiglia a Varsavia, Polonia. Dopo un anno di lavori, è questa la decisione presa dalla commissione di disciplina incaricata di verificare il comportamento dal punto di vista professionale del medico, che nel 2014 è finito su tutti i giornali.
RICHIESTA DI ABORTO. Tra i dottori più rinomati della Polonia e famoso per le sue posizioni a favore della vita, Chazan è stato denunciato da una donna che si era recata da lui per abortire. Il figlio, concepito con la fecondazione assistita, presentava gravi malformazioni, uno dei pochissimi casi in cui la legge polacca autorizza l’interruzione di gravidanza. Dopo che un altro ospedale si era rifiutato di farla abortire, la donna si era rivolta a Chazan.
LA PROPOSTA. Il dottore, ritenendo che con un intervento d’urgenza subito dopo il parto ci fosse qualche possibilità di salvare la vita al bambino, aveva promesso alla donna di seguire il suo caso prima, durante e dopo il parto. In seguito al rifiuto della donna, Chazan si era appellato all’obiezione di coscienza e non aveva voluto fornire il nome di un medico e di una struttura favorevoli all’aborto. La donna aveva infine partorito all’ospedale Bielanski. Il neonato è morto a pochi giorni dalla nascita.
OBIEZIONE DI COSCIENZA. In Polonia la Costituzione riconosce ai medici il diritto all’obiezione di coscienza ma li obbliga a consigliare alle richiedenti un medico disposto a praticare l’aborto. L’obbligo di riferire le donne a un medico abortista è una questione spinosa in Polonia ed è già stata oggetto di un ricorso al Tribunale costituzionale polacco da parte del Consiglio nazionale dei medici, che ne hanno chiesto l’abolizione.
IL LICENZIAMENTO. Per questo motivo, ad agosto il sindaco di Varsavia Hanna Gronkiewicz-Waltz aveva licenziato il medico, comminando all’ospedale della Sacra Famiglia una multa di 17 mila euro. Chazan aveva commentato così: «Questa è una misura punitiva e ingiusta, soprattutto se si considera che in Polonia la maggior parte dei medici non pratica aborti per ragioni morali. Sotto di me l’ospedale si è sviluppato e modernizzato, diventando uno tra i più popolari di Varsavia. Un ospedale in cui però io non voglio praticare aborti. Altrimenti al posto di Sacra Famiglia, dovremmo chiamarlo Felix Dzerzhinsky (membro polacco della polizia segreta sovietica, ndr)».
«RIVOGLIO IL MIO POSTO». Dopo un anno di indagini, colloqui e revisioni delle carte mediche, la commissione di disciplina ha dato ragione a Chazan. Il dottore ha dichiarato di aver «ritrovato fede nella giustizia». Ora però rivuole il suo posto da direttore: «Ho subìto una pena troppo pesante, irragionevole e ingiusta». Anche i pubblici ministeri, ai quali il caso è stato denunciato, hanno scagionato Chazan, visto che la vita e la salute della donna non sono stati danneggiati dall’impossibilità di abortire. Il comune di Varsavia però, facendo notare che Chazan non era solo un medico ma anche il direttore dell’ospedale, e quindi doveva far rispettare la legge, si è rifiutato di restituire il posto da direttore. La vicenda, dunque, resta aperta.
Foto Ansa