In un’intervista pubblicata oggi su Avvenire, il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi parla a tutto campo della situazione politica, della manovra di stabilità e delle frizioni all’interno del suo partito, il Popolo della libertà.
LA MANOVRA E LE PROTESTE. Secondo Lupi la manovra non rischi a uno stravolgimento: «Il governo ha fatto una proposta, ma ora non ha nessuna intenzione di ritirarsi dalle proprie responsabilità. Ascolteremo, rifletteremo, ma diremo anche con forza alla maggioranza qual è la strada da percorrere. Oggi non c’è uno che vince e uno che perde. Oggi c’è una sfida che impone un impegno corale per risollevare questo Paese ancora così malandato». Il messaggio è rivolto sia a Confindustria («teme porcate? Dico con chiarezza al mio amico Squinzi che il Parlamento non fa porcate, saprà sostenere questa legge di stabilità e migliorarla») sia a i sindacati («in un momento così complicato non serve uno sciopero»).
Il ministro difende l’operato dell’esecutivo, nega che siano state messe delle «clausole di salvaguardia» («Se dovessimo avviarle avremo perso la nostra partita e sarebbe giusto andare a casa») e ammette che «quattordici euro al mese sono pochi. Ma i soldi che abbiamo trovato non saranno distribuiti a pioggia. Era quello che si poteva fare e sarebbe stato sbagliato dire mettiamo 11 miliardi solo per il cuneo fiscale. Però nel 2014 possiamo accorpare le dodici mensilità e metterle nelle buste paga in un’unica tranche. Io sono strafavorevole e credo che il governo possa muoversi per questo obiettivo».
ALFANO NON E’ UN TRADITORE. Per quanto riguarda le fibrillazioni sul governo e all’interno del suo partito, Lupi dice che «la crisi di governo è una pagina chiusa, archiviata. Tre settimane fa si è votata una fiducia al governo Letta e con quel voto si è preso un impegno chiaro: attuare il programma e lavorare fino al marzo 2015. Solo in quel momento faremo una verifica insieme e tireremo le somme. È questa la strada e non c’è spazio per nuove tentazioni: non capirlo renderebbe soltanto deboli governo e Paese».
Difende Angelino Alfano dall’accusa di tradimento: «Non ha pugnalato alle spalle nessuno. Alfano (e con lui noi ministri del Pdl) ha evitato che Berlusconi commettesse un errore che lo avrebbe marginalizzato. Una crisi di governo sarebbe stata un tradimento alla nostra storia e avrebbe portato il Pdl su posizioni estremiste che non appartengono alla mia cultura politica, ma soprattutto a quella di Berlusconi. Lui è sceso in campo per unire i moderati e oggi quel progetto è più che mai attuale.
IL PPE CHE SOGNO. Per questo la prospettiva è la costruzione di un Ppe italiano, che è realizzabile solo «con un Pdl forte. Capace di declinare la sua alternatività alla sinistra. E di essere casa per sensibilità e identità diverse. Nel Ppe che sogno c’è la destra moderata, la Lega, un’area cattolica, la società civile… È questo il progetto, anzi è questa la sola strada possibile: è correre verso un bipolarismo maturo, depurato da cattiverie».
Quindi, secondo il ministro è «folle» una scissione del Pdl «sarebbe solo la sconfitta dell’area moderata e del progetto politico di Berlusconi. La nostra prima sfida è unire e allora via gli equivoci: l’obiettivo non è un centrino e nemmeno un centrone. Non è un partito con Casini e Mauro. È un Pdl dove possano trovare spazio sensibilità diverse». Anche a quelle di «Daniela Santanchè», che può essere un valore, ma quella sensibilità non può diventare la linea politica. Insisto sulla linea: non può essere quella estrema che si affaccia dietro certi attacchi al capo dello Stato. Ma questo è un rischio che non c’è: nel Pdl la linea della responsabilità e della moderazione è nettamente maggioranza».
BERLUSCONI E MONTI. Quindi alle prossime elezioni europee la sfida sarà tra Alfano e Renzi, «e vediamo come finisce. Alle europee abbiamo sempre candidato Berlusconi, spero che il presidente possa essere ancora in prima fila, ma se non c’è…». Appunto, siamo al nodo decadenza, che scatterà tra poco per Berlusconi. : «Per altri – dice Lupi – la legge Severino non sarebbe stata applicata. O comunque non sarebbe stata applicata così. Con Berlusconi si stanno usando metodi mai usati nella storia di questo Parlamento. Penso alla compressione dei tempi, alla sfrenata accelerazione della discussione, alla mancanza di qualsiasi approfondimento. Ho un messaggio al Pd. A Epifani e a Renzi: è il momento di liberarsi dall’idea della politica che vede l’altro come il nemico».
Da ultimo una battuta su Monti: «Mi rattrista la sua parabola politica. Monti aveva due possibilità: o entrare in campo per unire i moderati o restare fuori per servire il Paese. Ha fallito e ora è fuori. Ha pagato ambiguità e tatticismo. E poi non si mette insieme qualcosa che non è unito da un’identità forte. Scelta civica era un progetto astratto lontano dalla realtà del Paese e della gente. Ora tutto è drammaticamente chiaro, ora quella formazione è già storia del passato».