La situazione è più incerta che mai nello Yemen. Ieri sera capo dello Stato e premier hanno rassegnato le dimissioni, non potendo più sopportare di essere confinati nelle proprie dimore dall’assedio dei ribelli Houthi, che il 19 gennaio hanno occupato i principali posti di potere della capitale Sana’a. Il Parlamento avrebbe respinto le dimissioni del solo presidente Abdrabuh Mansur Hadi ma ancora non è chiaro come verrà riempito il vuoto di potere.
SEMI-COLPO DI STATO. Nel paese posto all’estremità meridionale della Penisola araba, alleato dell’Arabia Saudita (con cui confina) e degli Stati Uniti, che da anni conducono raid aerei per minare la presenza di al-Qaeda nello Yemen, quello dei ribelli Houthi sembra un colpo di Stato in piena regola, anche se difficilmente gli uomini guidati da Abdul Malik al-Houthi (nella foto in alto, durante il suo discorso televisivo) riusciranno a conquistare il potere per ragioni pratiche e storiche.
PARTIGIANI DI ALLAH. Gli Houthi sono membri di un gruppo ribelle conosciuto come Ansar Allah (Partigiani di Allah), che aderisce alla branca sciita dello Zaidismo. Gli zaiditi costituiscono un terzo della popolazione yemenita di 25 milioni di abitanti e hanno governato il nord del paese per mille anni con una specie di califfato fino al 1962. Lo Yemen è come lo conosciamo oggi solo dal 1990, quando il nord governato dall’ex dittatore Saleh si è unito al sud indipendente governato da un regime comunista.
SEI RIVOLUZIONI. Nonostante il paese fosse governato da Saleh, sciita zaidita al pari dei ribelli, gli Houthi hanno condotto sei rivoluzioni tra il 2004 e il 2010 per ottenere più autonomia per la loro provincia del nord, Saada, e per proteggere gli sciiti (40 per cento della popolazione) dalla maggioranza sunnita (60 per cento). Approfittando della Primavera araba e della cacciata di Saleh, nel 2012 i ribelli si sono espansi occupando tutta la provincia settentrionale di Saada, quella confinante di Amran e partecipando al tavolo delle riforme costituzionali. Il dialogo, durato tre anni, ha portato nel 2014 il presidente Hadi a proporre un progetto di riforma costituzionale che prevedeva la trasformazione dello Yemen in una federazione di sei regioni.
CAPITALE OCCUPATA. La situazione è precipitata tra agosto e settembre, quando il presidente Hadi ha deciso di tagliare i sussidi per la benzina, che in ogni paese arabo prosciugano le casse statali. Le nuove proteste hanno portato i ribelli ad occupare tre quarti della capitale Sana’a e il presidente a promettere il dietrofront sui sussidi e a garantire agli Houthi e ai secessionisti del sud un ruolo più importante nei processi decisionali. In questi giorni gli Houthi, per spingere il presidente a mantenere quanto promesso e per obbligarlo a ritirare la proposta di riforma federale dello Stato, hanno occupato la capitale e costretto lui e il governo a dimettersi.
RITORNO AL CALIFFATO? Secondo diversi osservatori è improbabile che gli Houthi possano salire al potere, sia perché gli sciiti sono una minoranza nel paese, sia perché non sono visti di buon occhio dai secessionisti del sud, che temono che gli Houthi vogliano tornare all’antico califfato. Alcuni temono inoltre che dietro l’ennesima rivolta ci sia l’ex presidente Saleh, che potrebbe sfruttarli per tornare al potere, altri che si tratti di una mossa dell’Iran, che sostiene i ribelli per guadagnare agli sciiti un nuovo Stato e per fare uno sgarbo all’Arabia Saudita, che appoggia il governo dimissionario.
AL-QAEDA E STATO ISLAMICO. Tra i litiganti, a godere è sicuramente al-Qaeda, la cui sezione yemenita ha da poco rivendicato l’attentato alla redazione parigina di Charlie Hebdo e i cui uomini sono molto forti nella parte centrale, orientale e meridionale del paese. Secondo quanto riferito alla Cnn da fonti governative, anche lo Stato islamico sta approfittando della confusione per infiltrare nel paese diverse cellule in grado di contendere la leadership del terrore ad al-Qaeda.