
Xi minaccia Hong Kong: «Chi divide la Cina sarà maciullato»

«Chiunque si azzardi a dividere qualsiasi regione dalla Cina morirà: i loro corpi saranno distrutti e le loro ossa maciullate e polverizzate». Così Xi Jinping ha dichiarato domenica durante una visita di Stato in Nepal. Il presidente della Cina non si riferiva a nessun territorio in particolare, ma gli osservatori internazionali, spiega la Bbc, hanno collegato le sue parole alle proteste che da quattro mesi vanno avanti a Hong Kong e al Tibet.
XI MINACCIA L’INTERVENTO CINESE
Fino a oggi il segretario del Partito comunista non ha mai parlato direttamente di Hong Kong. Pechino ha più volte ribadito di ritenere la polizia del territorio autonomo in grado di bloccare le proteste. Ma la Cina ha anche ammassato truppe e mezzi blindati a Shenzhen, a 20 chilometri da Hong Kong, facendo sfilare almeno una volta mezzi pesanti in città per la rotazione delle truppe cinesi presenti nella regione amministrativa speciale.
Nessuno pensa che Xi invierà davvero l’Esercito popolare di liberazione per reprimere nel sangue le proteste, anche se la governatrice di Hong Kong Carrie Lam non esclude questa possibilità. Il riferimento ai «corpi maciullati», però, è apparso a molti come una macabra minaccia che ricorda quanto subito dagli studenti cinesi in Piazza Tienanmen 30 anni fa, quando furono brutalmente uccisi dai soldati e schiacciati dai cingolati del regime.
LE PROTESTE CONTINUANO
Le proteste della popolazione di Hong Kong, prese in mano soprattutto dai giovani, vanno avanti ininterrottamente da giugno ogni fine settimana. Già 2.300 persone sono state arrestate e i feriti si contano a centinaia. Più volte la polizia ha definito i manifestanti «scarafaggi» mentre il giornale del Partito comunista cinese invitava a «eliminarli».
Le proteste sono state scatenate dal tentativo del governo guidato da Carrie Lam di introdurre una legge che avrebbe permesso di estradare in Cina criminali comuni e dissidenti. La legge è stata poi ritirata, ma la popolazione chiede un’indagine indipendente sulle violenze della polizia, oltre alle dimissioni della governatrice, piena democrazia, la liberazione dei detenuti e il ritiro della definizione delle proteste come «sommossa».
LA TESTIMONIANZA DI ALBERT HO
La scorsa settimana Lam ha fatto ricorso ai poteri speciali previsti da una legge di epoca britannica sullo stato di emergenza per vietare ai manifestanti di indossare in pubblico maschere che coprano il volto. In base alla stessa legge, il governo potrebbe anche invocare l’intervento dell’esercito cinese. Anche se, come ricordato in una recente intervista da uno dei leader del Partito democratico di Hong Kong, Albert Ho, «non hanno bisogno di “venire”. C’è già un contingente dell’Esercito popolare di liberazione in città, molti si vestono come civili me non hanno bisogno delle armi per mantenere il controllo di Hong Kong. Il governo non capisce che si sta alienando completamente il sostegno dei giovani».
Proprio Albert Ho, ex presidente del Partito democratico, una delle figure più importanti della lotta per la democrazia in città, tanto che il partito comunista l’ha indicato come uno dei quattro «nemici pubblici» della Cina impedendogli di entrare a Macao in quanto rappresenterebbe un «pericolo per la sicurezza», sarà uno dei relatori all’incontro organizzato da Tempi dal titolo: “La libertà è la mia patria. Da Piazza Tienanmen a Hong Kong”. L’incontro si terrà il 29 novembre alle 21 a Milano al Teatro Prime e vedrà la partecipazione, oltre a Ho, anche di Gianni Criveller, missionario del Pime a Hong Kong dal 1991.
Foto Ansa
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