Xi Jinping l’africano. Così la Cina si compra il continente nero

Di Leone Grotti
05 Dicembre 2015
Il segretario del partito comunista ha promesso 60 miliardi di dollari di investimenti. L'obiettivo è portare gli scambi commerciali tra Dragone e Africa a 400 miliardi entro il 2020

Sessanta miliardi di dollari. È quanto il presidente della Cina, nonché segretario generale del partito comunista, Xi Jinping, ha promesso di investire in Africa per la buona riuscita di 10 progetti di sviluppo del continente nero. Xi è a Johannesburg, in Sudafrica, per partecipare al secondo forum di cooperazione Cina-Africa (Focac) e riaffermare il dominio cinese nella terra ricca di materie prime.

220 MILIARDI DI DOLLARI. Se nel 2000, anno del primo forum di cooperazione, gli scambi ammontavano appena a 10 milioni di dollari, oggi il flusso di import ed export tra Africa e Cina supera i 220 miliardi di dollari. La crescita impressionante è stata fortemente voluta da Pechino, che in questi 15 anni ha aumentato i suoi investimenti da 500 milioni a 30 miliardi di dollari. L’obiettivo annunciato dal premier Li Keqiang è che gli scambi commerciali raggiungano i 400 miliardi entro il 2020.

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]GLI INTERESSI CINESI. L’interesse della Cina nello sviluppo dell’Africa, come si può immaginare, non è per nulla disinteressato. Gli obiettivi del Dragone sono principalmente tre: assicurarsi un accesso privilegiato a grandi quantità di materie prime per la sua industria pesante, aumentare la sua influenza mondiale e farsi nuovi alleati. Come? Con i soldi, ovviamente. La Cina, che si assicura a suon di miliardi concessioni su pozzi di petrolio ed estrazione di minerali e che esporta nei paesi africani articoli tessili, telefoni e automobili, offre in cambio investimenti e infrastrutture.

LINEE FERROVIARIE. L’anno prossimo verrà inaugurata la linea ferroviaria Addis-Abeba-Djibouti, finanziata e costruita dai cinesi, e altri progetti su rotaia dal valore di 10 miliardi di dollari sono da realizzare in tutta l’Africa orientale, soprattutto in Kenya. Nel continente africano vivono ormai un milione di cinesi, che lavorano per ben 2.500 imprese del colosso asiatico.

PRESTITI FACILI. Se i rappresentanti di quasi tutti i 54 paesi africani hanno fatto la fila venerdì per parlare con il presidente cinese e con la sua delegazione di banchieri, imprenditori e ministri è anche perché, tra il 2000 e il 2011, Pechino ha concesso ai paesi africani prestiti facili per 75 miliardi di dollari. Questi però hanno rappresentato un boomerang che ha in parte determinato le ultime difficoltà nel rapporto tra il paese comunista e gli Stati africani.
Nel primo semestre del 2015, gli investimenti cinesi in Africa sono crollati del 40 per cento a 1,2 miliardi di dollari. Le importazioni dall’Africa sono calate del 43 per cento. Tra le difficoltà nel rapporto ci sono le condizioni dei prestiti, vantaggiose all’inizio ma pesantissime per i paesi africani con il passare degli anni, e la concorrenza «problematica e non sostenibile» che le merci cinesi stanno facendo ai prodotti locali, secondo le parole del presidente sudafricano Jacob Zuma.

NON SOLO SOLDI. Per rinforzare il legame con l’Africa e consolidare il dominio cinese, a Xi non basterà promettere 60 miliardi di dollari di nuovi investimenti. All’ordine del giorno c’è la cancellazione di parte del debito contratto dagli Stati africani e 600 nuovi progetti infrastrutturali. Pechino potrebbe anche rimetterci qualcosa, ma avere l’Africa in pugno tornerà sempre utile quando ci saranno da giocare le partite geopolitiche più importanti.

@LeoneGrotti

Foto Ansa/Ap

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2 commenti

  1. Alvise

    Va bene almeno adesso sappiamo deve mandare tutte le risorse che sbarcano da noi.

  2. SUSANNA ROLLI

    Me ne intendo zero di affari, di investimenti, però mi vien da dire che finalmente qualcuno si è diretto verso l’Africa!, che lo sanno tutti essere un continente ricco di materie prime(e pure di manodopera, dato che là la nascita non è a “zero” come qua da noi). Era ora che qualcuno prendesse l’iniziativa, noi Europei dove siamo stati sin’ora?
    Chi se ne intende potrà rispondermi, se ho sbagliato ragionamento.

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