Vogliono Maira morta. Ma la legge del Pakistan poteva (e doveva) salvarla

Di Caterina Giojelli
21 Novembre 2020
Chiesto al Regno Unito asilo politico per la ragazzina cattolica sui cui grava la minaccia del delitto d’onore.
maira shahbaz pakistan

«Gli estremisti in Pakistan considerano Maira una apostata e la uccideranno alla prima occasione. Questo è il motivo per cui chiediamo al governo britannico di concederle asilo in modo che sia al sicuro dalle continue minacce». Un appello a Boris Johnson per concedere asilo a Maira Shahbaz e alla sua famiglia nel Regno Unito: è la petizione lanciata per il #RedWed Wednesday del 25 novembre da Aid to the Church in Need, consapevole che sulla vita della ragazzina, a prescindere da quanto decideranno i tribunali, grava la minaccia del delitto d’onore. «Il suo avvocato ha riferito che degli uomini la stanno cercando, bussando alle porte e chiedendo a tutti dove si trova».

Sono passati quasi sette mesi dal giorno del rapimento della ragazzina, quattordicenne cattolica sequestrata il 28 aprile scorso nei pressi della sua casa a Madina Town, vicino a Faisalabad, dal musulmano Mohamad Nakash Tariq e due complici armati. Tre mesi dalla sua fuga disperata verso una stazione della polizia, dove ha trovato il coraggio di raccontare di essere stata filmata mentre veniva violentata dal suo aguzzino che la costringeva a prostituirsi. Quell’uomo da cui l’Alta Corte di Lahore l’aveva rispedita considerandolo suo legittimo marito, l’uomo che già in primo grado, davanti al tribunale di Faisalabad aveva sostenuto che la ragazzina avesse 19 anni, e che l’avesse sposato mesi prima dopo essersi spontaneamente convertita all’islam. A nulla erano serviti il certificato di nascita e i documenti ufficiali ecclesiastici e scolastici che attestavano l’età della ragazzina, o le proteste dei legali della famiglia Shahbaz che accusavano il giudice di essere stato influenzato da una folla di 150 uomini radunatisi per sostenere Nakash, barbiere di Madina già sposato e con due figli: Maira doveva restare col suo rapitore.

DROGATA, VIOLENTATA, FILMATA

E la piccola, alla fine di agosto, era riuscita a fuggire: «Mi sono trovata in un luogo sconosciuto dove l’accusato mi ha costretta a prendere un bicchiere di succo contenente un alcolico. In quel momento ero semi cosciente e l’accusato mi ha stuprata violentemente e mi ha anche filmata mentre ero nuda. Quando sono tornata in me ho iniziato a gridare e a chiedere loro di lasciarmi andare. Hanno minacciato di uccidere tutta la mia famiglia. Mi hanno anche mostrato il video in cui ero nuda e le foto che avevano scattato con i loro cellulari mentre mi stupravano», è la terribile testimonianza resa alla polizia da Maira che ha negato l’abiura della propria fede cattolica, sottolineando di essere stata ingannata tramite la firma di documenti in bianco estortale dal rapitore: «La mia vita era in balia dell’accusato e… Nakash mi ha stuprata ripetutamente e violentemente».

«DELITTO D’ONORE», IL RAPITORE VUOLE MAIRA MORTA

La battaglia legale è ancora in corso. Maira e la sua famiglia ora vivono nascosti: dopo aver richiesto l’arresto di Mohamad Nakash per crimini sessuali ai danni di un minore l’Alta Corte di Lahore avrebbe ordinato alla polizia di proteggere 24 ore su 24 gli Shahbazn. I loro legali  hanno intentato giudiziaria per ottenere l’annullamento del presunto matrimonio e il riconoscimento della violenza subita anche per ottenere la conversione all’islam. Quanto a Nakash, dopo aver richiesto a sua volta l’arresto della madre della vittima, Nighat, degli zii e dell’attivista dei diritti umani Lala Robin Daniel, amico e vicino di casa della famiglia di Maira, «il rapitore ha rinnovato le minacce di uccidere Maira e la sua famiglia – scrive Aid to the Church in Need -. Nakash ha affermato infatti che la sua rinuncia a lui e alla loro vita insieme fosse apostasia, un atto di tradimento meritevole di morte, legittimato come delitto d’onore».

MATRIMONIO COATTO, IL CRIMINE PIÙ DIFFUSO

La petizione di Acn è già stata firmata da oltre 8.500 persone. Maira attende giustizia, e con lei restano in attesa le altre 2.000 ragazzine che ogni anno in Pakistan subiscono trattamenti simili. Ragazzine come Huma (qui la campagna di Aiuto alla Chiesa che Soffre partita in Italia in suo nome), o come Arzoo, l’ultima tredicenne cattolica, rapita, convertita con la forza e costretta a sposare Ali Azar, un uomo musulmano di 44 anni. Il 13 novembre scorso, nel corso di un seminario organizzato a Karachi dalla Caritas e l’Organizzazione delle donne cattoliche (CWO), la coraggiosa Tabassum Yousaf, avvocato dell’alta corte e consulente legale di Arzoo, ha fatto luce sui diritti legali delle minoranze garantite dalla costituzione del Pakistan. «Sebbene sia un reato penale in Pakistan, il rapimento ai fini del matrimonio forzato è uno dei crimini più denunciati contro le donne nel Paese, se non il più diffuso», ha detto, spiegando alle ragazze e alle loro madri cosa possono fare per restare unite e proteggersi dalla minaccia concretissima dei sequestri. Anche la conferenza episcopale cattolica pakistana ha condannato «il rapimento, la conversione forzata e il matrimonio della minorenne Arzoo Raja con un uomo che più di tre volte la sua età e tutti i crimini analoghi».

APPLICARE LA LEGGE: UNA BATTAGLIA DA CITTADINI, NON SOLO CRISTIANI

Crimini che non sono perseguibili e non saranno mai evitati finché il Pakistan affronterà la piaga delle spose bambine sul solo piano religioso. In un grande incontro organizzato il 19 novembre dalla Commissione Giustizia e Pace presso la cattedrale di San Patrizio a Karachi, il cardinale Joseph Coutts ha tuonato: «Siamo cittadini pakistani e la legge è la stessa per ogni cittadino pakistano; è responsabilità dello Stato garantire giustizia ai propri cittadini. Va affrontato il tema dei rapimenti, delle conversioni forzate e dei matrimoni forzati sulla base dei diritti umani fondamentali, piuttosto che farne una questione religiosa. È responsabilità dello Stato fornire protezione, garantire giustizia a ogni cittadino, senza distinzione di credo, cultura, etnia e classe sociale». In Pakistan, ricordiamolo, esistono già leggi che riconoscono e puniscono i crimini che hanno travolto Maira, Huma, Arzoo e migliaia di altre ragazzine come loro: «I colpevoli devono essere puniti secondo la legge del Paese: rapire qualcuno, costringere una persona a sposarsi o cambiare religione è un crimine punibile secondo le leggi in vigore».

Foto Ansa

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