Vietato bocciare
E il chitarrista che suona dal tetto di Piazza Navona. E il film. E la serie tv. E l’intervista all’attore, all’influencer, al politico. E Conte che ha preso 60/60 e Azzolina 100/100 e Fico solo 40/60. Poi sarà il turno degli articoli su come affrontarono l’esame lo scrittore, il giornalista, la grande firma, sai che originalità. La maturità è un rito, ormai piuttosto stanco, come stanca è la noiosa ripetitività con cui è trattato sui giornali. Due palle così, signora maestra.
Solo che quest’anno la panna montata con cui ci propinano la fine delle lezioni ha un sapore più rancido del solito. La scuola è stata chiusa per mesi, il ministro Azzolina ha, nei fatti, introdotto il 6 politico, non si boccia più nessuno, stiamo dando un messaggio educativo devastante. Tutto quel che abbiamo da dire sulla fine dell’anno scolastico è quant’è bella la schitarrata della Notte prima degli esami? Un po’ poco, direi.
Nel 2018 i promossi all’esame di maturità furono il 99,6 per cento. L’anno scorso il 99,7. Quest’anno si farà cifra tonda, 100 per cento. Ma non è solo per il Covid; il coronavirus è la scusa più comoda per nascondere due amare verità: la fifa del Tar e la codardia di prendersi il rischio di avanzare un giudizio, magari duro, ma almeno vero, sul percorso scolastico di un giovane.
Prima che arrivasse il virus, quando ancora c’era il ministro Fioramonti, questi se ne uscì con una dichiarazione allucinante: «Non voglio che l’esame di Stato diventi una corsa al massacro». Come si fa a definire “massacrante” una corsa in cui arrivano al traguardo il 99,7 per cento dei partecipanti? Già qualificarla come una passeggiata in discesa sarebbe un eufemismo.
Lo ripetiamo: durante l’emergenza, la maggioranza delle scuole è stata eroica. Vi sono esempi di insegnanti e dirigenti scolastici che hanno saputo “fare lezione” in condizioni difficili, con generosità straordinaria.
Ma che quest’anno finisca con una grande sanatoria per la fifa dei ricorsi ci dice molto di quale sia l’andazzo nel paese e di quale posto sia assegnato all’educazione nella scala delle priorità. Alessandro D’Avenia ha scritto che la sintesi della scuola attuale è «obbligo e burocrazia», ma noi ci aggiungeremmo un terzo elemento: la «paura». Paura da parte del Ministero innanzitutto, che ha fatto capire alle scuole che quest’anno bisognava promuovere tutti, anche con 5, 6, 7 o 10 insufficienze, altrimenti erano guai. Certo, il ministro ha negato l’esistenza del 6 politico, ma se tutti sono stati promossi, voi come lo chiamate? Così, formalmente, tutti gli studenti hanno meritato la promozione, ma la sostanza è ben diversa. Alla fine gli unici che hanno dovuto affrontare la “corsa massacrante” sono stati gli insegnanti che hanno sudato per giustificare l’ingiustificabile, trasformando i 4 e i 5 in 6 (e chissà a settembre questi poveri ragazzi che fatica faranno a recuperare le nozioni perse).
Il messaggio che il mondo adulto consegna ai più giovani è quello del formalismo e della pavidità, con buona pace del merito su cui si fa tanta retorica. Se i primi che, per evitare guai coi giudici, sono gli adulti, cosa dovranno pensare loro? Che impegno vuoi chiedere a un ragazzo se tu sei il primo ad “aggiustare le cose”, a nascondere quel che pensi sotto montagne di documenti che altro non sono se non le tue scuse per evitare grane?
Nessuno predica il ritorno alla scuola con la frusta e la bacchetta, ma qualche domanda occorrerà iniziare a porsela se oggi stiamo espellendo dalla scuola la valutazione, con insegnanti ridotti a compilatori di moduli e studenti a bamboline di porcellana nella bambagia.
Foto Ansa
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