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«Sarebbero questi i sostenitori dell’utero in affitto?»

Intervista a Elena Donazzan, titolare di istruzione, lavoro e pari opportunità in Veneto. Dopo aver condannato la maternità surrogata, ha ricevuto messaggi di questo tenore: «Io intanto carico il fucile per ammazzarla»

Caterina Giojelli
19/10/2018 - 1:00
Società
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Pensavamo che per capire che l’utero in affitto fosse un abominio non occorresse essere né di destra né di sinistra, né donna né uomo, né credente o agnostico. Tantomeno per affermare che la carne delle donne non è mercanzia, o che ordinare un bambino e saldarne il prezzo alla nascita significa trattarlo come un prodotto fabbricato e non come una persona umana (copyright Sylviane Agacinski, intellettuale francese femminista). Soprattutto che esporsi pubblicamente per criticare una pratica vietata dalla legge italiana non potesse che incontrare il plauso di madrine e padrini del rispetto dei diritti, della legalità e della libertà di espressione. Oggi abbiamo scoperto che se a dire queste cose è un politico, donna, di destra, finisce a minacce di fucilate e quasi tutti zitti.

I JESSE JAMES DELLA RETE

«Io intanto carico il fucile per ammazzarla»: ai Jesse James da tastiera Elena Donazzan, battagliera assessore regionale all’istruzione, alla formazione, al lavoro e pari opportunità del Veneto ha già risposto da signora, ovvero sporgendo denuncia e invitando a un più nobile confronto: «Ditemi dove preferite incontrarmi, i codardi siete voi». Detto questo, «è curioso come la difesa della vita e del diritto di un bambino ad avere una mamma e un papà dia a un’orda di sedicenti alfieri della libertà assoluta il diritto e licenza di uccidere la libertà di chi non la pensa come loro».

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«MA CHE RAZZA DI DIALETTICA È?»

Donazzan racconta a tempi.it che dopo aver aderito alla campagna #stoputeroinaffitto, pubblicando sui social il manifesto “Due uomini non fanno una madre” di Pro Vita Onlus e Generazione Famiglia (che raffigura due uomini, “genitore 1” e “genitore 2”, che spingono un carrello con dentro un bambino che piange col codice a barre sul petto), ha passato ore a rimuovere insulti e minacce contro di lei, contro i veneti, contro chi la pensa come lei, «e dunque contro la stragrande maggioranza di chi ragiona in maniera sensata. Faccio politica da sempre, detesto il turpiloquio, ma di che razza di dialettica e argomentazioni stiamo parlando quando il dissenso nei confronti di una persona si trasforma in minacce di morte per chi difende la vita dal suo inizio? Sarebbero questi i sostenitori dell’utero in affitto? Le ronde degli haters con la tastiera in braccio?».

LA CENSURA DEI MANIFESTI

Ora l’amministrazione capitolina guidata dalla solerte Virginia Raggi, dopo un tweet della madrina della surrogata e delle unioni civili Monica Cirinnà, che la invitava a rimuovere subito i manifesti e a fare «una telefonata a Chiara Appendino per farsi spiegare cosa deve fare un sindaco contro le discriminazioni», ha provveduto a levare tutto. Per il Campidoglio infatti «il messaggio e l’immagine veicolati dal cartellone – mai autorizzato da Roma Capitale e dal Dipartimento di competenza – violano le prescrizioni previste al comma 2 dell’art. 12 bis del Regolamento in materia di Pubbliche affissioni di Roma Capitale, che vieta espressamente esposizioni pubblicitarie dal contenuto lesivo del rispetto di diritti e libertà individuali». È la seconda volta che Raggi dà mandato di rimuovere un manifesto di Pro Vita: già ad aprile il manifesto con l’immagine di un feto (accompagnato dalle scritte: «Tu eri così», «i tuoi organi erano presenti», «il tuo cuore batteva già dalla terza settimana dopo il concepimento», «già ti succhiavi il pollice», «e ora sei qui perché tua mamma non ti ha abortito») aveva fatto scattare la censura.

L’OSCURANTISMO DI VIRGINIA RAGGI

«Ironia della sorte, proprio sabato scorso ho partecipato all’incontro “Libertà di informazione e manipolazione mediatica”, promosso dall’Associazione Opera dell’Amore-Schio, in collaborazione con Pro Vita onlus e il quotidiano La Verità, si è parlato di disinformazione, bavagli mediatici e omissione di informazione. Vediamo ora chi derubricherà le minacce che ho ricevuto riguardo a questo tema specifico alle dinamiche del web. Perché la verità è che se avessi detto il contrario avrei incassato la solidarietà di giornali e politici che cantano la messa alla surrogata, pratica abominevole e vietata in Italia, tutti i giorni».

È UN REATO

Invece? Invece della solidarietà dei giornali, di Boldrini, Lucarelli, Iene, «ho ricevuto quella del mio presidente Zaia e di tantissime persone comuni. Oggi è diventato un “noi” contro di “loro”, loro predicano la libertà assoluta ma solo per chi la pensa come loro. Chi disturba viene censurato. In questo senso Virginia Raggi che dice che il manifesto “offende tutti i cittadini” si dimostra ancora una volta una oscurantista. Una violenta oscurantista. Si ricorda quando nel 2007 vennero affissi i manifesti di Oliviero Toscani con la fotografia della modella e attrice francese Isabelle Caro, malata di anoressia, che all’età di 27 anni pesava 31 chili? Un’immagine “choc” e violenta, certamente dolorosa o offensiva per chiunque soffrisse di anoressia o avesse figli in quella situazione. Undici anni dopo Virginia Raggi e le altre si stracciano le vesti perché il rispetto dei diritti e delle libertà individuali – leggi: la loro cultura e visione materialista della vita – è lesa da un manifesto con due uomini che spingono un carrello con un bambino. Peccato che la Gpa (gestazione per altri, ndr) non sia un diritto né tanto meno una libertà individuale, bensì un reato».

QUELLO CHE L’ESPRESSO NON DICE

Sorvolando su Roma che affonda nella spazzatura e avrebbe in questo momento problemi di rimozione più importanti, i giornali non sono stati da meno: “Manifesti omofobi”, titola Repubblica, «”Un bimbo conosce la propria famiglia per quella che è. Senza numeri né genere”. Il commento dei ragazzi di famiglie Arcobaleno è la più bella reazione al manifesto omofobo appeso sui muri di Roma», scrive l’Espresso. «L’Espresso – chiosa Donazzan – dovrebbe leggere i commenti e messaggi arrivati a me dopo la campagna da uomini omosessuali fermamente contrari alla surrogata, “Natura vuole che i bambini nascano dall’unione di un uomo e una donna”, “mamma e papà non si toccano”, “tutta la mia solidarietà a lei”. E dovrebbe avere l’onestà intellettuale di ammettere che ai ragazzi dei commenti riportati non è offerta la dimensione di crescere in una famiglia con un padre e una madre. Il rispetto dell’affettività e la capacità di amare un bambino non ha nulla a che vedere con l’estremizzazione dell’amore propinataci dai giornaloni, dai radical chic che mercanteggiano sulla vita, censurano i manifesti e si riempiono la bocca della parola “amore” per giustificare l’acquisto dei bambini. Dicono che due padri che si comprano un bambino possono amarlo, ma può dirsi buono e giusto questo che chiamano amore? Togliere loro una madre? Qui di estremizzazione in estremizzazione si arriva alla sindrome di Stoccolma». O alla regolamentazione della Gpa, come quella dei giuristi di Articolo29 fortemente promossa da Cirinnà «in spirito di solidarietà, eguaglianza e giustizia».

Foto Ansa

Tags: Elena DonazzanGenerazione famigliagpamaternità surrogatapro vitaraggiRomaUtero in affittoveneto
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