L’universo? Per lo scienziato “newtoniano” Paul Davies «ha uno schema razionale, non è arbitrario»

Di Redazione
26 Luglio 2013
Il cosmologo e divulgatore australiano, vincitore del premio Templeton, interverrà il 21 agosto al Meeting di Rimini

«Ancora oggi è il mondo newtoniano a farci trovare d’accordo, in materia di tempo, con osservatori piazzati casualmente molto lontano da noi, compreso l’omino verde sulla superficie di Marte e anche più lontano», spiega Paul Davies sull’Avvenire di oggi. Del tempo e della relatività, il cosmologo e divulgatore anglo-australiano ne discuterà al Meeting di Rimini, nel suo intervento del 21 agosto.

LA RELATIVITÀ DEL TEMPO. Davies, vincitore nel 1995 del premio della Templeton Foundation, il cosiddetto «Nobel della religione», spiegherà come ancora oggi i problemi della relatività di Einstein rimangano aperti. Se anche Einstein riesce a dare «una spallata al perfetto sistema newtoniano – afferma Davies – ci sono diversi processi fisici che possono misurare il tempo accuratamente» e che dicono che il tempo non si misura relativamente: «Si va dalle stelle di neutroni alle vibrazioni degli atomi. Gli esperimenti confermano che sono rispettati gli stessi intervalli di tempo, con una precisione superiore a uno per trilione. Dunque non c’è evidenza che diversi tipi di orologio possano dare tempi diversi».

VIAGGIO NEL FUTURO. Quando Einstein pubblica la teoria della relatività, anche l’effetto psicologico«è fragoroso tra gli studiosi; non riescono ad accettare che il tempo sia considerato “relativo” . Che tempo è mai questo, si domandano, se lo stesso concetto di tempo non è più universale e diventa “flessibile”?», spiega Davies.  «La prima cosa che l’uomo intuisce è che il tempo è irreversibile e che non è possibile recuperare neanche un minuto del passato». Tuttavia la teoria di Einstein mette in dubbio questa rigidità. «Quanto al viaggio nel futuro, lo facciamo già. Ma è necessario muoversi velocemente. Al momento possiamo usare orologi capaci di misurare spostamenti di pochi nanosecondi». Secondo il cosmologo, «una incursione nel futuro veramente significativa si fa soltanto se si viaggia a una velocità vicina a quella della luce oppure attorno a un buco nero».

UNIVERSO RAZIONALE. «Fino a pochissimo tempo fa i cosmologi credevano che l’Universo avesse avuto inizio con il Big Bang 13,7 miliardi di anni fa – conclude lo scienziato – Oggi la moda è cambiata e non pochi cosmologi sono dell’opinione che non è il Big Bang a rappresentare l’origine delle cose. Io non sono credente e sono persuaso che la scienza ci sveli un universo che è comprensibile, ha uno schema razionale, non è arbitrario».

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5 commenti

  1. Camilla

    A me piacerebbe far notare una cosa piccola e semplice, che però risulta essere illuminante. La parola “caso” indica una descrizione, non un agente. E’ come se stessimo dicendo che un simbolo o una parola hanno servito la cena in tavola.

    1. Giulio Dante Guerra

      La storia del “caso” venne “di moda” ai tempi del successo editoriale – 7 edizioni italiane dal 1970 al 1974 – del libriccino di Jacques Monod (1910-1976) “Il caso e la necessità” (Le hasard et la nécessité). Secondo l’autore, il titolo sarebbe tratto da un frammento di Democrito di Abdera (460-360 a. C.): “Tutto ciò che esiste nell’universo è frutto del caso e della necessità”. Ma questa è una traduzione sbagliata del testo dell’antico filosofo greco, anzi, del suo maestro Leucippo, che dice l’esatto contrario: “Niente accade a caso, ma tutte le cose accadono per ragione e di necessità”. Per l’esattezza, la parola greca dell’originale è “logos”, la stessa che S. Giovanni usa nel prologo del IV Vangelo per indicare il Verbo, la Seconda Persona della SS.ma Trinità. Questo non ha niente a che vedere con Leucippo e Democrito, vissuti nel V secolo a.C., ma con Monod, sì.
      Quanto ad Einstein, l’equiparazione fra “relatività” come teoria scientifica e “relativismo” filosofico è solo un equivoco verbale, purtroppo lasciato affermarsi dallo stesso Einstein. Come afferma lo storico e filosofo della scienza dom Stanley Jaki O.S.B. (Il Messaggio e il suo Mezzo, Fede e Cultura, Verona 2007, pag. 60) la teoria di Einstein è così poco “relativista”, che andrebbe chiamata piuttosto “teoria dell’invariata”.

      1. Giulio Dante Guerra

        Questo stupido “correttore automatico” mi ha cambiato le carte in tavola! La parola giusta è “teoria dell’invarianza”. Tutto il contrario del relativismo filosofico.

  2. andrea

    argomento molto complesso, difficile farne una sintesi chiara.

    Io consiglio la lettura di John David Barrow (premio Templenton 2006).

    I libri sono molto ben scritti e chiari anche a chi non abbia una cultura di impostazione scientifica.

    I titoli sono:

    Da zero a infinito – La grande storia del nulla – Mondadori, 2001
    Il principio antropico (con Frank Tipler) – Adelphi, 2002
    I numeri dell’universo – Mondadori, 2003
    L’infinito – Mondadori, 2005

  3. Remo

    Poche idee ma ben confuse: è questo che conta!

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