
“Perché non sono un conservatore”. Ragioni liberali

Nel bel saggio di Danilo Breschi sul Conservatorismo di ieri e di oggi emergono alcuni importanti spunti che interrogano il teorico e lo storico del pensiero politico intorno ad alcune vertenze fondamentali. In primo luogo, ha senso definirsi conservatori in un’epoca in cui appare davvero arduo trovare qualcosa di sano da tramandare ai nostri figli? Qualcosa che caratterizzi il presente politico, economico e culturale che giudichiamo così sano da augurare alle generazioni che seguiranno la nostra? In secondo luogo, nel caso ci fosse, come evitare che, insieme agli aspetti apprezzabili, il bene che percepiamo custodito in una qualche tradizione non si trascini dietro anche gli aspetti di un presente e di un passato tutt’altro che conformi alla dignità della persona umana? Infine, esiste un dispositivo logico che ci consenta di comprendere, senza ombra di dubbio e in maniera infallibile, il senso del corso della storia, la direzione e, di conseguenza, le forze da dispiegare e quelle da reprimere affinché il treno della storia giunga a meta sicura, attraversando i campi dovuti e sostando alle stazioni giuste?
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