«Le parole di Nordio uno squarcio di sole. Il Pd abbia più coraggio sulla giustizia»
Simone Uggetti dice a Tempi che le parole di Carlo Nordio sulla giustizia sono state «uno squarcio di sole nell’oscurità pavida che avvolge la politica su questi temi». Arrestato nel 2016 per turbativa d’asta in relazione al bando di due piscine comunali a Lodi, città di cui allora era sindaco, eletto nelle liste del Pd, Uggetti è stato assolto in appello cinque anni dopo (in mezzo cinque giorni nel carcere di San Vittore, venticinque ai domiciliari e un trattamento da appestato subìto da quasi tutti quelli che prima gli erano amici), ma è ancora in pieno calvario giudiziario, dato che la Cassazione ha accolto il ricorso della procura e ora si dovrà rifare il processo di secondo grado. Come ha raccontato spesso, l’ex sindaco di Lodi ha avuto modo di riflettere a fondo, in questi anni, «sul sistema della giustizia, come viene erogata e sui suoi tempi».
Le parole di Nordio sono un fatto «culturalmente enorme»
Ecco perché, pur da militante attivo del Partito democratico, dice che quelle pronunciate dal Guardasigilli in Commissione giustizia al Senato sono «parole nelle quali mi ritrovo, anche se con il dubbio che passare dalle dichiarazioni a una riforma vera sarà complicato». Nordio ha criticato l’uso distorto delle intercettazioni, detto che bisognerà rivedere il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, ribadito la necessità di separare le carriere tra giudici e pm, attaccato l’abuso della custodia cautelare. «Le sue parole sono importantissime», osserva Uggetti, «è un fatto culturalmente enorme che a porre queste questioni sia un ministro della Giustizia che oltretutto in passato è stato un magistrato. Temo non sarà una passeggiata, però, a partire dalla revisione dell’obbligatorietà dell’azione penale, principio incardinato nella Costituzione e con cui da anni si “coprono” l’azione e l’inazione della magistratura».
Mentre i suoi compagni di partito, con qualche notevole eccezione, hanno commentato le parole di Nordio avanzando critiche e distinguo pelosi, Uggetti loda il coraggio del ministro che ha criticato «l’uso distorto delle intercettazioni, che diventa abuso, e che alimenta e perpetra la connivenza tra sistema giudiziario e sistema mediatico, che voi giornalisti conoscete bene: non a caso il Fatto quotidiano è già sul piede di guerra». Non solo il giornale di Marco Travaglio, però: «Vero, ho trovato incredibile una parte del Csm abbia chiesto una seduta plenaria con Nordio. Non stiamo parlando di un disegno di legge, ma delle opinioni e della linea politica di un ministro espresse in una Commissione parlamentare, e dei magistrati si permettono di chiedere una convocazione dell’organo di autogoverno per chiedere spiegazioni al ministro? Mi pare che non ci siano senso della misura e del ruolo in questo caso».
La paura dei politici a parlare di giustizia
Un particolare che hanno fatto notare in pochi, tra i politici: «Hanno tutti paura», commenta l’ex primo cittadino di Lodi, che porta l’esempio del suo caso, di cui «ho parlato con diverse decine di politici di ogni orientamento», e quasi tutti in privato erano d’accordo a considerare la sua condanna un’ingiustizia. Quando poi c’è da proporre una riforma per evitare abusi come quello e molti altri, c’è invece quasi sempre paura e incertezza. Paura e incertezza che potrebbero fermare le proposte di Nordio prima che diventino una vera riforma: «C’è una maggioranza di parlamentari pieni di dubbi e pronti a criticare e fare distinguo per ricavarsi spazi di visibilità con il mondo della magistratura». E poi esiste un sistema informale di potere che si basa su un certo modo di gestire la giustizia, difficile da abbattere.
«È meritorio provarci, il programma di Nordio è ambizioso e sono curioso di vedere se riuscirà a metterlo in pratica». La maggioranza di centrodestra è compatta sul tema, il Terzo Polo ha applaudito il Guardasigilli e si è detto pronto a collaborare, il M5s è partito all’attacco, il Pd è al solito confuso: c’è chi definisce “inquietanti” le parole del ministro, chi dice che tanto non ce la farà, chi traccheggia. Il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, si è distinto twittando che «le proposte di Nordio vanno sostenute». «Gori è con noi garantisti», commenta Uggetti, che osserva come il Pd viva da tempo «un problema di posizionamento politico e culturale su questo tema: l’antica tensione e il riflesso condizionato di Tangentopoli da una parte, un’elaborazione quel periodo e alla luce del garantismo e della necessità dell’equilibrio tra i poteri dall’altra».
«Una parte del Pd è garantista, la battaglia di Nordio è nostra»
Certo aiuterebbe se anche il Pd facesse sua una battaglia che non è certo prettamente “di destra”. «Sì, più che per una questione di numeri necessari per fare passare la riforma, per una questione di posizionamento culturale e di riconoscimento di principi cardine che per essere tali devono essere condivisi dalla più larga parte possibile delle forze politiche in Parlamento. Spero che nel mio partito non ci sia il riflesso condizionato da opposizione, per cui siccome è una proposta del governo allora non va bene. Quella sarebbe una modalità politicamente stupida di agire, oltre che un’occasione persa. Fare politica significa non solo dire “no” quando è facile, ma confrontarsi, anche quando questo non paga nell’immediato a livello di immagine, con l’opzione più intelligente e interessante dell’avversario».
Gli chiediamo come può succedere una cosa del genere, in un partito diviso come quello democratico. «Spero che Bonaccini vinca il congresso». Il Pd dovrebbe avere più coraggio sulla giustizia? «La cultura garantista c’è in una parte del Pd, spero che l’opzione congressuale la possa far diventare maggioritaria. Certo, non basta vincere un congresso, ma se c’è una direzione che tiene una posizione coerente, aiuta». Il percorso è lungo. «Stiamo parlando di frutti marci che arrivano da 30 anni di giustizialismo, di ossessivo antiberlusconismo… non li cambi in due giorni». Aiutare Nordio a riformare la giustizia può essere un buon inizio.
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