
Tutti a difendere le Pussy Riots (ma dare della “puttana” al patriarca ortodosso è un gesto di libertà?)
Una voce fuori dal coro, dopo la condanna delle Pussy Riots, è quella del sociologo torinese Massimo Introvigne, coordinatore dell’Osservatorio della Libertà Religiosa costituito dal Ministero degli Esteri.
“Certamente – osserva il sociologo – le voci che protestano contro condizioni di detenzione troppo dure e una pena troppo severa meritano di essere ascoltate, tenuto conto della situazione personale delle giovani imputate”.
“Tuttavia – prosegue – non si può, come alcuni fanno, andare oltre ed esaltare il gesto per cui le Pussy Riots sono state condannate. Ho l’impressione che non tutti conoscano esattamente i fatti. Le Pussy Riots hanno cantato una canzone dove non si limitano ad affermazioni politiche ma chiamano il patriarca ortodosso ‘puttana’, e il cui ritornello fa il verso alla liturgia ortodossa ripetendo ‘La merda, la merda, la merda del Signore’. E non l’hanno cantata in un loro locale, e neppure in una piazza, ma nella cattedrale di Mosca, uno dei luoghi più santi dell’ortodossia russa”.
“Come sempre – afferma Introvigne – trovare l’equilibrio fra la libertà di espressione e il diritto delle confessioni religiose a non essere offese, specie nei loro luoghi di culto, è delicato. Ma non è giusto aggredire la Chiesa Ortodossa russa quando presenta, non senza buone ragioni, la presunta performance ‘artistica’ delle Pussy Riots come una violazione dei diritti dei cristiani all’integrità dei loro luoghi di culto, che non possono indiscriminatamente diventare teatro di proteste politiche, anche giustificate, nel corso delle quali si offende la sensibilità della comunità cristiana”.
“Che alcuni sostenitori delle Pussy Riots siano talora animati da cristianofobia – conclude il sociologo – è confermato dal gesto delle ‘contestatrici in topless’ Femen, che nella piazza principale di Kiev hanno abbattuto con una motosega quella che non è, come è stato scritto, una semplice croce, ma un crocifisso con l’immagine di Gesù Cristo, che è stao gettato nella polvere urlando slogan anti-religiosi”.
tratto da ZENIT.org
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47 commenti
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Caro Cagliostro,
ancora una volta brevemente:
1) In realtà io ho scritto “i motivi del mio malessere sono facilmente intuibili, anche da un ‘tecnico’ da ‘bar sport'” da cui non risulta affatto che io attribuissi a me stesso tale “benniana” qualifica.
2) come sopra
3) anche parlando di giurisprudenza, “leggi, preleggi e procedure” non sono affatto la realtà dei fatti, ma solo una piccola parte di questa, ma questo è un concetto filosofico astratto che non occorre lei si ingegni a confutare.
4) la verità, intesa non solo come mero accertamento dei fatti, ma anche riguardo all’obbiettività e all’onestà di chi giudica, non sarebbe a mio avviso un punto di partenza sbagliato.
5) non occorre che mi spieghi i rudimenti della procedura penale, non sono un lettore assiduo del Fatto Quotidiano, ma certe cose le conosco anch’io, dunque è inutile che io faccia osservare, a lei che mi pare si consideri esperto, che la sua obiezione, diciamo cosi, didattica, lascia il tempo che trova, visto che la “realtà dei fatti” è che la norma esiste ed è perfettamente efficace (anche in seguito, se non sbaglio, ad una sentenza della corte costituzionale che ne ha confermato la validità), anche se di condanne ne sono state comminate poche o punte, e ciò può senz’altro essere anche ragionevolmente attribuito alla volontà dei pm e dei giudici di non applicare una legge dello Stato che essi considerano (a mio avviso giustamente) obsoleta;
6) io non ho affatto scritto che la battuta sulla genesi è “offensiva”, ma piuttosto che essa è “penosa”, termine a cui io attribuirei più propriamente il significato di “degna di compassione” per la sua puerile idiozia, la quale, a mio avviso, è un validissimo motivo per vergognarsi, ben più dell’uso di un linguaggio franco e colorito da parte di altri, che lei invece tanto mostra di riprovare.
Vedo un messaggio a firma Gmtubini ma con un contenuto più adatto a quanto scriveva l’utente Alberto: problema tecnico o di sdoppiamento della personalità.
1) Il malessere del “tecnico da bar dello sport” resta tale ma difficilmente queste argomentazioni possono entrare nelle aule dei tribunali o in una discussione giuridica: se ne faccia una ragione.
2) Come sopra
3) “leggi, preleggi e procedure” sono solo una parte della realtà dei fatti: è vero. Ovviamente se lei ignora – così come ha dimostrato – anche questa piccola realtà non credo possa procedere in successive discussioni.
4) L’ “obbiettività” così come Lei ha scritto si scrive con una sola “b”. Ignora anche la grammatica e vuole parlare di leggi? Suvvia…..
5) Afferma di conoscere “certe cose” ma non ha detto una sola cosa che lei conosce.
Quando si fa riferimento a sentenze della Corte Costituzionale bisognerebbe essere in grado di citare la sentenza specifica. Inoltra cosa c’entra la Corte Costituzionale? Ho mai detto che il reato di vilipendio sia incostituzionale? Ha una bella confusione in testa.
Un diritto (in questo caso il diritto del presidente della repubblica a non essere oltraggiato) può essere perfettamente costituzionale ma – a fronte di altri diritti – viene considerato minoritario.
Il reato di cui lei parla è nato durante il fascismo in cui era più importante il diritto di critica (di fatto inesistente) era inferiore al diritto del monarca di non essere offeso: ora con la Repubblica la situazione si è totalmente capovolta. Se lei ignora che i diritti non sono mai assoluti ma sempre rapportati con altri, è inutile che parla.
Continua a sbagliare. I magistrati applicano il reato di vilipendio (infatti aprono dei fascicoli) ma poi giudicano che i singoli fatti erano l’esercizio di un diritto di critica che è più importante.
6) Francamente del giudizio di una persona che si è dimostrata ignorante ci faccio la birra: glielo dico con franchezza.
Non è stato né un problema tecnico né un caso di sdoppiamento di personalità, ma un errore mio, che francamente non saprei proprio ricostruire con esattezza, ma che probabilmente discende dal fatto che io avevo intenzione di indirizzare un mio intervento al signor Gmtubini ma poi vi ho rinunciato perché avevo fretta e dovevo rispondere a lei.
Comunque, sempre brevemente:
1) io non ho parlato di nessun malessere del “tecnico da bar dello sport” e se lei in un’aula di tribunale riportasse i discorsi altrui con così malaccorta approssimazione suppongo passerebbe dei guai seri;
3) della mia ignoranza in molti campi dello scibile umano io generalmente ne sono consapevole, la inviterei caldamente a fare altrettanto con la sua, senza misurare con supponenza quella altrui;
4) mi duole renderla edotta che in italiano si può dire sia “obiettività” con una sola “b”, che “obbiettività” con due “b”, pertanto le sue infantili osservazioni grammaticali se le può rimangiare tranquillamente insieme alla biada di cui si nutrono i somari quale lei si evidentemente è;
5) io non ho da dimostrare niente perché non mi sono attribuito alcun titolo o competenza, ma ho solo scritto di non essere un giurista, ma di non essere completamente a digiuno di diritto, inoltre, sapendo di aver a che fare con un pozzo di scienza in materie giuridiche, mi pareva superfluo e, direi, anche offensivo, citare gli estremi del pronunciamento della corte costituzionale numero 20 del 1974 riguardante gli artt. 290 e 313 c.p. in cui, tra l’altro, si afferma testualmente:
“Non si esclude, peraltro, che in regime democratico siano consentite critiche, con forme ed espressioni anche severe, alle istituzioni vigenti e tanto sotto il profilo strutturale quanto sotto quello funzionale (al caso attraverso le persone e gli organi che ne sono esponenti); anzi tali critiche possono valere ad assicurare, in una libera dialettica di idee, il loro adeguamento ai mutamenti intervenuti nella coscienza sociale (sent. n. 199 del 1912) in ordine ad antiche o nuove istanze.
Ma non impedisce tale libertà di critica la previsione, come reato, della condotta vilipendiosa ipotizzata nell’art. 290 c.p., in una o più delle svariate forme che essa può assumere.”;
5 bis) dire che i “magistrati applicano il reato di vilipendio (infatti aprono dei fascicoli) ma poi giudicano che i singoli fatti erano l’esercizio di un diritto di critica che è più importante” non mi pare molto diverso di quello che ho scritto io, ovvero che l’orientamento generale della giurisprudenza riguardo al reato di vilipendio è chiaramente abrogazionista e dunque ciò significa che i giudici tendono a perseguirlo, facendo sistematicamente prevalere il diritto di critica; dunque?!
6) faccia pure la birra con quello che vuole purché di tale bionda bevanda non ne abusi e venga qui a sproloquiare per smaltire i fumi dell’alcol
chissà perché il giudice ha assolto ricca che ha insultato berlusconi presidente del consiglio, dico che il giudice è della stessa cricca di ricca.
Poi ognuno si prenda le sue responsabilità, quelle vanno in una chiesa insultano in modo ignominioso e spaccano croci, sapevano certo quello che facevano.
hanno trovato un giudice che ha applicato la legge russa e non era loro amico ma super partes.
va bene così ognuno è responsabile delle azioni che compie oppure per alcuni si per altri no
vic
quando le religioni si comportano con il potere come Babilonia la grande meretrice come si devono definire?
il termine puttana è azzeccato
Premesso che non sono credente: NON mi piace né chi gioisce delle sventure altrui (sebbene sapessero a che cosa andavano incontro) né chi vorrebbe chiudere la bocca a chi ha opinioni diverse dalle nostre PERO’ non capisco come mai coloro che si indignano per la condanna alle Pussy Riots e non dicono una parola quando un Musulmano getta la croce dalla finestra di un ospedale o quando in alcuni paesi a maggioranza Islamica uccidono i Cristiano riuniti in una chiesa.
Forse è più facile puntare il dito contro alcune ragazzine che avere la coerenza di condannare chi UCCIDE in nome dell’Islam?
Noi Italiani siamo sempre così: forti con i deboli e deboli con i forti…. di questo ci si dovrebbe davvero vergognare…
Cara redazione di Tempi…
dopo questa diatriba con PP (POPPIPIPO) anche io voglio lo status di TOP commentator…..me lo conferite con cerimonia ufficiale???
PS: avrei bisogno di parlare con un giornalista che si occupa di cultura e libri….mi mandate un numero di telefono e un nominativo alla mia email?
many thanx
Caro Poppi Pippo Con questa risposta affermi 2 cose:
a – hai rotto le scatole
b – Dici monate e, dalle mie parti, quando uno diceva monate lo si mandava in MONA
PS: comprendo che mandare in quel posto li …uno “open minded” cioè Aperto come te …può integrare il reato di discriminzione sessuale….quindi visto che non ti posso mandare presso nessuna apertura …vedi di scegliere quella che preferisci tu ! (tanto mi pare che – essendo moderno – disponga di ampia scelta…vero pornoattore de noantri???)
PPS: ;-))
qui che dice cazzate ci sei te e chi sostiene le stesse cazzate scritte in sto articoletto, la discriminazione , la vera discriminazione voi non sapete mancò cos’è…..
Poppi Pippo lo sai perchè non ti mando a darlo via??? Perchè lavorando come pornoattore (ti piace vincere facile??? po pi po pi pi po poo)….lo dai già via a pagamento tu ….
Con questa risposta affermi 2 cose:
– La prima è che nn sai come rispondere seriamente alla mia risposta, visto che forse ti sei accorto di aver detto una mare di vaccate nella risposta precendente
– La seconda è che il tuo QI arriverà forse ma dico forse al 60, visto che non sai distinguere il vero dal falso.
La verità – a dispetto di ogni poppi pippo pasciuto e con la pancia piena e che pontifica dalla poltroncina di casa sua – è che il cristianesimo è l’unica religione al mondo che si può dissacrare, umiliare e svillaneggiare senza conseguenze.
Direi che la sentenza ristabilisce un po’ di rispetto per gli appartenenti a questa religione che vede annoverare ogni anno centinaia di migliaia di morti a causa della loro fede.
Per quanto rigaurda le rock star come Madonna … se hanno le palle vadano a fare le marionette con un goldone in testa in una moschea e allora – solo allora – potranno parlare.
Certo che quando fate questi ragionamenti mi vien proprio da compatirvi, non vi sfiora neanche l’idea che la quasi totalità dei paesi mussulmani hanno governi dittatoriali con a capo estremisti religiosi, o se non direttamente religiosi che appoggiano a pieno delle idee estremiste…
Cioè voi non vi rendete manco conto della figura ridicola che fate, sembra quasi che giustificate le reazioni spropositate che hanno degli integralisti per delle vignette, senza rendevi conto che state giustificando delle persone che sono MALATE MENTALI …..
Un po’ meno di vittimismo per favore ….
Per offesa ad una confessione religiosa in Italia si viene condannati ad una pena massima di 6.000 €: mica 2 anni.
Non credo il problema sia dell’entità della pena quanto dell’offesa che è stata fatta ad un pensiero libero come è quello religioso. Non credo che si debba impedire la libertà di espressione di qualsivoglia idea ma rimango della convinzione che la mia libertà finisca dove inizia la tua e viceversa.
Francamente è proprio una questione di entità della pena: in un Paese democratico avrebbero avuto una normalissima multa e basta.
La libertà religiosa non è un diritto scollegato dagli altri ed esiste solo in regimi (ed intendo con “regime” nella forma neutra e non negativa) in cui i diritti civili sono rispettati: laddove non esiste il diritto di espressione anche il diritto alla libertà religiosa è inesistente. Non sono le azioni delle Pussy Riot ad intaccare la libertà religiosa ma lo stesso sistema politico creato da Putin.
Inoltre la Russia non è un Paese democratico: in Paesi a bassi tassi di democrazia gli strumenti di protesta e opposizione non sono quelli dei Paesi civili.
“Chiunque offende l’onore o il prestigio del Presidente della Repubblica, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.”
Capiamoci: le Pussy Riot non sono state condannate per offese al Presidente Putin ma per teppismo motivato da odio religioso quindi l’articolo che lei cita c’entra poco o niente.
L’articolo 276 c.p. che Lei cita è ancora in vigore ma – a memoria – non ricordo nessuna condanna (solo qualche apertura di fascicolo) nonostante offese da parte di esponenti politici ce ne siano state parecchie ai vari Presidenti della Repubblica italiana.
Anche se ci fossero delle “Pussy Riot” italiane e svolgessero la stessa performance nei confronti del Presidente della Repubblica difficilmente sarebbero condannate perché si guarda anche il contesto in cui è avvenuta la frase. Il giornalista Piero Ricca è stato assolto nel 2006 dalla Cassazione da un famoso insulto che profferì nei confronti dell’allora Presidente del Consiglio Berlusconi perché la sua frase (sebbene contenesse un insulto) venne considerata come “semplice critica al rispetto delle leggi”.
Premetto che io non sono un giurista ma nel mio piccolo sostengo che l’articolo del codice penale da me citato c’entra eccome, visto che, sempre che io non mi sbagli, qui si parla, ancorché in modo generico, della libertà d’espressione in generale.
Per quanto ne so, inoltre, il fatto che un articolo di legge sia disapplicato nella prassi non ne inficia la validità. Questo lo sa bene di deputato Farina che, se non erro, è stato condannato in primo grado per essersi fatto accompagnare a visitare un carcere da una persona risultata poi non essere un suo diretto collaboratore, sebbene la stessa cosa fosse accaduta per molti altri deputati, in molteplici circostanze, senza che nessuno avesse battuto ciglio.
Le ricordo, inoltre, per completezza d’informazione che secondo il codice penale italiano il turbamento, anche se non violento, di un rito religioso può costare (a mio avviso giustamente) anche due anni di galera.
La libertà di espressione è una cosa, l’offesa delle persone e dei loro sentimenti religiosi è un’altra.
Premetto che ho apprezzato l’articolo di Introvigne.
Detto ciò non esiste un confine marcato tra libertà d’espressione ed eventuali altri reati: si valuta sempre caso per caso come nell’esempio del caso Berlusconi vs. Ricca che ho riportato.
I diritti non sono mai assoluti (nel significato di svincolato da altri diritti) ma sono sempre rapportati ad altri diritti che possono essere superiori in un contesto specifico.
Mi spiego. Lei ha il diritto alla segretezza della sua corrispondenza e sicuramente lei potrebbe far valere questo diritto se qualcuno leggesse le sue lettere. Se però lei fosse uno statista e qualcuno rivelasse il contenuto della sua corrispondenza su questioni di pubblico dominio, prevale il diritto di cronaca al diritto di corrispondenza.
Allo stesso modo Lei ha il diritto a non essere insultato ma – se fosse un personaggio pubblico – questo diritto sarebbe inferiore (veda il caso Ricca) rispetto ad altri diritti esistenti: diritto di critica, etc.
Quindi – per rispondere alla domanda specifica se dare della “puttana” (ad un alto prelato, uno statista, un uomo politico, etc.) è un gesto di libertà, si può rispondere che – in casi specifici e determinati da considerare volta per volta – anche usare alcune parole corrisponde all’esercizio del diritto di critica così come è stato per il caso Ricca: per il Presidente della Repubblica sarebbe la stessa cosa.
Il caso di Farina non capisco cosa c’entri: è stato condannato per falso in atto pubblico per il caso che lei ha ricordato. Il fatto che in altre circostanze nessuno avesse preso provvedimenti non significa niente.
Sul fatto che turbare un rito religioso può costare sino a due anni di galera ha ragione (anche se mi sembra una pena esagerata) ma – nel caso specifico delle Pussy Riot – non c’era nessun rito in corso: ci sono dei video che lo documentano.
Sinteticamente:
1) Se non si dovesse valutare caso per caso non sarebbero necessarie le aule dei tribunali, giudici e avvocati;
2) Il caso Berlusconi vs Ricca o qualunque altro caso è interessante ma, a quanto ne so, nel nostro ordinamento, a differenza di altri, non fa obbligatoriamente giurisprudenza;
3) l’offesa a una persona, per di più perpetrata in un luogo sacro, a parer mio come “gesto di libertà” fa un po’ schifo, ma questa è solo la mia opinione.
4) il caso Farina c’entra, come mi pareva d’aver ben spiegato, solo come esempio dell’efficacia delle norme giuridiche anche nei casi in cui la loro applicazione è disattesa per lungo tempo e in molte circostanze;
5) so benissimo che nel caso in esame non è stato interrotto alcun rito, ma io ho ricordato la norma del diritto italiano (mi cito testualmente) “per completezza di informazione”;
Chiedo scusa a chi se ne intende se ho adoperato termini giuridici in maniera impropria, ma come ho precisato altrove, non sono un giurista e non ci tengo ad atteggiarmi come tale.
1) Concordo con lei
2) Sul punto 2 ha parzialmente ragione. L’Italia è un paese di civil law (a differenza di quelli britannici di common law) dove la legge è fatta dal legislatore: però le sentenze della Cassazione (come quella relativa al caso Ricca) aiutano il giudice ad interpretare la legge per casi simili che possono avvenire in seguito. Quindi – se si presentasse un caso simile a quello Berlusconi vs. Ricca – è facile che la sentenza sia la stessa.
3) Questione di punti di vista.
4) Non si può prendere il caso Farina come esempio. Nel caso specifico bisognerebbe considerare:
a) Se sono avvenuti altri casi simili.
b) Se per altri casi c’era stata notizia di reato al Giudice per le indagini preliminari.
c) Se per altri casi le disposizioni di legge erano diverse (nel caso specifico credo che a decidere non fosse una legge specifica ma una circolare del ministero).
5) E’ vero: lei ha ricordato la norma del diritto italiano per completezza di informazione. Ha fatto più che bene.
A mio parere non ha nulla di cui scusarsi: è stato molto preciso.
Sul “caso” Farina io mi sono riferito alla memoria difensiva di Farina stesso pubblicata su questo sito, che, pur essendo per natura “di parte”, mi pare chiarisca piuttosto inequivocabilmente che il altre circostanze simili (e per certi versi più gravi) la norma (legge o regolamento che sia) non sia stata interpretata in modo così restrittivo (e applicata con lo stesso zelo) come è accaduto nei riguardi del deputato del PDL.
Tuttavia, sono portato a ritenere che Lei, se vive in Italia, non debba fare grande sforzo di immaginazione per individuare casi più eclatanti e pertinenti di questo per quanto riguarda norme che pur essendo pienamente presenti nell’ordinamento, e quindi efficaci, restano largamente disapplicate, salvo poi essere tirate in ballo si tratta di “incastrare” qualcuno.
Rileggendo quello che ho scritto, mi tocca rinnovare le mie scuse a chi è competente in materia, per l’eventuale uso di termini legali a sproposito. Naturalmente sono gradite correzioni e osservazioni.
Gentile Alberto,
Ho letto la difensiva di Farina e ritengo che nel caso ci siano alcuni punti da chiarire: comunque mi farebbe piacere leggere le motivazioni del Gip prima di lanciarmi in accuse in un verso o nell’altro ma non credo sia possibile.
Nel caso specifico credo – visto che ci sono state anche delle ammissioni – che altri parlamentari si siano comportati come Farina senza subire le stesse conseguenze.
Comunque bisognerebbe vedere se c’era stata – per altri casi – la notizia di reato al Gip e – nel caso di Farina – da chi sia partita la denuncia. Se un giudice riceve notizia di un reato è obbligato ad andare avanti: se non lo facesse sarebbe omissione d’atti d’ufficio. Sebbene questo reato sia perseguibile d’ufficio (ossia anche una denuncia specifica) non credo che il Gip fosse nella situazione di sapere cosa Farina aveva fatto se non c’era stata una qualche comunicazione di reato.
Comunque per tornare al punto che lei ha posto (la disapplicazione di una legge ne inficia la validità?) mi permetta di spiegare per quale motivo il caso di Farina non è attinente.
Farina è stato condannato per “falso in atto pubblico”: questo è un reato che trova spesso applicazione in vari casi (magari non in casi analoghi a quello di Farina).
Situazione diversa è il caso del “vilipendio al Presidente della Repubblica”, reato per cui – a memoria – non ricordo condanne (solo aperture di fascicoli).
Quindi il primo è un reato che trova spesso applicazione ma magari non sarà stato applicato ugualmente in casi simili a quello di Farina (cosa che avviene anche per altri reati) mentre il secondo è un caso che – da anni a questa parte – non trova applicazione in nessuna circostanza: per questo i due esempi non sono paragonabili.
Quindi una legge se disapplicata resta formalmente valida ma di sicuro è desueta. Pensi al reato di accattonaggio che era presente sino ai primi anni ’90: ancora prima che fosse abrogato (ora esiste solo in singoli regolamenti comunali) era un reato ma – essendo considerato anacronistico – non veniva mai applicato.
Lo stesso si può dire del reato di vilipendio al presidente della repubblica: tutti i politici che hanno insultato (qualcuno anche in maniera pesante) il presidente della repubblica non sono stati mai neanche rinviati a giudizio (ogni tanto si apre un fascicolo che poi viene archiviato) proprio perché è un reato anacronistico e prevale a livello sociale il diritto di manifestazione del proprio pensiero al cosiddetto “onore” (concetto difficile da delineare) del capo dello stato.
Mi pare capire che il nostro Paese in realtà sia una “magistocrazia”, dal momento che quello che conta è la discrezionalità sostanziale del giudice nell’interpretare e nell’applicare una norma.
Con ciò voglio dire che visti i tempi e le modalità del processo in Italia, l’obbligatorietà dell’azione penale in moltissimi casi è solo pro forma, dato il numero di procedimenti che, per cosi dire, giacciono indisturbati nei cassetti o nelle scansie degli uffici giudiziari, mentre a certe indagini e certi processi, magari più rilevanti mediaticamente e politicamente, si dà corso con solerzia e celerità a dir poco sospette.
Se nel caso Farina il pm e il giudice hanno rispettivamente accusato e condannato il deputato ad un reato, sì frequentemente perseguito, ma sulla base di una interpretazione restrittiva del ruolo e della figura del “collaboratore”, che altri pm o altri giudici non hanno ritenuto di dover applicare ad altri casi del tutto analoghi, viceversa, nei casi di vilipendio si assiste al fenomeno contrario: il reato formalmente ci sarebbe, ma si fa finta di nulla, perché la norma, sebbene sia ancora vigente viene considerata desueta dal giudice e dunque disapplicata. Qui oltre ad assestare un potente calcio nel sedere alla certezza del diritto, mi pare si possa tranquillamente parlare di supplenza o, per meglio dire, di ingerenza del potere giudiziario su quello legislativo dello Stato.
No Alberto,
mi scusi ma non condivido. Nel nostro Paese (essendo un sistema di “civil law”) la legge è fatta dal Parlamento ed il giudice ha il compito di interpretarla (attraverso modi che ora non sto a spiegare perché sarebbe lunghissimo) ma sicuramente ha il dovere di applicarla. Quella che lei chiama “magistocrazia” esiste nei paesi di common law (di solito sono britannici) dove la pena è stabilita dal singolo giudice anche considerando i precedenti.
L’azione penale è sempre obbligatorio sebbene – nei fatti – un magistrato tra un furto ad una bancarella di cocomeri e ad un omicidio di mafia preferirà dedicare più tempo al secondo: il problema è dotare la magistratura di strumenti adeguati ma questo è un altro problema.
Visto che si è parlato di interpretazione della legge, nel caso di Farina l’interpretazione che il Gip poteva dare era limitatissima.
Per le visite in carcere bisogna richiedere l’autorizzazione al giudice. Sono esentati dall’autorizzazione i parlamentari ed i consiglieri regionali (non so se anche altre figure) ed i loro collaboratori. Una circolare ministeriale intende come “collaboratori” le figure inquadrate nella segreteria dei parlamentari (i cosiddetti “portaborse”) che hanno un regolare contratto di lavoro: infatti sarebbe meglio parlare di “dipendenti” piuttosto che di collaboratori. Nel caso specifico Farina si fece accompagnare da un “tronista” amico di Lele Mora facendolo risultare come “collaboratore”. Il Gip non poteva far altro che leggere la circolare ministeriale che prescrive che solo i portaborse (ossia figure legate da un contratto di lavoro al politico) che accompagnano un parlamentare non necessitano dell’autorizzazione e constatare che il tronista non fosse un portaborse di Farina (ossia non avesse un contratto di lavoro con Farina): c’era ben poco da interpretare ma solo confrontare delle carte (Farina ha messo nero su bianco che il “tronista” era un suo collaboratore). Se il Gip non avesse fatto ciò che ha fatto sarebbe stata “omissione d’atti d’ufficio”. Per i casi analoghi di cui lei parla bisogna verificare se un Gip avesse avuto notizia del reato ma questo è tutto da verificare e provare.
Inoltre il reato di falso in atto pubblico si basa su documenti e l’interpretazione del giudice è veramente limitata.
Il vilipendio al presidente della repubblica è un reato del tutto diverso dal falso in atto pubblico e di certo non è facile individuare l’esatto confine tra critica legittima al capo dello stato e vilipendio e perciò è difficilissimo essere perseguibili per questo reato: inoltre immagino che ci sarebbe anche una pressione da parte del Quirinale per non procedere.
Sul falso in atto pubblico ci sono delle carte e dei documenti: se dichiaro che sono un ingegnere nucleare e poi non lo sono il Gip ha ben poco da interpretare.
Non c’è nessuna ingerenza – come lei scrive – del potere giudiziario su quello legislativo: i giudici seguono delle regole (codice di procedura penale e civile) che sono decisi dal parlamento (ossia potere legislativo). E’ il potere legislativo che stabilisce quali regole devono seguire i giudici.
Poi guardi, non faccia di Renato Farina un eroe o un martire.
Nel caso specifico Roberto Farina è andato a trovare in carcere Lele Mora portandosi dietro – spacciandolo come assistente ufficiale – non un politico locale come può capitare ma un “tronista” (o aspirante tale) che era amico dello stesso Lele Mora: quindi una persona che teoricamente poteva anche essere coinvolto anche nell’inchiesta giudiziaria in cui è coinvolto Lele Mora e magari se questo tronista avesse fatto una normale domanda per visitare Mora, il permesso gli sarebbe stato negato per i suddetti motivi. C’è da domandarsi come mai Farina si sia portato proprio quel tronista e se fossi stato nel magistrato (non è detto che non lo abbia fatto) sarei andato a fondo nella questione: una condanna per falso in atto pubblico era il minimo che poteva ricevere.
Caro Cagliostruzzo bello, gli antichi dicevano anche “sutor, ne supra crepidam!” e, anche cristianamente parlando, è meglio il linguaggio poco urbano ma onesto di uno “scaricatore di porto” di quello spocchioso, capzioso e ambiguo di un supponente aspirante azzeccagarbugli da strapazzo come te.
Ancora sinteticamente:
1) Il problema e che in Italia non si perseguono gli omicidi, ma i ladri di cocomeri.
2) Realacci va a trovare Sofri portandosi Cofferati in veste di collaboratore e questo va bene, Farina va a trovare Mora portandosi un amico di quest’ultimo in veste di collaboratore e questo non va bene, anche se le fattispecie appaiono identiche: se è falso in atto pubblico il secondo, giocoforza lo è anche il primo.
3) Le ricordo inoltre che se è vero che nel common law le sentenze fanno giurisprudenza, è anche vero che così garantisce all’imputato l’omogeneità di giudizio per casi simili, togliendo discrezionalità e dunque potere alla magistratura, il che non sarebbe poco in una democrazia dove i magistrati sono nominati per concorso e non eletti dal popolo.
4) Io non sono il difensore d’ufficio di Farina, tuttavia i moralisti che puntano il ditino mi fanno ribrezzo più di lui.
Scusi l’incompletezza della risposta ma ho avuto poco tempo.
1) Lei è proprio sicuro che i furti di cocomeri siano perseguiti più di altri tipi di reati? La situazione è un po’ diversa. http://www3.istat.it/dati/catalogo/20051021_00/ann0512statistiche_giudiziarie_penali03.pdf
2) Nel caso di Realacci che è andato a trovare Sofri portandosi dietro Cofferati, Lei può affermare senza ombra di dubbio che il Gip fosse venuto a conoscenza del fatto?
E potrebbe affermare senza ombra di dubbio che al tempo della visita di Cofferati a Sofri (credo 2002-2003) fosse in vigore il regolamento carcerario vigente al tempo della visita di Farina?
E potrebbe affermare – sempre senza ombra di dubbio – che Cofferati non avesse richiesto al giudice un normalissimo permesso per visitare Sofri assieme all’allora parlamentare Realacci?
Se non è in grado di affermare l’esistenza di queste tre circostanze (e mi spiace ma non credo possa farlo) allora è inutile creare una polemica.
Aldilà dell’aspetto penale credo che ci sia una bella differenza andare tra Cofferati che visita Adriano Sofri che è stato condannato con sentenza definitiva ed un tronista che va a visitare una persona (a cui è legato per rapporti professionali) la cui vicenda giudiziaria non è ancora chiusa.
3) Guardi che sono proprio i sistemi di common law (ossia britannici) quelli in cui il potere e la discrezionalità del giudice è maggiore. In Italia la discrezionalità del giudice non è assoluta (ossia svincolata da tutto e tutti) ma è strettamente legata all’articolo 12 delle preleggi del codice civile.
L’omogeneità di giudizio per casi simili è fatta invece dalle sentenze della Corte di Cassazione.
4) Farina ha sbagliato ed è giusto che paghi: strano che Tempi si stracci le vesti per un parlamentare (già famoso alle cronache giudiziarie) condannato per falso in atto pubblico nella democratica Italia e poi sia a favore della condanna di tre ragazza condannate per un reato di opinione (molto meno grave del falso in atto pubblico) nella non-democratica Russia.
Egregio Cagliostro
Francamente trovo insopportabilmente puerile che mi si contesti con dei dati ISTAT un’affermazione lapalissianamente iperbolica come quella che ho fatto parlando della predilezione di certi pm e certi giudici per la persecuzione dei ladri di cocomeri in luogo degli assassini (vorrei ben vedere che, almeno statisticamente, non fosse il vero il contrario!).
Sulla vicenda in cui è incappato il non certo simpaticissimo Farina, devo amaramente constatare che lei ama più dilettarsi di sofismi da azzeccagarbugli manzoniano che il dialogo franco e sincero con le persone normali come il sottoscritto.
Pertanto la lascio volentieri a bearsi alla sua stucchevole prosopopea da leguleio dilettante che oggigiorno è tipica dell’abbonato al Fatto Quotidiano.
Arrivederci.
Egregio Alberto,
se la sua frase sui giudici che preferiscono trovare i ladri di cocomeri era un’esagerazione le assicuro che non avevo colto la battuta: era un po’ difficile da cogliere lo spirito. Comunque è sempre meglio ristabilire la verità anche con l’aiuto di Istat sebbene – con tutto il rispetto per l’infanzia – non credo che sia di puerile competenza (nel senso di fanciulli) avere a che fare con i dati Istat.
Riguardo il caso Farina mi spiace ma cerco di evitare le facili soluzioni o le frasi fatte. Se vogliamo ragionare per luoghi comuni ne conosco un paio molto belli (“Non esistono più le mezze stagioni” oppure “I giovani d’oggi non rispettano più gli anziani”) ma dubito si possa progredire.
Mi deve scusare ma – parlando di leggi e giustizia – preferisco evitare il livello delle discussioni da bar o da barbiere (forse perché sono posti che non frequento molto) e credo sia necessario – sempre per evitare i luoghi comuni – avere un minimo di cognizione di causa riguardo ciò di cui si parla altrimenti si rischia di prendere delle sonore cantonate.
Se si vuole parlare di legge bisogna conoscere la legge così come se si vuole parlare di cucina bisogna avere nozioni di cucina. Ovviamente non è necessario parlare di leggi e giustizia si può sempre parlare di calcio ma premetto che sono particolarmente ignorante in materia: con la musica me la cavo meglio.
Mi fa piacere sapere che Lei conosca talmente bene la “prosopopea” del lettore de Il Fatto Quotidiano: non sapevo ci fosse un linguaggio tipico di noi che leggiamo Il Fatto.
I migliori saluti
Perché tu, pusillanime cagliostruzzo, cosa oseresti dire (o forse dovrei scrivere “cosa oseresti fare”?) al sottoscritto qualora lo vedessi faccia a faccia invece di immaginartelo microbico, cialtrone e ignorante da dietro lo schermo del tuo sudicio pc?!
Debbo forse intendere codesto tuo miserabile intervento velatamente minatorio come la nobile aspirazione a conoscermi e a dirmi il fatto mio di persona, magari all’alba dietro il convento dei carmelitani scalzi?
Caro mio, è inutile che tu ti affanni a distribuire la patente di ignorante a destra e a manca, tanto è bastata, una volta per tutte, la tua battuta sulla Genesi e i Genesis per rivelare definitivamente all’universo mondo la tua insolente nullità, della quale è meglio che tu te ne faccia una ragione e te ne torni a cuccia.
Io ho francamente ammesso di non essere un giurista, ma non ritenersi un giurista non significa automaticamente essere un pirla, visto e considerato che la realtà dei fatti e la ragione prevalgono immancabilmente su ogni sofisma tecnicistico che si vorrebbe opporre loro.
Tuttavia non le do torto se non si vuole imbarcare in discussioni da bar, anche se, a mio modesto avviso, una diatriba da principi del foro (boario!) sulla misura in cui un singolo fatto di cronaca giudiziaria-parlamentare, costituisca un valido esempio di strabismo nell’applicazione di leggi e regolamenti da parte di chi vi è preposto, attiene più propriamente alla categoria della “sega mentale” per specialisti, e in aggiunta mi lascia la sensazione che si prova sapendo che c’è chi critica le sentenze a partire dal colore dei calzini portati dal giudice che le emette.
Non essendo io uno specialista e men che meno un amante delle seghe mentali, eviterò dunque di citare il caso eclatante della consigliera della regione Lazio, Anna Pizzo, già citato da Farina nella sua memoria difensiva, e indirizzarla alla lettura dell’articolo di Liberazione che riguardava la sua vicenda, presumendo che lo abbia letto da solo.
Ciò perché il punto della discussione era ed è un altro: nel nostro ordinamento di Paese libero e democratico esistono delle norme non proprio benevole verso chi offende le istituzioni dello Stato, che hanno poco da invidiare, come intento repressivo, alle tanto vituperate leggi della Russia post comunista.
Sapendo che poi, come ha rilevato lei, queste norme non trovano sostanziale applicazione per merito (o colpa) della magistratura che le rende autonomamente desuete che senza aspettare che il legislatore, eletto dal popolo, si decida ad abrogarle, io per così dire “peggio mi sento”!
E i motivi del mio malessere sono facilmente intuibili, anche da un “tecnico” da “bar sport”.
Scusa Alberto se intervengo a margine di codesta dotta discussione, ma sarà bene che tu sia informato che il signor “Cagliostro” è il medesimo che un giorno affermò di non conoscere il libro della Genesi, ma di sapere piuttosto chi fossero i Genesis, quelli di Phil Collins, Peter Gabriel e via canticchiando.
@Alberto
È vero che lei ha ammesso di non essere un giurista e non essere un giurista non significa essere un pirla ma se un non-giurista vuole parlare di leggi non avendone nessuna cognizione qualche cantonata prima o poi la spara.
Purtroppo la “realtà dei fatti” a cui lei si riferisce – nel caso della giurisprudenza – è fatta da leggi, preleggi, procedure: tutta roba “non da bar dello sport”. Lo so che è roba noiosa: cosa ci vuol fare….
La critica alle sentenza “a partire dal colore dei calzini portati dal giudice che le emette” mi ricorda un po’ il famoso servizio di Studio Aperto (o Tg5: non ricordo bene) sui calzini viola del giudice Mesiano: forse poteva scegliere un altro esempio visto che siamo nel tempio di CL.
Faccia conto che le nostre norme verso chi offende le istituzioni dello Stato di cui Lei parla sono nate nel periodo fascista (il codice penale Rocco) mentre la legislazione repressiva russa è molto più moderna: di certo potremmo eliminarle dal nostro codice ed ogni tanto il Parlamento fa un po’ di “pulizia”.
Si sbaglia: la magistratura continua ad applicare queste norme “desuete”. Se io da un palco insulto il Presidente della Repubblica stia pur certo che un magistrato apre un fascicolo nei miei confronti: quindi il giudice non ignora affatto la legge (seppur desueta). Il magistrato ovviamente non è obbligato a rinviare a giudizio una persona e può procedere tranquillamente all’archiviazione se ritiene – dopo aver valutato la situazione – che non ci siano estremi di reato. Tutto questo avviene – ovviamente – in base a quel codice di procedura penale frutto del legislatore.
@Gmtubini,
Si ricorda di me? Strano: io non mi ricordo di lei. Si vede proprio che lei mi considera molto di più di quanto io consideri lei.
Credo di aver potuto dire quella frase: in effetti ho più dimestichezza con i Genesis (ma non solo) che con la Genesi di cui ne ho solo sentito parlare (si vive bene anche senza: glielo assicuro).
In questo caso però si parla del libro del Codice Penale: forse il libro della Genesi le serve ben poco.
Caro Cagliostro, ci sono delle frasi che da sole chiariscono in modo straordinario e inequivocabile la vera statura morale e intellettuale di un individuo, per quanto costui si sia arrovellato per costruirsi un’immagine rispettabile.
Imbattersi in queste vere e proprie “topiche rivelatrici” è un evento abbastanza raro da rimanere ben impresso nella memoria di chi vi assiste. Di che ti stupisci, dunque, se io mi ricordo bene della tua solennissima figura di merda?
Il fatto che io mi sia rivolto a Lei con il “Lei” ed invece Lei si rivolga a me dandomi del “tu” denota benissimo quanto sia bassa la Sua statura morale e la Sua educazione: io continuerò a darLe del Lei ma non per una forma di rispetto – che non ho affatto nei Suoi confronti – ma solo per una forma di distacco.
Il fatto che Lei – da bravo “cattolico benpensante” – usi una espressione così volgare come “figura di merda” dimostra – se non fosse ancora chiaro – quanto basso sia il Suo livello intellettuale e le Sue capacità dialettiche.
Il fatto che un individuo di tale bassezza intellettuale pensi che io abbia fatto una “figura barbina” (mi scusi ma non sono capace come Lei di certe volgarità) mi può solo rallegrare.
Non si preoccupi: non penso proprio a volermi costruire una “immagine rispettabile”. Sono i “moderati” quelli che si preoccupano di questo: quelli che si stringono la mano in Chiesa la domenica e poi firmano petizioni per gli sgomberi.
Il fatto che io non mi ricordi di Lei dimostra solo una cosa: che Lei per me vale meno di niente. Non se la prenda troppo e cerchi rifugio nella Sua Genesi.
Nossignore, caro Cagliostro delle mie ciabatte, altro che “barbina”, la TUA è stata una vera e propria figura di MERDA!
E sappi che, facendo penosamente leva sulla pinzillacchera da bamboccio viziatello il quale marca le distanze stizzito per non aver ricevuto il dovuto rispetto da chi, invece, sotto sotto, pretenderebbe di prendere in giro millantando competenze e statura morale che è ben lungi da possedere, la TUA figura di MERDA non si ridimensiona per nulla!
Anzi…
E secondo Lei da una scala da 0 a 0 quanto mi può interessare di quello che Lei pensa?
Ah questi cattolici benpensanti….è così facile che si accendano…..ovviamente dietro lo schermo di un pc…..
Brevemente:
1) tra essere un “giurista” e non avere alcuna cognizione di giurisprudenza ce ne corre assai;
2) tra essere un “giurista” e ritenersi tale ce ne corre ben più che “assai”;
3) la realtà dei fatti e le “leggi, preleggi e procedure” non sono propriamente la medesima cosa, grazie a Dio;
4) il riferimento al giudice coi calzini è grosso modo esatto, io intendevo dire che commentare una sentenza partendo dal colore dei pedalini indossati dal giudici è quanto meno fuorviante rispetto al nocciolo del problema;
5) a parte il fatto che stando alla mia di memoria almeno un illustre condannato per vilipendio del Capo dello Stato effettivamente ci fu (si diverta a scoprirne il nome da solo), il fatto che i giudici decidano sistematicamente di non procedere per tale reato non saprei proprio come giustificarlo se non con una volontà generale di considerarlo obsoleto;
6) la sua battuta sul libro della genesi citata da Gmtubini è veramente penosa, senza se e senza ma, e fossi in lei me ne vergognerei alquanto prima di voler dar lezioni di educazione, ma questa è solo la mia opinione, per carità!
Forse non hai capito, cagliostruzzo bello, che io di te sghignazzo a crepapelle!
Alberto,
1) Ha ragione. Tra essere un giurista e non avere alcuna cognizione di giurisprudenza c’è una certa differenza: da sua stessa ammissione Lei si è posto al livello del “tecnico” da “bar sport”.
2) Come sopra ha ragione. Tra essere un giurista e ritenersi tale c’è ancora più differenza: lei – con grande onestà – si è posto al livello da “bar sport”.
3) Se parliamo di giurisprudenza, la realtà dei fatti è fatta da “leggi, preleggi e procedure”: se non lo capisce è proprio sul piede sbagliato.
4) Ha ragione: partire dal colore dei pedalini come ha fatto Mediaset è sbagliato. Lei se dovesse commentare una sentenza da dove comincerebbe?
5) Forse non legge ciò che le ho scritto. I giudici procedono per il reato di vilipendio al presidente della repubblica (ci sono molti casi) ma poi considerano che non ci sono gli estremi per un rinvio a giudizio. L’obbligatorietà dell’azione penale non implica il rinvio a giudizio: forse non Le è chiaro questo concetto.
Se sa che c’è stato un condannato (con sentenza definitiva) me lo dica pure (inutile fare gli indovinelli) ma spero che non si riferisca ad una semplice apertura di fascicolo.
6) Affermare di non conoscere la Genesi è una battuta offensiva? Avete uno strano senso dell’umorismo. Comunque non do lezioni di educazione (non è proprio tra le mie priorità) ma solo constatazioni. Non credo che sia lei a dirmi se io debba o meno vergognarmi e francamente della sua opinione non ci faccio nulla.
@Gmtubini,
ride? Gli antichi dicevano “Risus abundat in ore stultorum”.
Io comunque noto un certo nervosismo e non si rende conto di quanto si sta rendendo ridicolo: mi fa una grande pena e provo una grande pena che sul sito di Comunione e Liberazione si accetti un linguaggio da scaricatore da porto……ma d’altronde gli effetti del movimento CL sono ben visibili.
Caro Cagliostruzzo bello, gli antichi dicevano anche “sutor, ne supra crepidam!” e, anche cristianamente parlando, è meglio il linguaggio poco urbano ma onesto di uno “scaricatore di porto” di quello spocchioso, capzioso e ambiguo di un supponente aspirante azzeccagarbugli da strapazzo come te.
Di solito sono gli ignoranti – non sapendo cosa dire – che accusano le persone esperte di essere “spocchiose”: come se la conoscenza fosse un peccato di cui vergognarsi.
Di “onesto” nel suo discorso c’è poco o nulla: infatti non è entrato (ma non poteva neanche) entrare nel merito del discorso dell’articolo ma voleva solo insultare facendo del “cyber-bullismo”.
Ovviamente – dietro lo schermo di un pc – siamo tutti bravi a fare i “bulli” ma nella vita reale la situazione è diversa. Ma d’altronde se uno il coraggio non ce l’ha non se lo può mica dare.
Se il suo è un linguaggio da “cristiani” (ma non credo affatto) sono contento di non esserlo: il suo è solo un linguaggio di una persona che ha ricevuto una cattiva educazione.
Perché tu, pusillanime cagliostruzzo, cosa oseresti dire (o forse dovrei scrivere “cosa oseresti fare”?) al sottoscritto qualora lo vedessi faccia a faccia invece di immaginartelo microbico, cialtrone e ignorante da dietro lo schermo del tuo sudicio pc?!
Debbo forse intendere codesto tuo miserabile intervento velatamente minatorio come la nobile aspirazione a conoscermi e a dirmi il fatto mio di persona, magari all’alba dietro il convento dei carmelitani scalzi?
Caro mio, è inutile che tu ti affanni a distribuire la patente di ignorante a destra e a manca, tanto è bastata, una volta per tutte, la tua battuta sulla Genesi e i Genesis per rivelare definitivamente all’universo mondo la tua insolente nullità, della quale è meglio che tu te ne faccia una ragione e te ne torni a cuccia.