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Le condizioni di Erdogan per l’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato

Il messaggio del presidente turco ad Alleanza Atlantica ed Europa è chiaro, e c'entra con la guerra che la Turchia sta combattendo contro i curdi

Rodolfo Casadei
18/05/2022 - 6:25
Esteri
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Erdogan Turchia
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan (foto Ansa)

Nessuno fa niente per niente: se volete che la Turchia ospiti 3 milioni e mezzo di profughi siriani anziché spingerli verso l’Europa dovete pagare 6 miliardi di euro, se volete fare entrare Finlandia e Svezia nella Nato dovete smettere di ostacolare la mia guerra contro i curdi di Siria e di Turchia. Si potrebbe riassumere in questi brutali termini il messaggio che Recep T. Erdogan ha mandato alla Nato e all’Europa manifestando la sua opposizione all’ingresso dei due paesi nordici nell’Alleanza Atlantica.

Le accuse di Erdogan a Svezia e Finlandia

Nel dettaglio, prima il presidente turco ha accusato Svezia e Finlandia di dare ospitalità ai terroristi del Pkk (il partito curdo di Turchia di estrema sinistra che da 35 anni conduce una lotta armata contro il governo di Ankara che ha causato 40 mila morti) e di avere aperto ad essi le porte del Parlamento (conferenza stampa di venerdì 13 maggio); poi ha aggiunto che Ankara non darà semaforo verde per l’accesso alla Nato a paesi che «impongono sanzioni alla Turchia» (conferenza stampa di lunedì 16 maggio insieme al presidente algerino Abdelmadjid Tebboune). Prima di lui il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu aveva espresso le sue riserve sull’adesione di Finlandia e Svezia alla Nato in quanto i due paesi sosterrebbero il gruppo terroristico Ypg/Pkk (l’Ypg rappresenta la gemmazione siriana del Pkk ed è all’origine delle Fds che hanno combattuto contro l’Isis).

L’embargo sulle armi alla Turchia

Più importante dell’asilo concesso dai paesi nordici a perseguitati politici curdi (sin dagli anni Settanta, prima che il Pkk entrasse in azione) è per il governo turco la questione dell’embargo sulle armi che Svezia e Finlandia hanno messo in atto contro la Turchia dopo che questa, nell’ottobre 2019, aveva per la terza volta in due anni promosso un intervento militare in territorio siriano allo scopo di impadronirsi di aree che fino a quel momento erano state sotto il controllo delle Forze democratiche siriane (Fds), che sono una coalizione fra l’Ypg curda e alcune milizie arabe, siriache e assire.

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In quell’occasione i due paesi cessarono immediatamente di trasferire alla Turchia gli armamenti che questa aveva da loro comprato, e la Svezia cercò di promuovere un embargo delle vendite di armi alla Turchia a livello di Unione Europea. L’iniziativa non ebbe seguito, ma sta di fatto che dopo quel terzo intervento turco contro le Fds, che tanto avevano contribuito grazie anche al supporto della Nato alla lotta contro l’Isis, molti paesi europei hanno limitato o arrestato completamente i trasferimenti di armi e le collaborazioni industriali militari con la Turchia.

Cosa si aspetta Erdogan

Oltre alla Svezia e alla Finlandia, la Repubblica Ceca, l’Olanda, la Norvegia e la Spagna hanno attivato un embargo completo sulle armi alla Turchia; la Francia ha imposto restrizioni su una serie di sottosistemi di difesa e aviazione e l’Italia e la Gran Bretagna hanno deciso di mantenere i contratti in essere ma di non firmarne dei nuovi. La Germania ha sospeso i piani per potenziare i carri armati Leopard-2 già ceduti alla Turchia e sollevato ostacoli burocratici alla vendita di altre attrezzature. Sono stati sospesi i colloqui con il produttore italo-francese Eurosam per la coproduzione del sistema di difesa aerea SAMP/T.

Quando annuncia il veto turco all’ingresso di svedesi e finlandesi nella Nato, evidentemente Erdogan parla a nuora perché suocera intenda: dalla vicenda in corso il presidente turco si aspetta la cancellazione di ogni restrizione alle vendite di armi alla Turchia, e si aspetta che a fare pressioni convincenti sui paesi che lo boicottano sia la Nato piuttosto che la Ue.

Per quanto riguarda le altre recriminazioni di Erdogan, non si può dire che dal suo punto di vista (anticurdo) abbia torto: la Svezia in particolare è sempre stata generosa verso i curdi che fuggivano per ragioni politiche dalla Turchia, dalla Siria, dall’Iraq o dall’Iran. Sabato scorso 14 maggio a Stoccolma il Consiglio democratico siriano (Sdc), ala politica delle Fds, ha organizzato il suo Terzo Forum consultivo col patrocinio del ministero degli Esteri svedese e del Centro Olaf Palme. All’incontro hanno partecipato in collegamento esponenti dell’Ypg basati in Siria, funzionari del Dipartimento di Stato degli Usa e del ministero degli Esteri italiano. Durante il forum sono state discusse proposte per un effettivo decentramento amministrativo nei territori controllati dalle Fds nella Siria nord-orientale.

Le altre recriminazioni di Erdogan

Più stravagante appare l’accusa di Erdogan relativa alla presenza di deputati di origine curda nel Parlamento svedese: in Svezia vivono circa 85 mila persone di origine curda su una popolazione di 10 milioni e 350 mila abitanti. È del tutto naturale che alcuni deputati abbiano radici in tale comunità. Attualmente i parlamentari di origine curda sono 6, eletti alle elezioni politiche del 2018. Si tratta di Gulan Avci del Partito liberale, di Serkan Köse, Qadir Kasirga e Lawen Redar del Partito socialdemocratico, di Sara Seppälä dei Democratici svedesi (destra radicale) e di Amineh Kakabaveh del Partito della Sinistra (sinistra radicale).

I seggi del parlamento svedese sono 349, per cui si può concludere che l’incidenza della “rappresentanza curda” in questa istituzione è il doppio del peso demografico dei discendenti di curdi in Svezia. Com’è evidente, questi deputati rappresentano tutto l’arco politico svedese, e hanno in comune l’attenzione verso la causa curda in generale, ma non un legame specifico col Pkk o con le Fds.

Altre recriminazioni della Turchia nei confronti di Svezia e Finlandia riguardano il fatto che negli ultimi cinque anni nessuna delle 33 richieste di estradizione da parte di Ankara di cittadini turchi che hanno trovato riparo nei due paesi nordici è stata accolta. Le richieste non riguardano solo esponenti del Pkk/Ypg, ma anche dell’organizzazione islamista moderata di Fethullah Gülen, accusati di aver preso parte al tentato colpo di Stato del 2016.

Tags: finlandiaguerra ucrainanatosveziaTurchia
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