Trump sbaglia, non c’è nessun “genocidio dei bianchi” in Sudafrica

Di Rodolfo Casadei
29 Maggio 2025
Le accuse del presidente americano non hanno fondamento, ma è vero che agli eventi politici si può intonare la canzone “spara al boero”
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump con quello sudafricano Cyril Ramaphosa nello studio ovale, Washington, Stati Uniti, 21 maggio 2025 (foto Ansa)
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump con quello sudafricano Cyril Ramaphosa nello Studio ovale, Washington, Stati Uniti, 21 maggio 2025 (foto Ansa)

Non è in corso nessun genocidio contro i boeri, i contadini bianchi sudafricani discendenti dei calvinisti olandesi, tedeschi e francesi che colonizzarono il Sudafrica nella seconda metà del Seicento e che poi dopo il 1948 furono protagonisti del sistema dell’apartheid, tanto meno contro la minoranza bianca in generale (4,5 milioni di persone, cioè il 7,3 per cento della popolazione totale); né è in corso un esproprio delle terre di proprietà degli afrikaner (il nome con cui definiscono se stessi quelli che in Italia chiamiamo boeri).

Invece è vero che il Sudafrica è uno dei paesi più violenti del mondo, fra quelli che producono statistiche il secondo per numero di omicidi annui in rapporto alla popolazione (più di 27 mila per 62 milioni di abitanti, quando in Italia con una popolazione numericamente quasi identica ce ne sono stati 319 l’anno scorso); è vero che in Sudafrica si può cantare impunemente nel corso di acclamati eventi politici “spara al boero”, e che la legge approvata nel gennaio scorso dal parlamento sudafricano per volontà del capo dello Stato e leader dell’Anc (African national congress, il partito storico della lotta contro l’apartheid) Cyril Ramaphosa consente di espropriare terre senza indennizzo.

Genocidio smentito dai numeri

L’accoglienza negli Stati Unti come rifugiati in pericolo di vita di una sessantina di afrikaner e lo show mediatico di Donald Trump in occasione della conferenza stampa col presidente del Sudafrica in visita a Washington nel corso della quale è stata reiterata l’accusa di genocidio ai danni dei bianchi sudafricani si spiegano probabilmente con l’esigenza del presidente americano di fidelizzare la quota dei suoi elettori composta da bianchi particolarmente risentiti delle conseguenze politiche e sociali provocate dal movimento Black Lives Matter e da aderenti ai gruppi suprematisti.

A smentire l’accusa di genocidio non sono solo le statistiche della Transvaal Agricultural Union (associazione dei contadini bianchi di tutto il Sudafrica) e della polizia, che attestano fra i 300 e i 400 assalti a fattorie e l’assassinio di 50-60 farmer (per lo più bianchi) e braccianti (per lo più neri) all’anno, ma gli stessi esponenti dei due partiti che raccolgono la quasi totalità dei voti dei bianchi: la Democratic Alliance (Da, centrodestra, 21,8 per cento alle ultime elezioni grazie anche al sostegno dei meticci, che con l’8,2 per cento sono la principale minoranza etnica dopo i neri, che costituiscono l’81,4 per cento) e il Freedom Front Plus (Ffp destra radicale, 1,3 per cento), erede del Partito Conservatore che considerava troppo generose le aperture del Partito Nazionale di P.W. Botha, la formazione politica responsabile delle istituzioni dell’apartheid e poi delle modeste riforme in risposta ai sanguinosi moti degli anni Ottanta. Questi due partiti fanno addirittura parte, con tanto di ministri, del governo di unità nazionale che si è creato con ben 10 partiti attorno all’Anc all’indomani delle elezioni del 2024. Tuttavia sono molto preoccupati, come tutti i sudafricani, per gli alti tassi di criminalità del paese e per le prospettive della nuova legge sulle espropriazioni di terre, che è passata senza il loro voto e per chiedere l’annullamento della quale sono ricorsi alle corti di giustizia.

Agricoltori afrikaner manifestano a sostegno di un ordine esecutivo del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che concede loro lo status di rifugiati negli Stati Uniti, fuori dall’ambasciata statunitense a Pretoria, in Sudafrica, il 15 febbraio 2025 (foto Ansa)
Agricoltori afrikaner manifestano a sostegno di un ordine esecutivo del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che concede loro lo status di rifugiati negli Stati Uniti, fuori dall’ambasciata statunitense a Pretoria, in Sudafrica, il 15 febbraio 2025 (foto Ansa)

Violenza sociale

In Sudafrica la violenza sociale è sempre stata superiore – quantitativamente – alla violenza politica. Negli anni Ottanta le sommosse, le operazioni dell’ala armata dell’Anc e del Pac (i due partiti che avevano scelto la lotta armata contro l’apartheid), la repressione della polizia e dell’esercito causavano fra i 3 mila e i 4.000 morti all’anno, saliti a 5-6 mila nel periodo fra la liberazione di Nelson Mandela nel febbraio 1990 e le elezioni a suffragio universale dell’aprile 1994. Negli stessi anni le vittime di omicidi per rapine, scontri fra bande, violenza domestica, ecc. non scendevano mai sotto i 20-25 mila all’anno. Dopo la vittoria elettorale dell’Anc nel 1994 si è assistito alla quasi estinzione degli omicidi per violenza politica e una flessione degli assassini per altra causa fino al 2011. Si è passati dai 61 omicidi ogni 100 mila abitanti del 1995 ai 29,6 del 2011. Dopodiché il tasso ha ripreso a crescere per arrivare a 45,5 nel 2023, il secondo più alto del mondo. Secondo dati preliminari il 2024 avrebbe visto una modesta diminuzione: dai 27.172 omicidi dell’anno prima si sarebbe passati a 26.232.

La spiegazione dei tassi di violenza sociale storicamente alti in Sudafrica sta appunto nella storia del paese, caratterizzata dallo sradicamento di popolazioni nel contesto dello sviluppo industriale del paese e da un’urbanizzazione caotica, aggravati dalle legislazioni fondate sulla discriminazione razziale. La più recente ripresa della criminalità dopo un quindicennio di miglioramento ha a che fare col sostanziale fallimento politico dei governi egemonizzati dall’Anc, che per trent’anni ha vinto le elezioni con la maggioranza assoluta dei voti, prima di precipitare al 40,1 per cento (17 punti in meno della precedente tornata) nel maggio di un anno fa. L’Anc ha perso voti a “sinistra” a favore di formazioni politiche scissioniste come gli Economic Freedom Fighters di Jules Malema (9,5 per cento) e uMkhonto weSizwe (il nome dell’ala armata dell’Anc negli anni della guerra contro il regime dell’apartheid) dell’ex presidente Jacob Zuma (14,5 per cento). Malema e Zuma sono i due più importanti leader che non perdono occasione di cantare “shoot the boer” nel corso dei loro comizi. Sono all’opposizione dell’attuale governo di coalizione.

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Spara al boero

La canzone incriminata è nata negli anni della lotta armata, ma ha continuato ad essere cantata in molti comizi anche dopo l’ascesa di Nelson Mandela alla presidenza. Qualificata come incitamento all’odio dalla Commissione sudafricana per i diritti umani nel 2003, è stata messa al bando nel 2011 da una sentenza di un tribunale che ha proibito a Malema di intonarla.

Nel 2022, però, l’Alta Corte di Johannesburg ha stabilito che la canzone non va considerata incitamento all’odio. Nel dispositivo della sentenza la Corte spiega che una «persona ragionevolmente informata» avrebbe capito che «quando si cantano canzoni di protesta, anche da parte di politici, le parole non devono essere intese alla lettera, né il gesto dello sparare deve essere inteso come un invito alle armi o alla violenza». La canzone, infatti, viene normalmente intonata mimando il gesto di un kalashnikov che spara ad altezza d’uomo. La Suprema Corte d’Appello del Sudafrica ha confermato la sentenza dell’Alta Corte di Johannesburg.

I partiti di Malema e di Zuma considerano troppo moderata la legge sull’esproprio di terre approvata da Ramaphosa. Secondo un portavoce del presidente essa consente l’espropriazione senza indennizzo solo in circostanze «giuste, eque e nell’interesse pubblico». Questo include il caso in cui la proprietà non venga utilizzata e non vi sia alcuna intenzione di svilupparla o trarne profitto, o quando rappresenti un rischio per le persone. Ai sensi della legge, lo Stato «non può espropriare una proprietà arbitrariamente o per uno scopo diverso dall’interesse pubblico». «L’espropriazione non può essere esercitata a meno che l’autorità espropriante non abbia tentato senza successo di raggiungere un accordo con il proprietario». Da e Ffp invece ritengono che la legge infranga il diritto alla proprietà privata.

Riforme agricole

La proprietà di terre agricole in Sudafrica è storicamente sbilanciata a favore dei contadini bianchi rispetto alla maggioritaria popolazione rurale nera: negli anni dell’apartheid l’87 per cento di tutto il territorio (rurale e urbano) era riservato ai bianchi. L’attuale situazione vede gli agricoltori di origine europea possedere il 47 per cento dei 112,5 milioni di ettari del territorio sudafricano, mentre i neri (che comprendono anche meticci e indiani) ne possiedono l’11 per cento; a quest’ultimo dato va aggiunto un 13 per cento di terreni agricoli nelle ex riserve che l’apartheid aveva destinato agli africani. Questi ultimi sono generalmente posseduti in forma collettiva dalle comunità locali, secondo la tradizione africana.

I governi sudafricani post-apartheid sono fino ad oggi andati coi piedi di piombo nelle riforme agricole, memori del fallimento dello Zimbabwe; all’inizio del corrente millennio il governo di Robert Mugabe trasferì senza indennizzo la proprietà di migliaia di aziende agricole appartenenti a coloni bianchi a contadini neri privi di capacità di investimento oppure a soggetti ammanicati col potere totalmente estranei al mondo agricolo. Il risultato fu una disastrosa caduta della capacità produttiva e delle esportazioni, da cui il paese non si è più ripreso. Invece in Sudafrica quello agro-industriale è il settore più in salute di tutta l’economia, che negli ultimi due anni è rimasta sotto l’1 per cento di crescita del Pil. Le agroesportazioni sudafricane sono passate dai 2 miliardi di dollari del 2001 ai 14 miliardi dell’anno scorso. Lo Zimbabwe, che nel 2007 quasi non importava derrate agricole dal Sudafrica, oggi importa per un valore prossimo a 1,2 miliardi di dollari.

@RodolfoCasadei

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