Tranquilli, il terrorista di Parigi era solo un po’ depresso

Di Redazione
01 Novembre 2019
Uccise quattro agenti a Parigi, ma Mickael Harpon era solo frustrato per il suo lavoro. Perché facciamo così fatica a fare i conti con l'islamismo
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Non era un terrorista, ma solo un pazzo, un depresso. Questa ci sembra di averla già sentita e, se è vero quanto riportava ieri Libero, anche per il caso di Mickael Harpon, il 45enne di Martinica, che il 3 ottobre ha ucciso quattro agenti nella prefettura della polizia di Parigi, si conferma la regola secondo cui si fatica a chiamare i “terroristi” con il loro nome.

France Inter ha rivelato che, secondo gli inquirenti, il gesto folle di Harpon non sarebbe motivato dalla sua adesione all’ideologia islamista, ma da una «frustrazione professionale per il posto di semplice funzionario, aggravata dal suo leggero handicap di sordità».

Motivi di lavoro

Insomma, era solo un po’ depresso per motivi personali e di lavoro. Il fatto che, come scrive Libero, «dopo la strage jihadista di Charlie Hebdo del 2015 avesse esultato, dicendo che i vignettisti del quotidiano satirico si erano meritati quella fine» o che si fosse convertito all’islam, radicalizzandosi nella moschea di Gonesse, o che, prima dell’attentato, avesse scambiato con la sua compagna dei messaggi in cui spiegava che era Allah a spingerlo al folle gesto, non sono fatti che hanno fatto traballare i giudizi degli inquirenti.

La paura di avere un nemico

Staremo a vedere se lo scoop di France Inter sarà confermato. Resta il fatto, come hanno notato diversi osservatori, che esiste una difficoltà culturale del mondo occidentale nell’ammettere di avere dei nemici che ci odiano per quello che siamo.

«Ci combattono anch’essi per ciò che siamo», ci uccidono indiscriminatamente «per le nostre idee – ai loro occhi blasfeme – di libertà, democrazia, uguaglianza uomo-donna». È faticoso costringersi anche solo a “pensare” di fronteggiare una minaccia di questo tipo. «Ma se è così, il fatto di chiamare le cose con il loro nome, riconoscendo che è per questo che il terrorismo islamista ci fa la guerra, non può che aiutarci a resistergli e a sconfiggerlo».

Se è vero che non tutti i musulmani sono terroristi è anche senz’altro vero che derubricare a pazzia ogni atto terroristico significa non volere fare i conti con la realtà.

Foto Ansa

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