Tipi sinistri di Pansa. La sinistra è un inferno
“Tipi sinistri. I gironi infernali della casta rossa”. Il titolo dice già dell’autore. E chi, se non l’inventore del cronista politico dalla lingua incandescente, irriverente, felicemente ipermetaforica? Giampaolo Pansa, giunto all’età della maturità, prende le misure e prepara una bella bara alla “casta rossa”. E lo fa con «un racconto scritto come un romanzo, ma dove tutto è vero, pure nei dettagli». Con una cavalcata lunga 400 pagine, costellata di ritratti di Invincibili, Sconfitti, Superstiti, Isterici, Apprendisti, Indignati, Bolliti, Dispersi, Rinati, Inguaiati. Tutti maiuscoli. Tutti ospiti della sovrana arte della caratterizzazione dei personaggi che cinquantun anni di esercizio del mestieraccio hanno reso Pansa campione incomparabile di stile e, come si dice, di “ciccia” notiziabile.
Dunque, entrando nel dettaglio di profili di politici che erano nati per egemonia gramsciana (e che sono durati per editoria debenedettiana), l’autore si avventura in un’ennesima opera “revisionista”. Perché? Perché loro «saranno i probabili vincitori delle prossime elezioni». Gli uomini e le donne (pochine a dire il vero, ma buone per farci il trio cerbero Camusso-Bindi-Annunziata) della sinistra italiana. Si comincia con gli Invincibili Giorgio Napolitano e Carlo De Benedetti. Con il “Presidente” per antonomasia e l’“Editore” per eccellenza. Al cui servizio, «pagato in modo soddisfacente e a volte bene», l’autore è stato «la bellezza di trentun anni». Il caso dell’Ingegnere è presto risolto: aprile ’93, nel pieno di Tangentopoli, un uccellino rivela che il padrone di Repubblica-Espresso è nei guai per qualcosa come venti miliardi di tangenti. Naturalmente De Benedetti se la caverà (e se ne vanterà col Financial Times) con neanche 24 ore di fermo giudiziario. Ma prima che il capo vada a confessarsi dall’allora pm Antonio Di Pietro, il “Bestiario” di Pansa gli chiede a muso duro di vuotare il sacco. Seguirà viaggio a Ivrea, intervista cazzuta, botte e affettuosità. Tutto fila via liscio. Tutto funziona alla perfezione.
Come si sa, con Pansa il risultato narrativo è assicurato: il ritmo è samba, i testi sono un carnevale di Rio. Quando lui ti mette addosso una maschera, “Di Pietro il cannibale” o “Mitraglia” Mentana, quella è, e quella rimane. Ci perderemo le notti a gustare e ballare la sua musica. Solo un dubbio: cosa ci fa il fantasioso mastro Geppetto Giuliano Ferrara in compagnia del legnoso Beppe Pisanu?
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