Per molti media occidentali il Mondiale è solo un pretesto per pretendere attivismo sui diritti gay dai giocatori. E chissenefrega dei risultati. Un editoriale rivelatore sulla Stampa
Scoordinato, con poca tecnica, troppo riservato per piacere. Storia di un ragazzo testardo che è riuscito a fare quello che tutti gli dicevano non sarebbe mai riuscito a fare
Iñaki giocherà nel Ghana, il paese da cui i suoi genitori fuggirono attraversando il deserto a piedi, Nico è convocato dalla Spagna, dove è nato e cresciuto
Al paese organizzatore dei Mondiali di calcio va di moda rinfacciare di tutto, tranne il soffocamento della libertà religiosa. Eppure ci sarebbe materia
La delirante conferenza stampa di Infantino, la birra vietata, gli spalti semivuoti, il Qatar inguardabile in campo. E niente fasce arcobaleno al braccio dei capitani: la lotta per i diritti vale meno di un cartellino giallo
Il celebre marchio che produce le divise della Seleçao non consentirà più ai clienti di personalizzarle con il (comunissimo) "Gesù" o "Cristo" per non offendere i non cristiani
Oggi la prima partita del Mondiale. Storia dell'attaccante sudanese naturalizzato qatariota che nel 2019 ha fatto vincere alla sua Nazionale la Coppa d'Asia ed è stato scoperto da un'Academy a metà tra fabbrica del talento e "Amici"
La crociata a scoppio ritardato per i diritti nel paese islamico che ospiterà la coppa del mondo fatta a colpi di fasce arcobaleno e appelli ai tifosi gay. Ma qualcuno degli indignati è mai stato a vedere una partita allo stadio?
Le maglie senza scritte della Danimarca in segno di solidarietà vendute a 80 euro e le altre forme di protesta "soft" contro la Coppa del mondo a cui comunque andranno tutti. Anche la difesa dei diritti umani è marketing, nel calcio