Sul caso pensioni dico a Renzi il rottamatore: saremo giudicati da come amiamo i bambini e i vecchi
Pubblichiamo la rubrica di Renato Farina contenuta nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
Giuliano da Empoli è l’intellettuale più brillante del Giglio fiorentino. Sta un po’ in disparte, cerca di non essere troppo intelligente e troppo visibile per non farsi cannibalizzare. Egli nel suo libro La prova del Potere spiega ed elogia una specie di età del terrore, che però cerca di non sembrare tale. La chiama «ghigliottina generazionale». Spiega che è stato ed è necessario fare questo lavoro di taglia-e-non-cuci essendo il tempo di «una generazione nuova alla guida di un vecchissimo paese».
Brutti tempi se si parla così dei vecchi. È chiaro infatti che vecchissimo non è il paese, per i renziani, ma il resto del mondo che non coincide con loro.
Si dice da tanto che in Italia vige una gerontocrazia. Traduzione: comandano i vecchi. Vero. Ed è una cosa insopportabile quando deretani flosci sono incollati alle poltrone del comando. Qui vale la statistica però. Gli anziani sono tanti, chi tra loro comanda è un piccolo numero, e gli ospizi sono strapieni e i posti non bastano mai, e si sa che con tutto il rispetto, e la gentilezza, e i bei nomi come anni d’argento, eccetera, sono una discarica di chi non conta niente. Mai sentito di un potente finito in una casa di riposo, avesse pure 97 anni.
Dunque la gran parte di chi è in età da pensione non comanda un tubo, salvo pochi casi eccezionali. A me sta anche bene che siano rottamati i potenti incartapecoriti, nonostante le plastiche facciali. Non sopporto però che i pensionati siano trattati come ingombro, pecore da tosare senza chiedere il loro parere.
[pubblicita_articolo]Onora il padre e la madre
Sta accadendo in questi giorni. La Corte costituzionale ha stabilito l’iniquità della norma con cui il governo ha bloccato dal 2012 gli aumenti delle pensioni sopra i 1.500 euro lordi mensili. La motivazione della Consulta è che tutti i cittadini sono uguali. E non si capisce perché mortificare il reddito dei pensionati e non quello di altri lavoratori o di coloro che vivono di rendita. Un concetto banalissimo, lo capisco persino io.
Invece che succede? Nel momento in cui la massima autorità di giustizia stabilisce che questi soldi vanno restituiti, si scatena da parte del governo il tentativo di aggirare la faccenda. A qualcuno sì, si può dare, a chi ha duemila euro lordi no, perché stanno benone (figuriamoci!). Insomma si sta recitando in Italia una commedia di Eduardo De Filippo intitolata: “Non ti pago!”. Ci si comporta così coi pensionati perché non scioperano, non rompono le scatole, gli si è fatto credere – basta leggere i giornali – che in realtà sono dei ladri, e che gli si dà più di quanto gli spetterebbe, derubano i giovani e così via.
Io sono sicuro che se si domandasse ai pensionati se sarebbero disposti a dei sacrifici ulteriori in cambio del lavoro per i nipoti, accetterebbero entusiasti. Il fatto è che hanno visto benissimo come in questi anni in cui li si è privati di quella che una volta si chiamava contingenza (gli aumenti di salario legati al caro vita, la famosa scala mobile) quei soldi sono finiti nella voragine del debito pubblico, oppure a pagare le banche internazionali per le perdite dei “derivati” perché il ministero del Tesoro ha sbagliato a scommettere sugli andamenti degli interessi.
E allora è bene che siano essi stessi, i pensionati, a decidere che fare dei loro denari. Nessun governo ha diritto di essere generoso coi soldi degli altri.
Tutto questo ambaradan per chiedere una cosa molto semplice. Non agli altri, ma a noi stessi: onora il padre e la madre, specie quando ormai hanno solo la forza di essere noiosi. Saremo giudicati da come avremo rispettato e amato i bambini e i vecchi. Il resto sono frottole, palle colorate, fanfaluche per smaltare i prati con le panzane.
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1 commento
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Sarebbero disposti a dei sacrifici ulteriori in cambio del lavoro per i nipoti? Certo che accetterebbero, SE avessero dei nipoti. O forse che non è questa l’origine del problema?