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Home Blog Good Bye, Lenin!

Good Bye, Lenin!

Storia della Fiat 126p “Piccina”. Un mito (anche nelle barzellette) in Polonia

Angelo Bonaguro
29/06/2013 - 6:20
Blog
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Quarant’anni fa dalla fabbrica di Bielsko Biała, nel sud della Polonia, uscivano i primi modelli della Fiat 126p, quella «piccina» (Maluch) che sarebbe diventata l’utilitaria-simbolo del panorama automobilistico polacco restando sul mercato almeno fino al 2000. I rapporti commerciali tra la casa torinese e la Polonia risalivano agli anni ’30, quando Varsavia scelse la tecnologia Fiat per le esigenze del ministero della difesa. Prima della guerra la «Polski Fiat» avviò la produzione di vari modelli tra cui la Balilla, la Topolino e la 1100, ma poi con l’invasione nazista tutto si fermò, per riprendere nel ’65 in pieno socialismo con la Fiat 125p.
Nel ‘69 l’economista Józef Pajestka, vice presidente della Commissione di pianificazione economica, scrisse sul settimanale Polityka un articolo dedicato alla Dimensione sociale della motorizzazione nel quale raccomandava la produzione di un’utilitaria ma, nonostante i numerosi consensi raccolti tra i lettori, la nomenklatura preferì soprassedere. Fu solo nell’estate del 1970 che il Ministero dell’industria meccanica chiese un incontro con i vertici della Fiat per valutare la possibilità di produrre in Polonia una nuova utilitaria. A differenza di altre case automobilistiche interpellate, la Fiat accettò la clausola di utilizzare per il mercato italiano componenti e accessori prodotti in Polonia, e a quel punto l’accordo fu siglato. I preparativi per la produzione della Piccina erano iniziati a Bielsko un po’ in sordina, dapprima con lavori di ampliamento dei capannoni, poi con la produzione di componenti e accessori, e infine con il trasferimento da Varsavia della produzione del catorcio nazionale «Syrena», da un lato per giustificare queste operazioni, dall’altro per avviare la mano d’opera alla tecnologia occidentale.

Nell’ottobre del ‘72 al salone di Torino fu presentata la nuova Fiat 126, e a breve distanza seguì la presentazione a Varsavia. Quando nel lontano 1797 il tenente Józef Wybicki compose il testo dell’inno nazionale, non avrebbe mai immaginato di poterlo applicare all’arrivo di una ventina di Piccine «dalla terra italiana in Polonia» per stuzzicare la curiosità e l’appetito del popolo lavoratore! Agli inizi di giugno del ’73 a Bielsko venne montata la prima «126p», e due anni dopo iniziò la produzione anche nella vicina Tychy. La Piccina costava 69.000 złoty, ossia più o meno 20 mensilità, ma già da subito migliaia di famiglie in tutto il paese iniziarono a prenotarla e a fare i conti con le rate.

Nel corso della sua gloriosa storia, la Piccina fu prodotta in vari modelli (standard, special, comfort, sportiva e per disabili), subì diverse modifiche, già nel ‘77 la cilindrata passò da 594 a 652 cm3, e da quando venne prodotta esclusivamente in Polonia si cominciò ad esportarla in Cina, Australia, Cuba… L’81 fu l’anno della milionesima 126p, l’83 l’anno del nuovo restyling, finché dal ’90 cominciarono i guai: l’aumento dei costi di produzione portò pian piano gli automobilisti polacchi a preferire le auto usate dell’Occidente, e anche l’esportazione negli ex «paesi fratelli» diminuì. Nel settembre del 2000 la produzione terminò con le ultime mille Piccine «Happy end» gialle e rosse (l’ultima è esposta a Torino e la numero 1 a Varsavia). In 27 anni dalle fabbriche di Bielsko e di Tychy sono uscite 3.318.674 Piccine, di cui circa 900.000 destinate all’esportazione. Un successo quasi scontato, se pensiamo che una delle auto concorrenti era la Trabant 601 tedesco-orientale, una specie di sarcofago con le ruote, fatto di formica e fibra di cotone…

Qualcuno ha detto che la Fiat ha fatto di più per l’industria polacca di tutte le decisioni prese dal Comitato per la scienza e la tecnica. Fu un modello azzeccato? Il primo direttore degli impianti polacchi, Ryszard Dziopaka osservò che «la Piccina è semplice, e difficilmente avremmo potuto mettere in esercizio così rapidamente un’altra vettura, inoltre il segretario Gierek spingeva per produrla».

Certo, nonostante avesse il motore raffreddato ad aria come una Porsche, non era proprio una Porsche… Leggenda vuole che il motore durasse 150.000 km senza particolari interventi, ma i problemi che insorgevano erano quelli di un’utilitaria: perdite di olio, problemi alla batteria, all’alternatore, al carburatore, al motorino d’avviamento e alla carrozzeria… La Piccina era però diventata un cimelio di famiglia per un intero popolo, generazioni di polacchi erano passate dai sedili posteriori a quelli anteriori, mentre fiorivano le storielle, come quella in cui il marito ricorda alla moglie di non mettere una salsiccia troppo grossa nel panino per il pranzo, altrimenti non entra nel bagagliaio. «È vero – chiede un altro – che la Piccina raggiunge i 100 km in 10 secondi?» «Sì, se stai già andando a 90».
E che dire di quel contadino che torna dai campi e vede un tizio sconsolato seduto sotto un albero; sopra di lui la Piccina incastrata tra i rami.
– Che Le è successo, signore? – Domanda il contadino.
– Che andasse piano si sapeva, ma che avesse anche paura dei cani…
«Ehi, Jarek, ho sentito che vogliono farla ancora più piccola, è vero?» «Sì, per poterla infilare nell’ascensore». In concessionaria: «Esce subito con la Sua nuova Piccina o gliela incarto?…».
Buon compleanno, Piccina, nata nel socialismo e sopravvissuta alla democrazia.

Tags: agnelliautofiatpolonia
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