
Non bastava il blocco di diciannove tir carichi di 360 tonnellate di aiuti umanitari: da sabato 29 luglio tutti i trasferimenti di pazienti gravemente malati dal Nagorno-Karabakh all’Armenia sono stati interrotti. Da quando cioè Vagif Khachatryan, un armeno di 68 anni, è stato arrestato dalle guardie di frontiera azere al checkpoint di Lachin.
L’uomo si trovava a bordo di uno dei convogli che trasportavano 15 persone evacuate in Armenia dal Comitato internazionale della Croce Rossa (Icrc) quando è stato prelevato dai militari.
Gli azeri arrestano un paziente accusato di “crimini di guerra” nel 1991
Secondo il comunicato dell’ufficio del procuratore dell’Azerbaigian, Khachatryan è accusato di crimini di guerra e “genocidio”: avrebbe preso parte al massacro di 25 persone nel villaggio di Meshali durante la prima guerra del Nagorno-Karabakh nel 1991 ed è colpevole di “deportazione o spostamento forzato della popolazione” ai sensi del codice penale dell’Azerbaigian: secondo gli azeri su di lui pendeva un mandato di arresto internazionale fin dal 2013.
Versione rigettata dai difensori dei diritti umani dell’Artsakh e dell’Armenia, secondo i quali non compare alcun riferimento a Vagif Khachatryan «in nessun sistema di intelligence internazionale» e quanto è avvenuto alla frontiera rappresenta una «grave violazione dei suoi diritti e del diritto internazionale». Di fatto l’arresto costituisce un precedente preoccupante: come Khachatryan, la maggior parte della popolazione maschile adulta del Nagorno-Karabakh ha combattuto contro l’Azerbaigian durante la guerra del 1991-94 o del 2020, e ha prestato servizio in quelli che la nota di Baku definisce «gruppi armati illegali».
Stop ai convogli umanitari e medici dall’Armenia
Da oltre sette mesi la Repubblica dell’Artsakh è completamente isolata a causa del blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbaigian. La chiusura dell’unica strada che collega la regione abitata da 120 mila armeni all’Armenia e al resto del mondo ha creato una «catastrofe umanitaria», come testimoniato nel video diffuso dal governo locale e pubblicato da Tempi qui.
In Artsakh dal 12 dicembre mancano medicine, cibo, latte in polvere per i neonati, prodotti sanitari, riscaldamento, elettricità e benzina. La situazione è ancora più grave dal 15 giugno, quando l’Azerbaigian ha ha chiuso il checkpoint sul corridoio Lachin ai camion che portavano gli aiuti umanitari della Croce rossa internazionale. Il 27 luglio il blocco di 360 tonnellate di aiuti inviati dal governo Nikol Pashinyan all’Artsakh. Ora la Croce rossa ha dovuto sospendere anche il trasporto dei malati, fino ad oggi autorizzato previa comunicazione dell’elenco dei pazienti da evacuare.
«Mio padre è innocente. Ed è stato rapito»
Secondo la nota del procuratore, Vagif Khachatryan si trova ora in una struttura medica di Baku, dove la Croce Rossa ha confermato di averlo visitato. Ma la famiglia non è ancora riuscita a contattarlo. «Lo accompagnava mia sorella. I passaporti di tutti vengono controllati al checkpoint del ponte di Hakari – ha raccontatato ai media sua figlia Vera, dopo aver manifestato insieme ad altri armeni davanti all’ufficio delle Nazioni Unite a Yerevan per chiedere di «riportare indietro mio padre», un uomo che doveva raggiungere l’Armenia per un urgente intervento al cuore -. Ma quando presero quello di mio padre, non lo restituirono e gli dissero di entrare nella stanza del medico per un esame. Poi che doveva andare in un altro posto per dieci minuti. Quando uno dei rappresentanti dell’Icrc è intervenuto chiedendo che mio padre non fosse portato via ma fosse interrogato sul posto, hanno minacciato di usare la forza. Ed è così che mio padre è stato portato in un luogo sconosciuto. Mio padre è stato di fatto rapito».
La donna, che ha perso la sua casa durante la guerra del 2020 e da allora vive a Jermuk come rifugiata, è l’unica della famiglia Khachatryan ad abitare al di là del ponte di Hakari, «le mie sorelle, i miei fratelli, mia madre e tutti gli altri parenti sono in Artsakh» e rigetta tutte accuse contro suo padre, a partire dalla sua identificazione come autista personale di Samvel Babayan, capo dell’Esercito di difesa dell’Artsakh. «Non lasciatemi sola. Questo dolore non è solo mio, Vagif Khachatryan incarna l’intera nazione armena».
L’Armenia ha presentato ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: all’Azerbaigian è stato dato tempo fino all’8 agosto per fornire informazioni su Vagif Khachatryan e le sue condizioni.