L’Azerbaigian blocca 19 tir carichi di aiuti: «Vuole far morire di fame gli armeni»
Diciannove tir carichi di 360 tonnellate di aiuti umanitari sono bloccati all’ingresso del Corridoio di Lachin dall’Azerbaigian. La strada che collega i 120 mila armeni residenti in Artsakh all’Armenia e al resto del mondo è chiuso illegalmente dal regime azero dal 12 dicembre. La decisione di Baku ha provocato una catastrofe umanitaria, che si è ulteriormente aggravata a partire dal 15 giugno, quando l’Azerbaigian ha proibito anche il passaggio degli aiuti umanitari trasportati dalla Croce rosse internazionale.
«L’Azerbaigian fa morire di fame gli armeni»
In sostanza, come denunciato recentemente da Freedom House, l’Azerbaigian «sta cercando di far morire di fame» 120 mila armeni. Nelle città dell’Artsakh, nella regione del Nagorno-Karabakh, non mancano solo cibo, medicine, prodotti per l’igiene e per l’infanzia. Baku ha anche interrotto le forniture di gas ed elettricità dall’Armenia.
Negli ultimi giorni preoccupa soprattutto la totale assenza di benzina. Sia il trasporto pubblico che quello privato sono completamente fermi e gli armeni devono percorrere decine di chilometri a piedi anche solo per portare i figli all’ospedale. Come denunciato dal presidente dell’Artsakh, Arayik Harutyunyan, la situazione è davvero disperata: «L’Azerbaigian sta trasformando l’Artsakh in un campo di concentramento».
L’invio di aiuto supervisionato dall’Ue
A nulla sono serviti i colloqui diplomatici tra Armenia e Azerbaigian mediati da Unione Europea e Stati Uniti. A nulla è servita la condanna vincolante della Corte internazionale di giustizia, che ha obbligato Baku a riaprire il Corridoio di Lachin. Il regime di Ilham Aliyev, spalleggiato dalla Turchia, pur di obbligare gli armeni del Nagorno-Karabakh ad abbandonare la loro terra è disposto anche a farli morire di fame. Non a caso, le autorità di Stepanakert ed Erevan denunciano il «tentativo di genocidio».
Esaurite tutte le risorse diplomatiche, sotto la supervisione di Markus Ritter, capo della missione dell’Unione Europea in Armenia, il governo di Nikol Pashinyan ha deciso di inviare 360 tonnellate di aiuti all’Artsakh. I 19 tir, partiti mercoledì, sono fermi da più di 24 ore nel villaggio di Kornidzor dopo aver chiesto alle forze di mantenimento della pace russe e a quelle azere di far passare il convoglio. Ma non hanno ancora ottenuto risposta.
Gli armeni non cedono al regime di Baku
L’irrazionale e criminale comportamento dell’Azerbaigian è stato duramente criticato ieri dall’alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea, Josep Borrell. «Spetta alle autorità azere di garantire la sicurezza e la libertà di movimento lungo il Corridoio di Lachin immediatamente e di non permettere alla crisi di subire un’ulteriore escalation. I beni essenziali sono terminati o scarseggiano seriamente» in Artsakh «e le conseguenze per la popolazione sono gravi».
Borrell ha anche aggiunto che il passaggio di aiuti umanitari dalla città di Aghdam «non deve essere visto come un’alternativa alla riapertura del Corridoio di Lachin». Il riferimento è all’ultima trovata del regime azero, che ha proposto di far passare gli aiuti umanitari dalla città da loro occupata nel 2020. Gli armeni, però, si rifiutano di ricevere aiuti «dalle stesse persone che ci stanno affamando» e non intendono cedere sul Corridoio di Lachin, che una sentenza internazionale vincolante ha stabilito che deve essere riaperto.
La reazione isterica dell’Azerbaigian
L’invio dei tir di aiuti da parte dell’Armenia ha scatenato la reazione isterica dell’Azerbaigian, che ha definito con incredibile spudoratezza l’invio di aiuti salvavita agli armeni «manipolazione politica, speculazione e provocazione».
La reazione scomposta di Baku è dovuta al fatto che per la prima volta, contrariamente a quanto propagandato da oltre sette mesi dal regime di Aliyev, con l’invio di aiuti umanitari l’Armenia ha chiaramente dimostrato che l’Azerbaigian sta davvero bloccando il Corridoio di Lachin e affamando 120 mila armeni. Un atteggiamento criminale che la comunità internazionale non può più tollerare.
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