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«In America il sistema di credito sociale c’è già, lo hanno imposto le big tech»

Censura, free speech e idee in pericolo nella piazza pubblica del web. L'invettiva di David Sacks, guru digital che ha fondato PayPal e oggi avverte: «La libertà di parola è in pericolo»

Martino Loiacono
06/04/2022 - 6:23
Esteri
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Twitter big tech
Elon Musk ha appena acquisito il 9,2 per cento di Twitter, diventandone il primo azionista, e promettendo più libertà di parola sul social network (foto Ansa)

Negli Stati Uniti si sta andando verso un sistema di credito sociale leggero fondato sul corretto orientamento ideologico: o si abbracciano idee progressiste o si rischia di essere espulsi dalle piattaforme digitali e addirittura di non poter spendere i propri soldi. È questa la clamorosa denuncia lanciata da David Sacks, guru digital, ex membro della cosiddetta “Paypal mafia” e tra i primi finanziatori di Airbnb, Facebook, Slack, SpaceX, Twitter e Uber. Secondo Sacks, intervistato da Bari Weiss su Common Sense, dopo la vittoria di Trump le big tech hanno iniziato un percorso illiberale volto «a limitare il free speech in modo che non potesse ripetersi un evento simile».

La censura delle notizie e il ban delle opinioni

Questa svolta ha colpito opinioni, fatti e figure politiche, in una censura sempre più visibile. Sacks sottolinea che a fare le spese di questo approccio sono state anche le notizie, come quella riguardante i documenti contenuti nel computer di Hunter Biden. Lo scoop del New York Post sui suoi affari in Ucraina è stato infatti «etichettato dalle principali piattaforme social come disinformazione e poi censurato». Solo a posteriori è stato riconosciuto come vero, in questo modo gli americani hanno votato senza essere correttamente informati. Un effetto particolarmente grave se si considera che le piattaforme digitali «sono compatte e agiscono nello stesso modo come in un cartello». Come si è visto anche con il ban di Trump dai principali social. Dopo la chiusura del suo account su Twitter anche gli altri social media hanno chiuso i suoi profili.

Il caso Trump ha inoltre rivelato la centralità dei social media che ormai costituiscono il luogo del dibattito pubblico, considerato che non ci si confronta più nelle piazze delle città. Per questo «essere bannati dalle piattaforme digitali significa non aver il diritto di parola». Una decisione cruciale che spetta, tuttavia, ad attori privati che possono decidere in base a dei criteri che spesso «discriminano in base all’orientamento politico». Orientamento stabilito da Ceo che «si abbeverano alla stessa fonte monoculturale» anche perché «hanno frequentato le stesse università». Basta avere una posizione politica non conforme all’ortodossia per essere oggetto di censura o essere cacciati dai social media e quindi dal dibattito pubblico.

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È impossibile operare contro le big tech

Per prevenire queste forme di censura alcuni ritengono che possa essere utile creare dei nuovi social media. Ma secondo Sacks questa argomentazione è fragile come si è visto con Parler: «Facebook e Twitter sostenevano che si sarebbe potuta creare un’app diversa. Poi Apple e Google hanno bloccato Parler – l’app diversa – e si è detto che non era censura. Allora è stato suggerito di creare dei nuovi siti. Quindi i servizi web di Amazon hanno iniziato a bloccare alcuni siti». Come si intuisce, è impossibile operare contro i giganti del web, dato che hanno creato un potentissimo monopolio con evidenti interconnessioni. Sarebbe necessario, per assurdo, creare il proprio internet.

Ai gravi rischi per la libertà di espressione va aggiunto anche il debanking, ovvero «l’impossibilità di accedere a un servizio finanziario (quindi accedere al proprio conto corrente o avere la possibilità di fare un’operazione o pagare delle persone) a causa del proprio orientamento ideologico». In sostanza, se non si abbraccia il posizionamento politico scelto da chi gestisce piattaforme come Paypal o GoFundMe si rischia di non poter utilizzare liberamente il proprio denaro. Emblematico il caso di Paypal che ha creato delle liste di utenti e gruppi che devono essere bannati per via del loro estremismo. «Estremismo che in realtà è tutto ciò che si discosta dall’ortodossia del partito democratico americano».

Il potere delle piattaforme

Ancor più eclatante il caso canadese segnato dal blocco dei conti correnti di chi sosteneva la protesta contro le restrizioni anticovid. Blocco che, a causa delle scelte di Trudeau, ha coinvolto retroattivamente anche chi aveva finanziato i manifestanti prima che la protesta diventasse illegale. Secondo Sacks un pericoloso precedente che potrebbe comportare nuovi blocchi di conti correnti ex post per via di una semplice donazione sgradita al governo.

Una soluzione per uscire da queste gravi restrizioni della libertà, secondo Sacks, sarebbe quella di «riconoscere che le big tech hanno acquisito un enorme controllo sul diritto di parola e sul diritto di spendere i propri soldi liberamente». Riconosciuto il potere di queste piattaforme, sarebbe necessario impedire che possano limitare dei diritti garantiti dalla Costituzione americana.

Tags: big techcancel culturesocial networkStati Uniti
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