Di fronte a spropositi giudiziari tipo Stamina, la riformetta di Renzi è come un’enciclica intitolata “fate i bravi”

Di Alfredo Mantovano
20 Luglio 2014
I dodici punti sulla giustizia del governo non sono stati seguiti neanche da un comma. Intanto le intromissioni dei giudici nei campi altrui si moltiplicano

Cambiando verso, in perfetto stile renziano, si potrebbe dire “del giudice è il fin la maraviglia”. Talora lo stupore supera i pur estesi confini dell’immaginazione, e l’effetto non è una reazione all’insegna del “basta!”, bensì un’assuefazione tanto più rassegnata quanto più enfatici sono i propositi di riforma della giustizia.

In pochi giorni, a proposito delle infusioni della Stamina Foundation, più giudici hanno deciso che: gli accertamenti svolti dal ministero della Salute, valendosi di fior di consulenti scientifici, non valgono nulla; altrettanto inutili sono le motivazioni unanimi dei medici che finora hanno rifiutato di praticare il “metodo”; merita invece concreta tutela l’azione “medica” di persone prive di qualifiche professionali, di iscrizioni ad albi e perfino di studi che abbiano a che fare con la sanità; e ciò nonostante che queste persone da altri uffici giudiziari siano indagate per associazione per delinquere finalizzata alla truffa e somministrazione di farmaci pericolosi.

Con tali presupposti, tribunali della Repubblica – da ultimo, quello de L’Aquila – impongono: la somministrazione della “cura” Stamina; la formazione di equipe mediche per provvedere all’infusione nel paziente; la guida di tali equipe da parte di soggetto non medico, e nemmeno iscritto all’albo dei biologi; la messa a disposizione di strutture e personale sanitario da parte di ospedali pubblici. Con un solo provvedimento sono calpestate la deontologia e la responsabilità del medico e azzerati i criteri essenziali di garanzia della salute dei pazienti.

Nelle stesse ore, il Tar del Lazio ha accolto il ricorso dei genitori di uno studente di liceo classico, bocciato perché ha riportato 3 in matematica, 4 in fisica e 3 in storia dell’arte. La scuola ha torto perché – questa è la motivazione del Tar – in un corso di studi classici matematica e fisica non sono essenziali: il che, oltre a ignorare che con la maturità classica ci si iscrive a ingegneria o a medicina, e le si può frequentare con profitto, trascura che una formazione completa permette di affrontare qualsiasi successivo percorso universitario, perfino quello che porta a laurearsi in giurisprudenza (pure lì 2 + 2 = 4) e a vincere il concorso in magistratura.

Per il caso Stamina i giudici sanno di medicina più dei medici, per il liceo in questione compilare la pagella passa per la camera di consiglio più che per il consiglio dei docenti.

Queste mirabili pronunce sono emesse in nome del popolo italiano mentre il governo, che del popolo italiano dovrebbe essere espressione, espone sulla giustizia le sue “linee-guida in dodici punti”, con enfasi da scoperta del neutrone. Leggendo le “linee-guida” viene da chiedersi – ci si perdoni l’analogia – come verrebbe accolto un documento del Papa in tema di pedofilia che avesse per titolo “Siate buoni”: e non solo per titolo, ma pure per contenuto, esaurendolo per intero.

Ecco, i dodici punti Renzi sulla giustizia sono l’equivalente politico-giudiziario di una impossibile enciclica “fate i bravi”. A distanza di quindici giorni dalla loro illustrazione non sono state seguite neanche da un comma, giusto per dare una prima idea di concretizzazione. Sarà anche per questo che non provocano alcuna reazione imporre a un medico di fare da assistente a un non laureato per infusioni di ciarpame in un povero paziente, o sostituirsi alle valutazioni di docenti dicendo che matematica e fisica sono materie superflue. Quale era il verso da cambiare?

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1 commento

  1. Giulio Dante Guerra

    Caro Alfredo, il “caso” del liceo romano aveva avuto un “quasi precedente” all’Università di Pisa qualche anno prima. Un mio collega, professore associato di Chimica presso la Facoltà di Ingegneria, fu rimosso, dal Consiglio di Corso di Laurea, dall’insegnamento della Chimica Generale per gli studenti di Ingegneria Meccanica, perché – a detta di un gruppo di suoi studenti – teneva un corso “troppo da chimici”, esigendo, agli esami, conoscenze “superflue per degli ingegneri”. Un suo ricorso al Senato Accademico non ebbe séguito, perché arrivò prima, per lui, l’età del pensionamento. Così vanno le cose, in questo nostro paese.

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