Per i giudici l’attentatore di Tarragona ha diritto all’eutanasia senza finire a processo

Di Caterina Giojelli
14 Agosto 2022
Le sue vittime chiedono giustizia in aula, ma per i tribunali nessuno può interferire con la morte assistita di Marin Eugen Sabau. Un precedente pericoloso
Per i giudici di Tarragona l'ex guardia giurata Marin Eugen Sabau, accusato di tentato omicidio plurimo e rimasto paraplegico dopo uno scontro a fuoco con la polizia, ha diritto all'eutanasia senza andare a processo
Per i giudici di Tarragona l'ex guardia giurata Marin Eugen Sabau, accusato di tentato omicidio plurimo e rimasto paraplegico dopo uno scontro a fuoco con la polizia, ha diritto all'eutanasia senza andare a processo

Il caso dell’attentatore di Tarragona potrebbe rappresentare un precedente storico nell’applicazione della legge sull’eutanasia in Spagna. La Commissione di Garanzia del Dipartimento della Salute della Generalitat della Catalogna ha dato il via libera alla sua richiesta di morte assistita, e sia il giudice di primo grado che il Tribunale nazionale concordano sul fatto che la giustizia non possa impedire l’esercizio del “diritto fondamentale” alla morte dignitosa.

Neanche se a richiederla è un uomo accusato del tentato omicidio di quattro persone, aggressione a un agente delle forze dell’ordine e detenzione illegale di armi. E che per questi reati non è stato ancora processato.

«Non ho altra scelta, mi farò giustizia»

«Non ho altra scelta, farò giustizia con le mie mani. Le lezioni apprese nel sangue non vengono dimenticate presto. La Securitas si ricorderà di me per qualche anno». Non era la prima volta che Marin Eugen Sabau, una guardia giurata rumena di 46 anni, minacciava i suoi colleghi. Ma nella e-mail inviata ai suoi ex capi la mattina del 14 dicembre scorso, pochi istanti prima di fare irruzione armato nell’ufficio di Securitas a Tarragona, l’uomo indica con precisione i suoi obiettivi: il supervisore dell’ufficio, il manager e il responsabile delle risorse umane, accusati di averlo derubato e discriminato sul posto di lavoro con razzismo.

«Vaccinerò i boss della Securitas con tre dosi di Glock-Pfizer da 9 millimetri. Non voglio ucciderli, li lascerò fregati (…) Non sono pazzo, ho pianificato tutto alla perfezione». Sabau si esercita da 15 anni al poligono, ha la licenza per cinque armi da fuoco. «Non mi prenderanno vivo. Mi sparo in testa. Non ho paura del carcere o della morte. Non ho famiglia e non ho niente da perdere». Quella mattina Sabau apre il fuoco contro i colleghi, ferendone gravemente tre. Poi spara a un poliziotto, ferendo anche lui. Scappa e si barrica all’interno di un cascinale, si ferma solo quando i tiratori scelti della polizia lo colpiscono alla spina dorsale.

L’eutanasia e il ricorso delle vittime

In seguito alla sparatoria Sabau è rimasto paraplegico e secondo i tribunali di primo e secondo grado ha il diritto di porre fine alla sua vita senza andare a processo. Cosa che ha mandato su tutte le furie il sindacato della polizia catalana e i colleghi della società di sicurezza che tramite i loro avvocati hanno denunciato la violazione del loro diritto alla tutela giudiziaria. Il sindacato ha impugnato la decisione davanti alla Corte Costituzionale, chiedendo l’emissione di un’ingiunzione per fermare l’eutanasia dell’attentatore di Tarragona. Anche gli avvocati che rappresentano l’ufficiale di polizia ferito si sono uniti al ricorso, «la decisione del tribunale è sbagliata, non tiene conto della sofferenza delle vittime né della loro dignità».

Dal canto suo, dal letto del terzo ospedale che l’ha avuto in cura negli ultimi sette mesi, Sabau ha accusato davanti al Gip i poliziotti che hanno sparato “per primi” e “senza avviso”. Moral:, «Sono paraplegico. Ho 45 punti alla mano e riesco a malapena a muovere il braccio sinistro. Sono pieno di viti e non riesco a sentire il mio petto». L’uomo ha una frattura vertebrale con lesione del midollo spinale e fratture alle braccia. Gli è stata amputata una gamba. I medici – scrive El Indipendente – non riescono a sedarlo. Nel rapporto della Commissione che ha autorizzato la sua eutanasia c’è scritto che l’uomo «vive con una sofferenza fisica grave e cronica, senza possibilità di miglioramento, è consapevole della sua situazione e ha dichiarato espressamente, ripetutamente e con consapevolezza di volersi sottoporre all’eutanasia». L’uomo sostiene che così la sua vita sia «intollerabile» e la sua situazione fisica «incompatibile con i suoi valori».

I giudici e l’indiscutibile morte dignitosa

Secondo la legge spagnola sull’eutanasia approvata lo scorso anno – la prima a regolamentare anche il suicidio assistito, ammesso solo in Svizzera, Canada e nello stato di Victoria, in Australia – persone in condizioni “gravi e incurabili” che causano “sofferenze insopportabili” hanno il diritto alla morte assistita. E per i giudici si tratta di un “diritto fondamentale” con il quale la giustizia non può interferire. La Corte riconosce che l’uomo armato abbia causato “dolore e danni fisici e morali alle vittime” e definisce “ragionevole” la loro “aspettativa” di una “possibile condanna penale”. Tuttavia, il suo stato attuale produce “una sofferenza fisica e psichica costante e insopportabile” e non c’è niente di dignitoso nel prolungare la sua agonia.

Se la Corte Costituzionale non accoglierà il ricorso – scrive El Pais – l’eutanasia verrà presto erogata a Marin Eugene Sabau, a cui era già stata fissata una data, il 28 luglio per morire.

Un precedente pericoloso

Giustizia o meno, il risparmio di cure palliative, spese processuali, risarcimenti, gestione di un paraplegico in carcere, assistenza continua, è palese. La fretta di liberarsi di lui e di un posto in ospedale anche. Resta la domanda: come può un uomo in balia di furia omicida, che ha aggredito e feriti i suoi colleghi, che ha minacciato di spararsi un colpo in testa e ha lasciato messaggi vaneggianti come quelli diretti ai suoi capi, soddisfare i requisiti di una legge per accedere all’eutanasia?

Come può bastare il fatto che viva in stato di “sofferenza fisica grave, cronica e invalidante”, come si può definire “consapevole” e in sé un uomo che cerca di uccidere quattro persone? E come è possibile sostenere che il ricorso all’eutanasia sia frutto una scelta libera e non influenzata dal fatto che l’uomo si trovi accusato di tentato omicidio plurimo e vada a incontro a condanne, sanzioni e risarcimenti? Come è possibile non pensare che il caso dell’attentatore di Tarragona aprirà la strada all’eliminazione (dopo quella di infermi, fragili, disabili) anche dei costosi e improduttivi farabutti del paese e chiamare tutto questo “diritto a una morte dignitosa”?

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