In Spagna arriva l’app per uomini, spazzoloni e pignatte. O meglio per misurare come sono distribuite le faccende domestiche in ciascuna famiglia e ovviamente certificare quello che già dice l’Ocse: le donne lavano, puliscono, spignattano più dei maschi. In Spagna dedicano a questi compiti più del doppio delle ore rispetto agli uomini: cinque ore contro due. E che fa «il governo più femminista del mondo» – virgolettato di José Luis Rodríguez Zapatero – con un bilancio «imbattibile» in quanto a esportazione di diritti? Il governo che con la Ley de Representación Paritaria obbliga ad avere almeno il 40 per cento di donne nei futuri Consigli dei ministri e nei Cda delle società quotate, nonché della Corte costituzionale e degli organi della magistratura?
Ci mette l’app in casa. Ángela Rodríguez Martínez ha argomentato così l’iniziativa ai delegati del Cedaw, Comitato Onu per l’eliminazione della discriminazione contro le donne che monitora o stato di applicazione delle norme contenute nella Convenzione: pulire la cucina, «può richiedere 20 minuti», ma per questa faccenda qualcuno prima ha dovuto preoccuparsi che «ci fosse il detersivo per lavare e aver pianificato la lista della spesa».
Da oggi in Spagna Manolito si fa «la cena da solo»
Secondo la 33enne femminista e bisessuale dichiarata, membro di Podemos e dall’ottobre 2021 segretaria di Stato per l’Uguaglianza, lo strumento rientra a pieno titolo nel Piano per la condivisione delle responsabilità presentato dal ministro Irene Montero per «progettare sistemi di cura completi da una prospettiva di genere, intersezionale e dei diritti umani». La dotazione per il progettino è di 200 milioni di euro. Per Ángela Rodríguez Martínez quello di “corresponsabilità” è infatti un concetto ostico per il maschio spagnolo: dati Instituto Nacional de Estadística il 45,9 per cento delle donne intervistate ha affermato di svolgere la maggior parte delle faccende domestiche, rispetto a solo il 14,9 per cento degli uomini. «L’effettiva distribuzione dei compiti all’interno delle case non è equa», «Le donne investono più tempo nei lavori domestici rispetto agli uomini».
E così dal mese di settembre – è ancora in corso la gara d’appalto per decidere quale azienda svilupperà il progetto ma la segretaria confida sia pronto entro la fine dell’estate – gli spagnoli potranno scaricare l’app. E registrare le ore impegnate a «pulire i vasetti della colazione, comprare la paprika, raccogliere i panni stesi, cambiare il rotolo di carta igienica» (dal Pais, ma la lista dal cambio pannolini a quello dell’acqua al pesce rosso è infinita). Il fine è spronare padri, fidanzati, compagni, figli, a rendersi conto del carico pratico e mentale della donna («lavare i piatti è un compito ovvio da inserire nell’app, ma prima di lavare i piatti qualcuno ha acquistato gli ingredienti, pianificare ciò che deve essere mangiato in quel particolare giorno e poi cucinare il pasto», ha rimarcato Rodríguez Martínez alle delegate Onu) e ridistribuirlo equamente. Proprio come le app che si occupano di monitorare compiti e spese tra coinquilini o compagni di viaggio. La notizia non è stata presa benissimo da tutti gli spagnoli, «ciò che li offende davvero è dover iniziare a fare la propria parte in casa – ha twittato Rodríguez -. Le femministe lo dicono da anni: Manolo, Manolito, fatti la cena da solo».
«Così la famiglia perde l’eticità concreta del cristianesimo»
Al netto dell’ennesima trovata “femminista” per raddrizzare il legno storto dell’umanità a partire dallo spazzolone – chissà che avevano di femminista la Ley Trans voluta da Montero o la Ley del solo sì es sì che ha portato a centinaia di riduzione di pena per i condannati per aggressioni sessuali -, cosa ci sarebbe di progressista nella riduzione della famiglia a ufficio risorse umane? «Ora, già l’idea di ridurre a un computo matematico e a un contratto ragionieristico il matrimonio sembra alquanto bizzarra. È anzi discriminante per la dignità di tutti i membri di una famiglia, comprese le donne. Essi si vedono infatti, in un colpo solo, ridotti a beni di scambio. E si trovano privati della facoltà di ripartirsi ogni cosa, compreso il lavoro domestico, nella massima libertà» ha ben commentato Corrado Ocone sul Libero sottolineando l’obiettivo dell’ennesima pantomima per liberare la Spagna da retaggi retrivi e sessisti.
«La famiglia perde così quel carattere di “eticità” concreta che le ha assegnato in genere tutta la tradizione umanistica e cristiana occidentale, diventando un luogo di relazioni non spontanee ma normate e normalizzate secondo logiche di mercato e giuridiche – continua Ocone -. Né più né meno di quanto avveniva nelle società arcaiche, dove lo scambio si estendeva alla dote portata dalla sposa allo sposo. Non è proprio questa l’alienazione che un tempo preoccupava la sinistra e che oggi è del tutto dimenticata, sacrificata sull’altare dei miti del tempo?».
La Spagna delle famiglie monomarental, homomarental…
Tempi vi aveva già anticipato qui i contenuti dii un’altra strampalata iniziativa promossa pochi mesi fa dal ministro per i diritti sociali e l’Agenda 2030 Ione Belarra: «Non esiste più la famiglia, ma le famiglie, al plurale», aveva proclamato. Nello specifico sono 16 quelle elencate della sua nuova legge sulla famiglia tutta diritti, aiuti economici, buoni sociali per pagare l’energia elettrica e sconti sulle tariffe dei trasporti o dei musei.
«È chiaro che il modello unico della vecchia famiglia è già superato dai tempi e da numerose complessità legate al legittimo riconoscimento di nuovi generi e condizioni sessuali e sociali. E così dovrebbe essere, questo non è in discussione» scriveva Abc, dopo aver corredato la sua prima pagina di schemini e pupazzetti (“I nuovi tipi di famiglia”) con tutte le combinazioni possibili previste da Belarra. Famiglia «transnazionale», «interculturale», «multipla», famiglia di «persone sole», «giovane» (in caso di under 29 anni), o «monogenitore», o meglio, «monoparental» se l’unico genitore è maschio e «monomarental» se è femmina, «homoparental» se si parla di gay, «monomarental» se si parla di lesbiche (tutta materia di formazione degli insegnanti e di insegnamento nelle scuole, spiegavamo nell’articolo, alla quale i genitori non potranno opporsi).
L’ultimo avamposto di cura e libertà
Ma la difesa della famiglia, continuava Abc «non è qualcosa di rancido, né tipico delle intolleranze, né retaggio di un ultraconservatorismo immobile. È quanto intende far credere il governo con questa strana novità legislativa, il cui unico scopo è quello di annullare una certa idea di famiglia che considera antagonista alla sua concezione di progresso. Qui sta l’errore». I diritti dei “tipi sociali” considerati dalla legge sono infatti già garantiti senza necessità di snaturare la famiglia, a meno che sia ad essa rivolta la provocazione ideologica di Podemos.
A che pro infatti sostituire delle “circostanze familiari”, spesso drammatiche e sicuramente meritevoli di aiuto da parte di Stato e società, con la “famiglia” stessa? A che pro sostituire il lavoro di cura nell’ultimo avamposto della società in cui vige la legge dell’amore, dell’accudimento e della gratuità secondo libertà, in una equa divisione di compiti da monitorare e dare in pasto agli algoritmi? Al governo più femminista del mondo non importa la libertà della donna quanto una idea astratta di uguaglianza. E la strumentalizzazione di cittadini secondo parametri politici e di mercato che segmentano irrazionalmente il cuore stesso di una società: la famiglia. Equiparata ad ogni tipo di unione e società di scambio di beni e servizi.
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