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Spagna, la legge contro la violenza sulle donne libera gli stupratori

Il terribile paradosso della legge voluta e magnificata dal governo che considera ogni atto sessuale senza consenso uno stupro, e invece oltraggia le vittime che voleva proteggere

Caterina Giojelli
17/11/2022 - 6:25
Esteri
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Il ministro dell’Uguaglianza Irene Montero, madrina della legge del “solo sì è sì”, o della libertà sessuale in Spagna
Il ministro dell’Uguaglianza Irene Montero, madrina della legge del “solo sì è sì”, o della libertà sessuale in Spagna (foto Ansa)

Alla fine sta succedendo tutto ciò che la madrina della legge contro le violenze sessuali ha negato per 16 mesi che potesse accadere in Spagna. La Legge di garanzia della libertà sessuale, nota anche come la legge del “solo sì è sì” voluta dal ministro dell’Uguaglianza Irene Montero contro ogni avvertimento dei giuristi e approvata al grido “mai più stupri derubricati ad abusi”, sta sortendo effetti paradossali: un fiume di revisioni al ribasso delle pene inflitte ai condannati per aggressioni sessuali, qualcuno torna in libertà.

La legge sulla libertà sessuale favorisce i violentatori, «colpa dei giudici sessisti»

«Bufale sessiste»: Montero aveva liquidato così le obiezioni del Consiglio generale della magistratura. Ma con l’entrata in vigore, il 7 ottobre scorso, della sua legge del “solo sì è sì” sono già quattro i tribunali che hanno confermato le previsioni dei magistrati, rivedendo al ribasso le pene comminate da sentenze precedenti, e sono venti le condanne in corso di revisione nella sola Madrid. Il premier Pedro Sánchez è dovuto entrare in merito alla vicenda al termine del G20 di Bali, assicurando in conferenza stampa che «la volontà del potere esecutivo e di quello legislativo è stata chiaramente quella di proteggere e offrire più garanzia alle donne. Ora è compito dei tribunali e delle procure unificare la dottrina e fare giurisprudenza».

Di fatto i tribunali stanno applicando la legge partorita dallo stesso ministero dell’Uguaglianza che oggi si scaglia contro i giudici: «Machismo», «fascisti con la toga», ha denunciato Montero. «La giustizia maschilista crea impunità. Il problema non è la legge, la legge è magnifica», ha strepitato la delegata contro la violenza di genere María Victoria Rosell, accusando il potere giudiziario di posizioni reazionarie rispetto a quello legislativo ed esecutivo e di voler frenare l’avanzata del femminismo: «Gli stereotipi possono indurre i giudici a interpretare male le leggi o ad applicarle in modo difettoso», «Con una formazione adeguata in ottica di genere questo non sarebbe accaduto». Durissima la replica dei magistrati che per mesi avevano messo in guarda dalle storture della legge e che oggi respingono gli «intollerabili attacchi» delle pasionarie di Podemos e il loro invito ad aggiornarsi come giuristi frequentando corsi di genere.

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Dal prof che pagava gli studenti al pedofilo

I casi sono diversi e complicati da spiegare. Basti dire che lo stesso giorno in cui è entrata in vigore la legge del “solo sì è sì” è stato scarcerato un professore condannato a sei anni e nove mesi per abusi sessuali sui suoi studenti. Il rilascio, scrive El Mundo, è stato disposto dal tribunale di Madrid dopo aver verificato che, in conformità con la nuova legge, l’abuso di minori per il quale era stato riconosciuto colpevole era stato depenalizzato. Il caso si aggiunge a quello di un uomo condannato a sei anni di carcere per aver stuprato un’amica che lo aveva lasciato dormire a casa sua. La pena corrispondeva al minimo vigente per quel reato fino all’entrata in vigore della riforma Montero, dopo la quale il tribunale ha accettato, senza opposizione della Procura, di ridurre la pena a quattro anni, nuovo minimo previsto dalla legge.

A Barcellona, il primo processato con la nuova legge è stato un bodybuilder che ha aggredito sessualmente una ultrasessantenne: condannato a tre anni e 10 mesi, non ai sei anni previsti dalla norma precedente. E poi c’è il caso che più sta facendo discutere: un uomo condannato per violenza sessuale nei confronti della figliastra di 14 anni ha avuto uno sconto di pena pari a due anni. Come è possibile?

Il fondamentale principio della norma più favorevole al condannato

La legge del “solo sì è sì” stabilisce che ogni atto che non si basi sul consenso esplicito è violenza sessuale: nessuno può definire “consenziente” un rapporto solo perché la donna ha opposto poca o nulla resistenza (magari perché alterata da alcol o droghe), nessuno può derubricare la violenza ad abuso, reato che è scomparso dal Codice penale. Ma con la convergenza di tutti i delitti contro la libertà sessuale in un unico reato di violenza (anche in assenza di atto violento), il nuovo testo ha dovuto necessariamente stabilire una scala progressiva di sanzioni ad hoc per ogni comportamento (e aggravanti, il testo entra nei minimi terribili dettagli) che un tribunale si sarebbe trovato a esaminare: in questo spettro gli scaglioni di partenza delle sanzioni minime e massime sono state ridotte. «E, come sempre accade quando si abbassano le pene per un reato, una volta approvata la norma, si apre nei tribunali un processo di revisione della pena, poiché i condannati hanno diritto all’adeguamento della stessa alla nuova legge se risulti essere più favorevole», spiega El Pais.

Questo il primo problema: non solo, come ha ricordato lo stesso Consiglio generale della magistratura rispondendo agli attacchi di Montero, «l’applicazione della norma più favorevole costituisce un principio fondamentale del diritto penale derivato dalla Costituzione spagnola». Ma in base alla nuova legge la riduzione delle pene in assenza di aggravanti (ad esempio intimidazioni o violenze) precedentemente riconosciute era cosa prevedibile e ampiamente scontata.

Violenza e minori consenzienti

Il secondo problema, ben focalizzato da La Vanguardia, riguarda i rapporti sessuali con minori tra 16 e i 18 anni. Nel caso del professore condannato in prima battuta dal tribunale di Madrid a sei anni e mezzo di reclusione per quattro diverse specie di abusi sessuali, più altri tre mesi per reato di detenzione di materiale pedopornografico (l’uomo dava denaro in cambio di prestazioni sessuali a quattro studenti tra i 15 e i 17 anni, filmandoli), il tribunale è stato costretto ad assolvere l’imputato da tre capi d’imputazione, condannandolo solo per atti sessuali (sei mesi) nei confronti dell’unico studente di 15 anni e per pornografia.

Questo perché la nuova legge, a meno che non vi sia violenza, intimidazione o abuso di una situazione di superiorità o vulnerabilità della vittima, sposta l’età del consenso a 16 anni. Ricordate quando Montero proclamava che i minori avevano diritto di avere rapporti sessuali con chi volevano e di conoscere il proprio corpo? In base alla nuova legge i tre ragazzi over 16 anni coinvolti dal caso del professore dietro compenso, risultano consenzienti portando alla revoca delle pene comminate dalla sentenza precedente.

Dozzine di revisioni nei tribunali

La legge precedente prevedeva pene da uno a cinque anni per microaggressioni sessuali, mentre la legge “solo sì è sì” ne prevede da uno a quattro. E da quattro a dieci anni di reclusione per le violenze sessuali, quando prima erano punibili da un minino di 6 a un massimo di 12 anni. Le aggravanti aggiungono da due a sei anni (prima, da da cinque a dieci) in caso di aggressioni, da 7 a 12 anni (prima, da 12 a 15 anni) in caso di violenza sessuale. Va da sé che a beneficiare della nuova legge siano in primis quei delinquenti che erano stati condannati al minimo della pena.

Il 4 novembre è stato disposto il rilascio immediato di un uomo precedentemente condannato a 6 anni e 9 mesi di carcere per violenza sessuale nei confronti di una dodicenne. Il 7 novembre è stata ridotta da 8 a 6 la pena di un altro stupratore di una minorenne. Sono dozzine, avvisano gli esperti, i casi che diventeranno oggetto di revisione nei tribunali di Spagna, allarmi che hanno portato diversi esponenti del governo a promettere una revisione del testo legislativo nonostante Montero e compagne insistano sulla colpa e il pregiudizio interpretativo dei giudici.

Doppia violenza sulle donne

Proprio come per la Ley trans e la riforma dell’aborto, il governo spagnolo ha voluto fare della politica sessuale una pietra miliare delle sue politiche di giustizia e uguaglianza. Con il risultato di aprire la strada a danni irreparabili. Nata sulla scia delle proteste del caso della Manada (dal gruppo WhatsApp dei cinque uomini che hanno stuprato una diciottenne durante la festa di San Firmino a Pamplona, inizialmente condannati da un tribunale solo per abusi sessuali a 9 anni di carcere finché la Corte Suprema non ha annullato il verdetto originale condannandoli a 15 anni per stupro di gruppo), la legge del “solo sì è sì” che ha fatto fortuna con lo slogan “sorella, io ti credo” di Montero, promettendo un reddito di risarcimento per le vittime di violenze sessuali, accesso prioritario a case popolari e aiuti statali (il tutto anche in assenza condanna, e solo sulla scorta di una denuncia e un dossier dei servizi sociali) sta diventando un incubo per le persone più vulnerabili che si piccava di tutelare: donne e minori.

Tags: Irene MonteroLey Transpedro sanchezspagnauguaglianzaviolenza sulle donne
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