La sinistra vuole la censura social per chi non la pensa come lei sul clima
Martedì, numerose associazioni ambientaliste, tra cui Greenpeace e l’Unione degli Scienziati Preoccupati (sic) hanno scritto alle grandi aziende tecnologiche incolpandole di «amplificare e perpetuare la disinformazione climatica». Tra i destinatari della lettera ci sono Twitter, Facebook, Google, YouTube, TikTok e Pinterest.
Sul clima le Big Tech non censurano abbastanza
A luglio di quest’anno è stato approvato il Digital Service Act, il nuovo regolamento europeo sui servizi digitali che prevede nuove regole sulla trasparenza di ciò che viene pubblicato online e una procedura più rapida per la rimozione di contenuti. In forza di questo regolamento gli attivisti green vogliono che la Silicon Valley «si impegni a includere la disinformazione climatica come categoria riconosciuta separatamente nelle sue politiche di segnalazione e moderazione dei contenuti all’interno e all’esterno dell’Unione Europea».
In altre parole, accusano le Big Tech di non censurare abbastanza notizie e opinioni sul clima da loro considerate fake. Per capire di cosa stiamo parlando, è utile segnalare quanto annunciato un mese fa da Melissa Fleming, capo del Dipartimento per le comunicazioni globali delle Nazioni Unite: «Abbiamo collaborato con Google: ora cercando “cambiamenti climatici” su Google, in cima alla ricerca si ottengono tutti risultati con fonti delle Nazioni Unite. Abbiamo iniziato questa partnership quando siamo rimasti scioccati nel vedere cercando “cambiamenti climatici” su Google si trovavano in cima alla pagina di ricerca informazioni distorte».
Tutto ciò che non è allineato è «disinformazione»
È un tipo di collaborazione analogo a quella che che Facebook ha fatto durante la fase più drammatica pandemia con i Centers for Disease Control and Prevention per verificare le affermazioni secondo cui i vaccini Covid-19 potrebbero causare “magnetismo” o “alterare il colore del sangue”. Allo stesso modo Twitter ha chiesto al CDC se poteva segnalare “esempi di frode, come cure covid fraudolente, e falsi certificati di vaccinazione”. Come fa notare il Wall Street Journal, però, tra le opinioni da verificare e censurare c’era anche la domanda se il Covid-19 potesse essere uscito da un laboratorio cinese, opzione che dopo alcuni mesi diversi esperti hanno ritenuto possibile se non probabile.
«È un brutto segno», osserva il quotidiano americano, «quando in un dibattito politico una parte chiede di togliere i microfoni all’altra, e la censura tecnologica in questi tempi è quasi uniformemente progressista». Con conseguenze rischiose, non soltanto per la libertà di opinione ed espressione: sui cambiamenti climatici, infatti, la categoria della disinformazione si fa sempre più ampia, arrivando a inglobare anche l’opinione di chi pensa che il global warming sia reale ma che l’uomo possa adattarsi. Dire che l’allarmismo apocalittico sul clima è esagerato, o che i sussidi alle rinnovabili non risolveranno il problema è ormai considerato fare disinformazione.
Criticare l’eolico è negare i cambiamenti del clima?
Quest’estate la consulente per il clima della Casa Bianca, Gina McCarthy, ha chiesto alle aziende tecnologiche di «intervenire davvero», perché «ne abbiamo bisogno», e ha aggiunto che criticare «i valori dell’energia solare ed eolica» equivale a essere negazionisti dei cambiamenti climatici. «In altre parole», chiosa il WSJ, «la censura deve aumentare quanto più l’opinione pubblica resiste alle soluzioni preferite della lobby climatica. Se le idee di Gina McCarthy perdono un dibattito, la causa deve essere la “disinformazione”. Con dichiarazioni del genere dei big della Casa Bianca, c’è da stupirsi che gli scettici sul potere delle grandi tecnologie stiano guadagnando terreno?».
A sinistra sognano un mondo in cui i giganti della tecnologia non soltanto si facciano promotori entusiasti delle idee progressiste (avete provato in questi giorni a googlare “Velma”, il personaggio del cartone animato Scooby-Doo che «ha fatto outing»? La schermata si riempie di bandiere arcobaleno e trans), ma che zittiscano chi la pensa diversamente, soprattutto sul clima. Ecco perché hanno così paura di Elon Musk, che finalmente si trova “costretto” a comprare Twitter. E farebbe bene a iniziare il suo lavoro di trasformazione del social network eliminando un certo tipo di censura.
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