Serve davvero imporre l’obbligo vaccinale?

Di Piero Vietti
05 Settembre 2021
In Europa nessuno lo prevede, e nel nostro paese la campagna procede senza intoppi (e i no vax sono pochi). Qualche domanda dopo l'annuncio di Mario Draghi
Il ministro della Salute, Roberto Speranza, e il premier Mario Draghi (Ansa)

Il ministro della Salute, Roberto Speranza, e il premier Mario Draghi (Ansa)

Giovedì il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha detto in conferenza stampa che l’esecutivo ha intenzione di introdurre l’obbligo vaccinale contro il Covid in Italia, previo via libera di Ema e Aifa, e che si procederà al più presto con il piano per la terza dose di vaccino. Tra gli applausi per il piglio decisionista del premier in pochi hanno fatto una doverosa domanda: perché?

L’esempio danese

La campagna vaccinale in Italia procede senza intoppi, non ci sono dosi rimaste inutilizzate nei frigoriferi, il generale Figliuolo annuncia che a fine mese l’80 per cento della popolazione over 12 sarà vaccinato, e dopo settimane in cui sembrava che la scuola fosse un ricettacolo di untori si scopre che quasi il 92 per cento degli operatori scolastici ha ricevuto almeno la prima dose. Bene così, quindi, dal momento che i vaccini non saranno la soluzione definitiva, ma, al momento, sono la migliore praticabile per contenere il Covid-19.

Il nostro paese è tra i più virtuosi in Europa, ha superato gli Stati Uniti per la percentuale di popolazione vaccinata; l’indice Rt è in calo e il sistema ospedaliero non è sotto pressione nonostante l’aumento di contagi dovuti alla variante Delta; il green pass sembra funzionare un po’ ovunque, nonostante la sua applicazione sia rivedibile. Dopo sei mesi e il raggiungimento del 75 per cento di popolazione vaccinata, la Danimarca ha abolito le restrizioni anti Covid. L’Inghilterra da settimane riempie stadi, ristoranti e pub, la Spagna ha bocciato il lasciapassare verde, e in Francia lo stato paga i tamponi per tutti e il green pass non viene chiesto ai minorenni.

Le osservazioni dell’Oms sulla terza dose

Perché allora accelerare e imporre l’obbligo vaccinale quando nessun paese d’Europa lo ha previsto, se non per specifiche categorie? Perché andare allo scontro politico interno alla maggioranza con una scelta non condivisa da nessun paese al mondo tranne che da Turkmenistan e Indonesia? È vero, la nostra Costituzione lo permette, ma se la campagna vaccinale procede bene come sembra, che senso ha? Perché andare più veloce, quando non in direzione contraria, rispetto ad altre nazioni? Perché parlare già di terza dose quando Oms, Ema ed Ecdc ribadiscono come non sia urgente la somministrazione di dosi di richiamo a individui completamente vaccinati nella popolazione generale, ma suggerisce di iniziare al massimo a pensare se farla a chi ha un sistema immunitario molto fragile?

Il vaccino è necessario, sappiamo che non garantisce l’immunità totale (ci sono luoghi istituzionali in cui il green pass non basta per entrare, serve anche un tampone negativo) ma nella stragrande maggioranza dei casi impedisce il ricovero in terapia intensiva e la morte. Se l’utilizzo del green pass è sembrato ragionevole in alcuni specifici casi, prolungarne la validità a un anno quando sempre più studi dimostrano che il vaccino perde parte della sua efficacia dopo 4-6 mesi è l’ammissione che il lasciapassare è strumento burocratico, non garanzia essere in buona salute e quindi “liberi”, come da tam tam mediatico.

Lo spauracchio no vax ha il fiato corto

Anche lo spauracchio dei no vax sembra avere perso forza, sebbene neppure il flop delle manifestazioni di mercoledì – quando giornali e twittaroli incalliti si sono accorti che il “popolo no vax” da loro ingigantito per settimane non è un popolo – abbia placato esperti ed editorialisti impegnati tifare per qualunque misura più o meno restrittiva decida di imporre il governo. Sarebbe però miope definire l’orizzonte della campagna vaccinale in base agli strepiti degli antivaccinisti, dentro al cui calderone è ormai finito chiunque non si dimostri entusiasta delle misure restrittive.

Siamo sicuri che in un paese la cui popolazione si sta comportando in modo responsabile, vaccinandosi senza particolari intoppi, sia necessario un obbligo così indiscriminato (con le conseguenze giuridiche che comporta, a partire dalla responsabilità per eventi avversi che sarà a quel punto dello stato, non più dell’individuo che firma la liberatoria)? Non sarebbe più utile guardare l’esempio di altri paesi europei? Perché non pensare campagne specifiche per le fasce d’età più vulnerabili e meno protette, introducendo obblighi mirati come quello del personale sanitario? Non ci risulta ci sia una gara a chi alza sempre più l’asticella delle restrizioni, e se anche ci fosse non è detto che vincerla sia un bene per tutti.

Foto Ansa

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